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Zibaldone finanziario - La questione dei tassi d’interesse in Europa

Anche con il passare degli anni, lo spettacolo del panico in Borsa è qualcosa cui difficilmente ci si abitua a cuor leggero. È come lo spettacolo drammatico di un grande incendio di cui non si conoscono le cause, di cui si sa che, prima o poi, verrà domato dai pompieri, ma non si sa...

di La redazione di Soldionline 17 ago 2007 ore 14:05

La questione dei tassi d'interesse in Europa

Anche con il passare degli anni, lo spettacolo del panico in Borsa è qualcosa cui difficilmente ci si abitua a cuor leggero. È come lo spettacolo drammatico di un grande incendio di cui non si conoscono le cause, di cui si sa che, prima o poi, verrà domato dai pompieri, ma non si sa in quanto tempo e quanti danni si contabilizzeranno alla fine.

Se il fenomeno dei mutui sub-prime è effettivamente localizzato (come siamo autorizzati a pensare, fino a prova contraria) e, soprattutto, se ormai abbiamo la certezza che le autorità monetarie negli anni hanno imparato ad affrontare eventuali difficoltà derivanti da shock esogeni (dall'11 Settembre alla crisi del Long Term Capital), la qualità della comunicazione delle principali Banche Centrali nelle settimane passate probabilmente non è stata all'altezza della confusione creatasi sui mercati finanziari.

Negli Stati Uniti la FED non ha fornito informazioni puntuali e rassicuranti sulla dimensione del fenomeno che, almeno psicologicamente, ha innescato il ribasso dei mercati finanziari. La comunicazione generica è servita solo ad alimentare il sospetto ed il timore. Alla FED si sente la mancanza comunicatore come era Alan Greenspan.

Per quanto riguarda la BCE, lasciare intendere, come ancora fa oggi, che entro fine anno avremo un ulteriore innalzamento dei tassi di interesse fa parte di una visione ideologica un po' superata dell'uso della politica monetaria che, col panico finanziario dilagante, appare persino anacronistica.

Ammesso che esista davvero un problema inflazionistico nella UE, si è davvero convinti che lo si contenga con un ulteriore innalzamento dei tassi di interesse? La politica monetaria calmiera l'inflazione dei beni reali quando, in una condizione di surriscaldamento dell'economia, la rallenta. Ma non è questa la reale condizione odierna della UE, che non presenta strozzature nell'offerta di lavoro e nella capacità produttiva e, soprattutto, non ha bisogno di essere rallentata.

L'inflazione che registriamo in Europa è in parte causa dell'aumento del costo dell'energia, in parte della scarsa concorrenza in taluni settori e, ancora in parte, del ritocco di talune tariffe amministrate, ma non esiste politica monetaria che sia efficace contro questi focolai di inflazione, anche ammesso che siano così seri e gravi.

Ci sono alcuni segnali di rallentamento dell'economia europea che andrebbero colti tempestivamente dalla BCE, nella consapevolezza che, grazie alla globalizzazione, l'inflazione è stata durevolmente sconfitta, che la curva di Philips, ricettario di politica economica degli anni '70, non è più attuale, e che qualche decimo in più od in meno di possibile inflazione non cambieranno le sorti della competitività del nostro continente, ma che queste sorti sono affidate alle politiche strutturali della concorrenza, dell'innovazione, dell'incentivo al rischio d'impresa. Il rallentamento in corso non è drammatico, ma l''effetto Pigou', l'effetto di decurtazione della ricchezza sulle famiglie, potrebbe alimentarlo.

Oggi la BCE deve invertire l'aspettativa generalizzata di un ulteriore rialzo nei tassi di interesse e, al contrario, pianificarne una riduzione, anche per dar modo agli USA di fare altrettanto, senza mettere il dollaro troppo sotto pressione.

Un annuncio in questa direzione aiuterebbe i mercati finanziari a ritrovare una fiducia perduta sulla base di un accavallarsi di supposizioni smentite in maniera parziale e maldestra, un pasticcio mediatico da 'grandi imbranati' della comunicazione. Sarebbe anche un annuncio giustificato alla luce del rallentamento macroeconomico in atto.

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