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Patti chiari, ma senza collusione

L'iniziativa di un consorzio di banche permette di confrontare i costi dei conti correnti. Senz'altro un vantaggio per i consumatori. Ma rendere pubblici i prezzi offerti può aiutare le imprese a verificare il rispetto di eventuali accordi collusivi, consentendo immediate ritorsioni verso chi pratichi sconti rispetto al prezzo di cartello. E dunque questa "operazione trasparenza" potrebbe finire con il favorire la collusione invece di stimolare la concorrenza.

di La redazione di Soldionline 31 mag 2005 ore 10:06
di Giovanni Cespa e Giacinta Cestone

Una recente iniziativa, denominata "Patti chiari", consente ai risparmiatori di comparare le caratteristiche e i prezzi dei prodotti offerti da un nutrito gruppo di banche riunite in consorzio, collegandosi al sito www.pattichiari.it, e cliccando su "Conti correnti a confronto". Questa operazione è stata ampiamente pubblicizzata e lodata da alcuni giornalisti economici in quanto consentirebbe ai risparmiatori di scegliere la banca più conveniente avendo a disposizione maggiori informazioni. Questo, si è detto, genererebbe più concorrenza tra banche a beneficio dei risparmiatori.

Un accordo sospetto

C'è però un'altra faccia della medaglia. La teoria economica ci induce a sospettare di qualsiasi accordo tra imprese concorrenti finalizzato a rendere pubblici i prezzi praticati ai rispettivi clienti.
Vediamo perché. Pensiamo al semplice caso di due banche, "A-Bank" e "B-Bank", che concorrano fissando i prezzi dei propri servizi (ad esempio la commissione praticata sui conti correnti offerti). In condizioni di concorrenza intensa, le due banche sarebbero indotte a fissare prezzi molto bassi. Tuttavia, le due banche potrebbero cercare di "colludere," accordandosi per praticare entrambe un prezzo elevato. Come garantire la sostenibilità di un simile accordo? A-Bank, infatti, potrebbe essere tentata di offrire uno sconto rispetto al prezzo concordato, al fine di rubare a B-Bank parte della sua clientela. Anticipando questo comportamento, B-Bank potrebbe non voler aderire affatto a un accordo collusivo. E questo sarebbe bene per i consumatori. La teoria economica e i fatti ci dicono però che esiste un sistema efficace per sostenere la collusione: A-Bank sarà poco tentata dal deviare dall'accordo collusivo se teme di essere scoperta e "punita" dalla concorrente attraverso una lunga guerra di prezzi bassi. Va però detto che se i prezzi praticati non sono perfettamente osservabili, sarà difficile per B-Bank controllare se A-Bank sta rispettando l'accordo collusivo, e punirla altrimenti. Sostenere un accordo collusivo è dunque più facile se le imprese coinvolte sono in grado di osservare regolarmente le condizioni di prezzo offerte dalle rivali.
Questa semplice storia ci suggerisce che rendere pubblici (e cioè comunicare ai consumatori ma anche ai concorrenti) i prezzi offerti può aiutare le imprese a verificare il rispetto di eventuali accordi collusivi, consentendo immediate ritorsioni nei confronti delle concorrenti che pratichino sconti rispetto al prezzo di cartello.

I "Patti chiari" delle banche

Ma torniamo all'iniziativa "Patti chiari". È certo evidente il vantaggio per i consumatori di poter confrontare i costi dei conti correnti. (1)
Ma non è tutto oro quel che luccica. Nulla impedisce che le banche italiane siano tentate di utilizzare tale strumento per individuare e punire quelle tra loro che si stanno comportando in modo "troppo" aggressivo. E che dunque questa "operazione trasparenza" finisca con il favorire la collusione, piuttosto che stimolare la concorrenza. Dunque, ben vengano le iniziative volte a meglio informare i consumatori. Ma queste non devono far abbassare la guardia delle autorità di tutela della concorrenza, soprattutto nel caso di imprese - come le banche italiane - che non si sono certo distinte per attitudine a competere. (2)
Ovviamente, per valutare l'effetto pro-competitivo o anti-competitivo dell'operazione "Patti chiari" non resta che affidarsi ai fatti: i costi dei servizi offerti dalle banche aderenti al progetto si vanno effettivamente riducendo? Se questi si mantenessero stabili nel tempo, o addirittura aumentassero, sarebbe giusto diffidare del valore pro-competitivo dell'iniziativa. C'è da notare, infine, che le teorie economiche a cui ci riferiamo sono da tempo nella "cassetta degli attrezzi" delle autorità antitrust di vari paesi, che in diverse occasioni hanno individuato e vietato cartelli che si coordinavano e sostenevano proprio attraverso la pubblicazione di "listini prezzi". (3) Sta dunque alla Banca d'Italia - che ha tuttora il mandato di garantire la concorrenza nel mercato bancario - monitorare con analoga attenzione l'iniziativa "Patti chiari" per sanzionarne, laddove si dovesse presentare, un eventuale uso pro-collusivo.

(1) A tale proposito va comunque sottolineato che la possibilità di comparare i prezzi avrà un ruolo limitato nel favorire la mobilità della domanda e dunque stimolare la concorrenza, fino a quando in Italia il numero di conto corrente non verrà reso "portabile" come quello del telefono cellulare (vedi Andrea Resti su www.lavoce.info del 7/2/2005).

(2) Vedi Boeri e Perotti su www.lavoce.info del 25/2/2005.

(3) È interessante a tal proposito l'errore di valutazione della autorità antitrust danese, che nel 1993 promosse la pubblicazione periodica dei prezzi praticati dalle imprese operanti nel mercato del calcestruzzo, con l'obiettivo di dare più informazioni agli acquirenti, salvo poi tornare sui propri passi dopo aver osservato che in seguito all'iniziativa i prezzi si andavano di fatto allineando su un livello decisamente più elevato (il caso è descritto in Cabral, L. "Economia Industriale", Carocci Editore).






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