La valutazione delle società di servizi finanziari (I)
Tra le prime 50 società per capitalizzazione quotate in Italia, una gran parte appartengono al settore finanziario. Vediamo come valutarle dal punto di vista della “analisi fondamentale”
di Claudio GuerriniSolitamente quando si parla di valutazione si affronta il problema dal solo punto di vista dell’azienda industriale o di servizi che presenta la struttura tradizionale di stato patrimoniale e conto economico.
Se si analizzano però i listini azionari si scopre la presenza di altre tipologie di aziende; tra queste vi sono tutte le imprese che operano nel settore finanziario: analizzando le prime 50 società per capitalizzazione quotate in Italia è possibile rilevare che di queste quasi la metà appartengono al settore finanziario; il peso di banche e assicurazioni è evidente anche a livello europeo e tra i titoli dell’Euro Stoxx 50 è possibile individuare un peso numerico delle banche di circa il 20% e delle assicurazioni di circa il 12%.
Appare quindi di fondamentale importanza una trattazione delle problematiche relative alla valutazione di queste aziende che parta dalla specificità dei loro business e di come vengono redatti i relativi bilanci, in questo primo articolo analizzeremo il caso di un’azienda bancaria.
Le società operanti nel settore bancario realizzano i loro ricavi essenzialmente da due attività:
- l’intermediazione del denaro: differenza tra gli interessi attivi, incassati sulle risorse finanziarie date a prestito e quelli passivi, pagati per le somme raccolte;
- le commissioni e provvigioni: ricavi a fronte di servizi alla clientela.
Nello stato patrimoniale di una banca sarà quindi utile individuare soprattutto gli stock di attività fruttifere e passività onerose che determinano rispettivamente gli interessi attivi e passivi mentre risulta più difficile trovare un legame tra voci dello stato patrimoniale e le commissioni e provvigioni visto che queste ultime normalmente sono legate alle attività fuori bilancio come le attività in gestione (i cosiddetti asset under management).

Figura 1 schema di riclassificazione del bilancio di una banca
Nella figura 1 è riportata un possibile modalità di riclassificazione del bilancio di una banca, in esso si evidenziano le seguenti voci di stato patrimoniale e conto economico.
Stato Patrimoniale
Attività fruttifere di interessi: sono le quote dell’attivo dell’impresa che fruttano interessi attivi (prestiti a privati o aziende, investimenti in titoli a reddito fisso, obbligazioni ecc. ).
Attività non finanziarie: sono attività di carattere non finanziario (immobili, macchinari ed altro) strumentali all’esercizio dell’attività di impresa.
Altre attività finanziarie: sono attività di carattere finanziario che non hanno la funzionalità specifica di produrre interessi attivi (depositi infruttiferi, liquidità).
Passività onerose: sono le risorse finanziarie ottenute da soggetti esterni (depositi, certificati di deposito, obbligazioni) che danno origine ad interessi passivi.
Passività non onerose: sono passività che non comportano l’esborso di interessi passivi (quali i fondi rischi o il TFR).
Patrimonio netto: è l’insieme delle risorse di competenza degli azionisti della società (capitale sociale, riserve e utili non distribuiti).
Conto Economico
Interessi attivi: sono le componenti positive di reddito derivanti dalla gestione delle attività finanziarie (prestiti alla clientela o investimenti effettuati in obbligazioni o altri titoli a tasso fisso).
Interessi passivi: sono le componenti negative di reddito riconosciute ai titolari di depositi o ai detentori di obbligazioni, certificati di deposito ecc.
Commissioni e provvigioni: sono i ricavi per prestazioni di servizi alla clientela quali negoziazione di titoli, consulenza, gestione del risparmio ecc.
Costo del lavoro: è l’insieme dei costi sostenuti dall’azienda per la remunerazione dei dipendenti (stipendi, paghe, contributi).
Spese generali e amministrative: sono le spese sostenute per la gestione dell’infrastruttura e della rete distributiva (sedi, filiali) strumentali allo svolgimento dell’attività bancaria.
Ammortamenti e accantonamenti: sono gli importi accantonati dall’impresa per svalutazioni di voci dell’attivo, ammortamenti delle immobilizzazioni e rischi su crediti (solitamente quest’ultima è la quota prevalente).
Imposte: sono le somme pagate allo stato sul reddito d’impresa, le due principali voci sono costituite da IRPEG e IRAP.
Come visto le banche si contraddistinguono per una differente struttura del bilancio rispetto alle aziende industriali, in particolare è possibile rilevare una diversa modalità di utilizzo delle risorse finanziarie di terzi (debito): che è strumentale all’attività specifica di impresa.
Considerando i possibili metodi di valutazione già esaminati nell’articolo “Metodi di valutazione in presenza di crescita” risultano quindi di difficile applicazione i metodi basati sull’attualizzazione dei flussi di cassa disponibili per l’impresa e il metodo dell’Eva, sono invece appropriati i metodi di valutazione basati sui flussi di cassa disponibili per l’azionista (con attualizzazione dei FCFE ma soprattutto Dividendi) e il metodo dell’excess return; in presenza di crescita le formule da applicare sono le seguenti.
Metodo FCFE-DDM

Metodo Excess Return

I dati in input per il calcolo del valore sono quindi: utile netto, costo del capitale proprio, patrimonio netto, crescita attesa. Nell’ipotesi di una società con:
Utile(t+1) = 8,805
Patrimonio netto(t) = 100
Costo del capitale = 9%
Crescita attesa = 5%
Si possono calcolare i seguenti valori:
Metodo FCFE-DDM
Occorre innanzitutto calcolare il payout sostenibile nel lungo periodo applicando la formula:

applicando il payout calcolato agli utili sarà possibile determinare i dividendi sostenibili
Dividendo sostenibile(t+1) = 8,805 · 43,21% = 3,805
e, a sua volta il valore di impresa

Metodo Excess Return

come è possibile notare i due metodi portano a risultati identici.
Claudio Guerrini
claudio.guerrini@evaluation.it
Questo articolo è stato gentilmente fornito da Evaluation.it.
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