I titoli a reddito fisso
di Andrea ModenaUn titolo a reddito fisso è uno strumento di debito che dà diritto al possessore di ricevere un flusso prefissato di versamenti futuri. Questo flusso prefissato di pagamenti comprende normalmente gli interessi periodici (cedole) ed il rimborso del capitale al suo valore nominale. Nel caso di titoli cosiddetti zero-Coupon il diritto è quello di vedersi rimborsato il valore nominale a scadenza in un’unica soluzione. La denominazione deriva dal fatto che la remunerazione promessa al datore di fondi è predefinita – sia nell’entità, sia nella tempistica – e non dipende dal livello di redditività dell’emittente, come avviene invece nei titoli azionari.
Per non ingenerare confusioni, è bene però notare che la remunerazione promessa può essere predefinita in termini assoluti oppure in termini relativi. Nel primo caso, l’investitore conosce a priori l’entità esatta dei flussi di cassa che riceverà a fronte del prestito concesso (titoli a tasso fisso). Nel secondo caso, invece, l’investitore conosce il
Per non ingenerare confusioni, è bene però notare che la remunerazione promessa può essere predefinita in termini assoluti oppure in termini relativi. Nel primo caso, l’investitore conosce a priori l’entità esatta dei flussi di cassa che riceverà a fronte del prestito concesso (titoli a tasso fisso). Nel secondo caso, invece, l’investitore conosce il
parametro sulla cui base saranno definiti i flussi di cassa a suo favore, ma non ne conosce a priori il valore esatto (titoli a tasso variabile).
Investendo in obbligazioni, quindi, diventiamo creditori di chi ha emesso detti titoli, di uno Stato (Italia, Argentina..), di una banca o di una società (ad esempio Fiat, Parmalat..). A partire dal 2001 ci si è potuti rendere conto, purtroppo, che anche l’investimento obbligazionario necessita di determinate conoscenze e attente considerazioni. Vediamo in dettaglio i fattori principali che determinano il rendimento (e quindi anche il rischio) di questa attività finanziaria:
1. il tempo alla scadenza;
2. il rischio di insolvenza;
3. la liquidità del titolo.
Il tempo alla scadenza: a parità delle altre condizioni (rischio di insolvenza e liquidità) i rendimenti di obbligazioni simili variano sul mercato a seconda della loro durata. Le differenze tra i tassi su strumenti di diversa scadenza emessi da operatori privi di rischio d'insolvenza sono solitamente rappresentate nella figura:

La curva dei rendimenti presenta generalmente un'inclinazione positiva (normal), che sta ad indicare un graduale aumento dei tassi d'interesse con il prolungamento della scadenza, fino ad un progressivo appiattimento per durate molto lunghe. Se però l'inclinazione positiva della curva è eccessiva, questo rappresenta aspettative di rialzo dei tassi. Al contrario un'inclinazione negativa riflette l'inusuale situazione di maggiori tassi a breve rispetto ai tassi a lungo; questo può presagire un futuro calo del livello dei tassi d'interesse.
I tassi a breve termine sono solitamente dominati dalle operazioni effettuate nel mercato monetario dalla banca centrale, generalmente per obiettivi di politica monetaria. I tassi a lungo termine sono, al contrario, prevalentemente influenzati da forze di mercato, quali il governo nel soddisfacimento del fabbisogno finanziario pubblico, la domanda di fondi a lungo termine del settore privato, e le aspettative sul futuro andamento del tasso d'inflazione.
Il rischio di insolvenza: i titoli obbligazionari identici, tranne che per il rischio di insolvenza, formano quella che viene chiamata struttura di rischio degli investimenti obbligazionari. In generale, maggiore è la probabilità di inadempimento da parte dell’emittente, maggiore è il rendimento del titolo. Per valutare il rischio di insolvenza, gli investitori fanno riferimento al rating, indice appunto che riassume la qualità dell’emittente; in generale, più alto è il rating, più basso è il rendimento del titolo. E’ bene ricordare, comunque, che il rating non è sufficiente a garantire l’investitore dal rischio d’insolvenza, come insegnano i casi Parmalat (titolo che al momento del default apparteneva al Mib30 ed aveva un rating BBB) ed il più recente Lehaman Brother’s (addirittura AA, fino alla richiesta di adesione al Chapter 11). L’unica strategia efficace per ridurre tale rischio è quella di non esporsi mai su di un singolo emittente con quote significative del proprio patrimonio (vedi puntata precedente).
La liquidità del titolo: la liquidità di un titolo viene definita come la possibilità di acquistare o vendere un titolo senza significative concessioni di prezzo. In generale, a parità di altri fattori, maggiore è il grado di liquidità di un titolo, minore è il suo rendimento. A tal proposito, è bene tenere presente che la liquidità di un titolo dipende anche dal fatto che questo sia o meno quotato su un mercato regolamentato (Mot, Tlx o simili). Vendere prima della scadenza un titolo non trattato può infatti risultare penalizzante (o addirittura rivelarsi impresa impossibile). Questo vale anche per gli strumenti quotati su piattaforme interne alle banche, dove la liquidità è scarsa e sono gli stessi istituti di credito (quelli che vi hanno venduto il bond) a decidere il prezzo di riacquisto.
Andrea Modena
andrea.modena@email.it
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Investendo in obbligazioni, quindi, diventiamo creditori di chi ha emesso detti titoli, di uno Stato (Italia, Argentina..), di una banca o di una società (ad esempio Fiat, Parmalat..). A partire dal 2001 ci si è potuti rendere conto, purtroppo, che anche l’investimento obbligazionario necessita di determinate conoscenze e attente considerazioni. Vediamo in dettaglio i fattori principali che determinano il rendimento (e quindi anche il rischio) di questa attività finanziaria:
1. il tempo alla scadenza;
2. il rischio di insolvenza;
3. la liquidità del titolo.
Il tempo alla scadenza: a parità delle altre condizioni (rischio di insolvenza e liquidità) i rendimenti di obbligazioni simili variano sul mercato a seconda della loro durata. Le differenze tra i tassi su strumenti di diversa scadenza emessi da operatori privi di rischio d'insolvenza sono solitamente rappresentate nella figura:

La curva dei rendimenti presenta generalmente un'inclinazione positiva (normal), che sta ad indicare un graduale aumento dei tassi d'interesse con il prolungamento della scadenza, fino ad un progressivo appiattimento per durate molto lunghe. Se però l'inclinazione positiva della curva è eccessiva, questo rappresenta aspettative di rialzo dei tassi. Al contrario un'inclinazione negativa riflette l'inusuale situazione di maggiori tassi a breve rispetto ai tassi a lungo; questo può presagire un futuro calo del livello dei tassi d'interesse.
I tassi a breve termine sono solitamente dominati dalle operazioni effettuate nel mercato monetario dalla banca centrale, generalmente per obiettivi di politica monetaria. I tassi a lungo termine sono, al contrario, prevalentemente influenzati da forze di mercato, quali il governo nel soddisfacimento del fabbisogno finanziario pubblico, la domanda di fondi a lungo termine del settore privato, e le aspettative sul futuro andamento del tasso d'inflazione.
Il rischio di insolvenza: i titoli obbligazionari identici, tranne che per il rischio di insolvenza, formano quella che viene chiamata struttura di rischio degli investimenti obbligazionari. In generale, maggiore è la probabilità di inadempimento da parte dell’emittente, maggiore è il rendimento del titolo. Per valutare il rischio di insolvenza, gli investitori fanno riferimento al rating, indice appunto che riassume la qualità dell’emittente; in generale, più alto è il rating, più basso è il rendimento del titolo. E’ bene ricordare, comunque, che il rating non è sufficiente a garantire l’investitore dal rischio d’insolvenza, come insegnano i casi Parmalat (titolo che al momento del default apparteneva al Mib30 ed aveva un rating BBB) ed il più recente Lehaman Brother’s (addirittura AA, fino alla richiesta di adesione al Chapter 11). L’unica strategia efficace per ridurre tale rischio è quella di non esporsi mai su di un singolo emittente con quote significative del proprio patrimonio (vedi puntata precedente).
La liquidità del titolo: la liquidità di un titolo viene definita come la possibilità di acquistare o vendere un titolo senza significative concessioni di prezzo. In generale, a parità di altri fattori, maggiore è il grado di liquidità di un titolo, minore è il suo rendimento. A tal proposito, è bene tenere presente che la liquidità di un titolo dipende anche dal fatto che questo sia o meno quotato su un mercato regolamentato (Mot, Tlx o simili). Vendere prima della scadenza un titolo non trattato può infatti risultare penalizzante (o addirittura rivelarsi impresa impossibile). Questo vale anche per gli strumenti quotati su piattaforme interne alle banche, dove la liquidità è scarsa e sono gli stessi istituti di credito (quelli che vi hanno venduto il bond) a decidere il prezzo di riacquisto.
Andrea Modena
andrea.modena@email.it