NAVIGA IL SITO

Conversazione con il dottor Enrico Vergani - I parte

Il dottor Enrico Vergani cura gli interessi di HNWI (*) presso una banca straniera in Italia. In passato ha lavorato a Londra come equity analyst. Ho avuto il piacere di ascoltare il dottor Enrico Vergani durante un incontro divulgativo in Twice sim.

di Antonio Lucenti 19 apr 2007 ore 09:16
I temi trattati erano relativi ad investimenti alternativi: vini pregiati, fondi immobiliari chiusi, hedge, private equity.

Ho voluto approfondire con un incontro personale l'argomento private equity, ed il risultato, per i miei lettori, è una intervista forse un po' impegnativa, ma interessante e 'sostanziosa'.


Dottor Vergani, durante l'incontro menzionato, sono rimasto colpito da un originale approccio che lei ha sviluppato relativamente all'impatto che i fondi di private equity avrebbero sul tessuto sociale della zona di attività.
Vorrei che lo riproponesse per la "Stanza del promotore".
Per affrontare il tema del private equity mi sono rifatto ad alcune considerazioni che avevo letto in uno scritto di un economista italiano, il prof. Zingales.
Ho voluto estrapolare alcuni passaggi che possono aiutare a meglio comprendere le dinamiche di una tipologia di asset class(**) (quella del private equity) che, a mio avviso, non dovrebbe essere giudicata solo per l'IRR (***) di fine investimento.
L'autore cita Adam Smith, il quale scrisse che 'non è per la benevolenza del fornaio che mangiamo pane fresco tutti i giorni ma per il suo desiderio di guadagno'.
Sono ragionevolmente d'accordo con la sua frase.
Anche se sono sempre stato dell'avviso che non deve essere solo il desiderio di guadagno a guidare il lavoro e quindi gli investimenti (sia di tempo che di denaro) , ma che ci deve essere una motivazione di più ampio respiro, una spinta, quasi una giustificazione sociale.

Come individuare il risvolto sociale di un'attività finanziaria?
Per un esempio di quando e come la finanza dimostra avere un'utilità sociale lo stesso autore cita l'esempio di un titolo di recente concezione: il viatical.
Il termine deriva dal latino viaticum: la borsa contenente tutto il necessario per un viaggio.
Ecco come funziona: spesso i malati terminali non hanno abbastanza soldi per pagare cure molto costose. Anche nel caso in cui abbiano stipulato un'assicurazione sulla vita prima di contrarre la malattia, non possono trarne beneficio personalmente.
Il senso di un investimento in viatical è consentire alle persone malate di negoziare la polizza sulla vita, che a volte è tutto ciò che possiedono, per migliorare la qualità della propria vita prima di morire.
Il viatical è sostanzialmente il diritto di riscossione dell'assicurazione sulla vita che sarà pagata alla morte di una persona malata allo stadio terminale.
Se questo tipo di titoli potrebbe essere dipinto come l'ennesimo esempio dei finanziatori senza scrupoli che vogliono guadagnare anche sulle spalle della gente malata, tuttavia lo stesso svolge una funzione utile e persino lodevole dal punto di vista morale e pratico: fornire ai malati il denaro necessario per alleviare le sofferenze degli ultimi giorni di vita.

Per tornare al private equity riprendo spunto da quanto osservato dal prof. Zingales.
'I socialisti come Marx ed Engels sostenevano che per ridurre il potere dei proprietari del capitale lo stato dovesse concentrare il potere nelle proprie mani, espropriando tutta la proprietà privata che fosse impegnata a scopi produttivi'.
Lo stesso continua scrivendo:
'Il potere di un burocrate statale sui lavoratori in uno stato socialista è notevolmente superiore a quello del più avido degli imprenditori in un'economia capitalista, perché nello stato socialista il governo stabilisce anche il livello di concorrenza che si trova di fronte'.
E la concorrenza, come tutti gli imprenditori sanno, è scomoda perché mette un freno ai loro atteggiamenti più spregiudicati.
Condividendo il pensiero dell'autore: tutto sommato, i socialisti avevano la risposta sbagliata alla domanda giusta.
Domanda: come favorire la distribuzione di benessere?
Mi spiego meglio: la risposta giusta non è concentrare ulteriormente il potere economico, ma distribuirlo in modo più ampio.
E un modo per fare ciò è l'estendere l'accesso alle fonti di finanziamento.
Il private equity rappresenta a mio avviso uno degli strumenti migliori.
Infatti lo vedo come il canale di raccolta di capitali (e competenza gestionali) che, meglio di altri, trae tanto più profitto quando finalizza la raccolta ad un efficiente redistribuzione della stessa ricchezza sul territorio.
Con il private equity tutti hanno la possibilità di incrementare il proprio livello di soddisfazione in termini di ricchezza economica ovvero di benessere in generale: sia investitori che investiti.
Io operatore compro/entro nell'azionariato di un'azienda e sono stimolato dal raggiungimento di traguardi ben definiti: rimetterla in sesto (se in crisi) ovvero farla crescere (se piccola).
In ogni caso dal creare valore riconosciuto e tangibile creando ricchezza economica per il territorio.

Seguendo il ragionamento del Prof. Zingales: '...per le aziende, i finanziatori con capitale privato svolgono il ruolo di 'poliziotti' e 'becchini' allo stesso tempo, poiché impediscono il furto di risorse e 'seppelliscono i morti' quando, in un sistema economico dinamico, trasferiscono risorse finanziarie e non, dai settori in declino a quelli in ascesa.'

In altri casi i fondi hanno un ruolo più creativo, quello della levatrice.
Le aziende giovani necessitano di un'assistenza del tutto diversa rispetto a quelle già da tempo affermate. Solitamente tali aziende hanno enormi opportunità di crescita, in un'economia dotata di buone leggi e di un sistema contabile adeguato.
Infatti in un'azienda giovane ed in crescita gli incentivi, per un manager, non consistono nell'appropriarsi della liquidità disponibile al momento, che è ridotta, ma nella prospettiva di dirigere un'azienda più grande e più redditizia.

I fondi aiutano i management meno esperti nella propria funzione di 'poliziotti'.
'Certamente lo spirito di iniziativa del management risulterebbe ferito se un investitore oscurasse ogni sua mossa. Di conseguenza, in genere, i fondi svolgono un monitoraggio leggero.
Ma quando diminuisce il rendimento, allora il livello di sorveglianza aumenta, anche con una partecipazione più diretta alla gestione dell'azienda.
Tutte queste forme di monitoraggio diretto sono comunque costose.
Ecco perché quando vale la pena investire, il rendimento minimo che i finanziatori devono ottenere da un progetto di successo si dice essere molto elevato.
Tale esigenza di rendimento riflette in parte l'alta probabilità di insuccesso della maggior parte delle situazioni aziendali in cui si investe'.

Quali sono le principali problematiche oggetto di monitoraggio?
In primis lo spreco e l'incompetenza.
Il problema è più acuto per le imprese già affermate.
Queste affrontano una concorrenza limitata grazie alle dimensioni e ai successi passati.
Generano un forte flusso di cassa e, con poche prospettive di investimento valido nel proprio settore, non necessitano di finanziamenti.
Si chiama free cash flow problem: troppa liquidità a disposizione. Anziché restituirla agli investitori, il management la spreca in progetti futili.
Sempre il prof. Zingales ci fa notare come.'....gli investitori hanno di che allarmarsi, ad esempio, quando un'azienda spende cifre esorbitanti annunciando la costruzione di un nuovo edificio.
Spesso è sintomatico del fatto che l'impresa non ha di meglio da fare con il proprio denaro'.

Una tipologia di intervento più controversa per agire laddove l'incompetenza e lo spreco stanno distruggendo valore è il corporate takeover (****)e dove il PE riveste storicamente un ruolo preponderante.
Attraverso un mercato libero per i takeover è possibile eliminare le parti malate di un'impresa inefficiente e dare nuove prospettive a quelle invece redditizie.
Poi le variazioni della struttura dirigenziale ottenute tramite scalata o management buyout (****) sono esempio del divario esistente tra la percezione pubblica e la realtà del mondo della finanza.
Solitamente infatti i titoli della stampa riportano il numero di licenziamenti ma poco si soffermano invece su chi rimane sul posto di lavoro e che magari avrebbe invece perso di lì a poco.
C'è stato un autore che sul private equity ha scritto un libro divertente intitolato 'I barbari alla porta' volendo assimilare i barbari ai fondi che arrivano, comprano un'azienda, solitamente la smembrano, licenziano un po' di persone per migliorare la redditività della stessa e poi la rivendono a pezzettini.
Certe volte pero' i barbari sono quelli seduti da troppo tempo su poltrone troppo grandi...



Dottor Vergani, anche in Italia si assiste ad un fenomeno di notevole crescita del private equity, nelle varie "specialità", con la nascita di fondi anche di notevoli dimensioni.
L'anno scorso introdussi l'argomento fondi chiusi di private equity, prendendo spunto dai risultati molto soddisfacenti, ed oggi ancor più di allora, di uno di questi ( pochissimi) fondi quotato in Borsa.
Lamentavo la rarità di questi strumenti ed i prezzi per quota elevati che ne rendono difficile l'uso e la modulazione nei portafogli di gestione.
La domanda è molto ampia: secondo la sua visione, come si rapporta oggi l'espansione di questo settore con la Borsa?
E quale sviluppo pensa di prevedere per il futuro?
Riguardo ai fondi, a mio sommesso parere, negli USA si sta già delineando quello che vedremo in Europa tra un po' meno di un paio di anni.
Con il Sarbanese-Oxley Act molti consigli di amministrazione di aziende quotate si sentono con le mani legate e con il fiato sul collo degli azionisti. Ecco che allora i fondi di PE assumono il ruolo di simpatici acquirenti che de-listano l'azienda e riportano la 'tranquillità' al CdA che puo' tornare al modus operandi pre-enron/pre-worldcomm....(il controllo va bene ma quando è troppo è troppo).
Di converso pero' adesso si quotano i fondi.
E si' perché se prima i fondi attiravano 'cash' grazie alla società 'investita' (fenomeno molto poco italiano), adesso lo devono attirare con qualcosa d'altro...vorrà dire che i fondi saranno di 'public equity' (******) e non di 'private'.
Va bene cosi'.....del resto servirà ad incrementare le masse di denaro a disposizione delle aziende migliori.
Certamente si creeranno anche nuovi problemi di corporate governance: negli USA mi sembra che sia già oggetto di discussione il fatto che uno dei maggiori datori di lavoro della Corporate America sia un fondo di PE........



Spesso vengono assimilati fondi di private equity e fondi chiusi immobiliari, tanto che nel sito istituzionale della Borsa sono raccolti insieme.
Le chiedo se ritiene debba farsi una distinzione o mantenere questo legame o parallelismo.
Credo che sostanzialmente non debbano essere differenziati. Certamente cambia il tipo di asset class ma non cambia il procedimento di selezione degli investitori e di investimento stesso.
Anche la tipologia del rischio secondo me è la stessa. A meno che qualcuno riesca a provarmi che investire in un'azienda non quotata nel lodigiano abbia un rischiosità differente dal comprarsi una centro commerciale nel veronese. Chi mi garantisce della bontà del processo di selezione degli investimenti è il management team del fondo in entrambi i casi.
E poi in ogni caso l'investitore mette equity (*******) quindi per quest'ultimo non cambia nulla.


(*) High Net Worth Individual: riferimento a patrimoni mobiliari di consistenza superiore al milione di dollari.
(** )Asset class: classe di strumenti di investimento
(***) Internal Rate Return o Tasso Interno di Rendimento: Investo oggi 100 Euro, ricevo tra un anno 30 euro, tra due 75, tra tre 116. Qual è il tasso di interesse ricavato?
(****) buy out: subentro
(***** )management buyout: subentro dei manager nella proprietà
(******) public equity : azionariato diffuso
(*******) equity: capitale, denaro


Antonio Lucenti
lucenti@antoniolucenti.it



Articoli pubblicati

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.