I costi dei fondi d’investimento. Sicuro di sapere quanto paghi?
Uno degli aspetti cui prestare maggiore attenzione quando si valuta l’acquisto di un fondo è quello dei costi. Molti di essi possono essere valutati in modo assoluto già prima dell’investimento
di Redazione Soldionline 17 mag 2019 ore 10:26Uno degli aspetti cui prestare maggiore attenzione quando si valuta l’acquisto di un fondo è quello dei costi. Molti di essi possono essere valutati in modo assoluto già prima dell’investimento, mentre altri possono essere stimati solo in modo percentuale o sono incerti (vengono cioè applicati, a determinati intervalli temporali, solo al verificarsi di una particolare situazione). Fondamentale è però vagliarli tutti, visto che queste componenti possono erodere buona parte del rendimento eventualmente generato dallo strumento.
I COSTI DI UN FONDO DI INVESTIMENTO
Tra le principali voci di spesa di un fondo, per un risparmiatore, ci sono:
- le commissioni di sottoscrizione e/o uscita,
- le eventuali commissioni di collocamento,
- le spese correnti (commissioni di gestione),
- le commissioni di performance.
Solitamente il totale di tutte queste spese è quantificato con il TSC, il Total Shareholder Cost. La somma di spese correnti e commissioni di performance è invece il Total Expense Ratio (o TER).
Di seguito un’analisi delle varie componenti, voce per voce.
COMMISSIONI DI SOTTOSCRIZIONE E USCITA
Le commissioni di sottoscrizione e di uscita sono quelle che un risparmiatore sostiene all’ingresso e quando esce dall’investimento. Entrambi possono esserci o non esserci: il primo è più probabile che ci sia rispetto al secondo. Uno, comunque, non esclude l’altro.
La commissione di uscita è spesso poco considerata ex ante (ossia prima dell’investimento) perché al momento della sottoscrizione si pensa all’uscita dell’investimento come a un’operazione lontana. Nulla di più sbagliato, visto che anche i fondi che inizialmente vengono allocati con un orizzonte temporale lungo potrebbero essere dismessi in tempi brevi o medi, per un cambio di scenario oppure per un bisogno di risorse a causa di un imprevisto. Insomma, essendo un costo, anche la componente delle commissioni di uscita riveste invece una grande importanza e va sempre considerata.
LE COMMISSIONI DI COLLOCAMENTO
Le commissioni di collocamento sono tipiche dei fondi a durata predefinita. Sono a carico del fondo stesso ma vengono ammortizzate in modo proporzionale rispetto all’orizzonte temporale dell’investimento (e, a conti fatti, gravano quindi sul risparmiatore). Sono alternative alle commissioni di ingresso.
LE SPESE CORRENTI (COMMISSIONI DI GESTIONE)
Le spese correnti rappresentano la somma dei costi di gestione e delle varie spese amministrative. Si tratta di spese ricorrenti e di entità fissa (in percentuale sul totale dell’investimento).
Questa tipologia di commissione di gestione dovrebbe essere proporzionale a quando attività viene impiegata nella gestione del fondo: uno strumento a gestione attiva avrà costi più alti rispetto a quelli che replicano passivamente un paniere o un indice. Un fondo azionario costerà – sotto il profilo della gestione – più di quanto costi un fondo monetario.
LE COMMISSIONI DI PERFORMANCE
Le commissioni di performance, in inglese performance fee, sono chiamate anche commissioni di incentivo. Questa tipologia di costo rappresentano una forma di onere variabile, e quindi – per sia natura – difficilmente valutabile in anticipo. Ma se è indubbiamente stimarne valutarne l’entità assoluta è invece possibile stimare la congruità del metodo di calcolo. Le performance fee vengono applicate se il fondo fa meglio di un indice di riferimento, definito benchmark, o se registra un guadagno in termini assoluti. Ma il benchmark scelto dalla società di gestione del risparmio deve essere adeguato al comparto in cui il fondo investe. E la periodicità di calcolo non deve essere troppo frequente, altrimenti c’è il rischio che si paghino commissioni di performance in periodi intermedi nonostante il rendimento complessivo sia stato negativo.
Va puntualizzato che, in linea di principio, questa tipologia di costo potrebbe non essere discutibile a priori: il principio di allineare l’interesse - di rendimento - del cliente a quello – di redditività - del gestore, non è di per sé sbagliato. Ma il pericolo è che si favorisca il cosiddetto azzardo morale da parte del gestore, con l’assunzione di maggiori rischi, alla ricerca di maggiori rendimenti.
L’IMPORTANZA DEI COSTI E DELLA TRASPARENZA
L’impatto dei costi è importante perché queste componenti possono erodere buona parte del rendimento eventualmente generato dallo strumento. Per “colpa” della capitalizzazione composta, perdere in costi l’1% all’anno del valore investito può determinare in vent’anni una perdita, in termini di mancati rendimenti, superiore al 30%.
Deprecabile, inoltre, è il caso in cui il promotore non comunichi tutti questi costi con la necessaria trasparenza. Le nuove norme relative alla MIFID 2 dovrebbero scongiurare questo problema, ma questo rimane comunque un punto decisamente sensibile nel rapporto tra promotore e risparmiatore.