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Quis custodiet ipsos custodes?Il caso delle Authority finanziarie in Italia

Paolo Sassetti torna con un un interessante approfondimento su ruolo, funzionamento e dinamiche istituzionali delle nostre Authority finanziarie.Un contributo pacato, esente da prese di posizioni "partitiche" e di parte, utile per capire e farsi una idea corretta su un problema importante e spesso male affrontato

di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:52
La legge Maccanico del 31 Luglio 1997 che definiva il regime transitorio dell'assetto radiotelevisivo ormai è stata superata dalla legge Gasparri. In un punto, l'articolo 3 comma 7, quella legge fu persino definita anticostituzionale dalla Corte Costituzionale poiché non fissava un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassasse il 31 Dicembre del 2003, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti previsti dalla legge (ovvero uno stesso soggetto non poteva irradiare più del 20% dei programmi televisivi su frequenze terrestri in ambito nazionale), dovessero essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo.

Ciononostante, quella legge, che piacesse o no, per oltre sei anni fu legge della Repubblica Italiana ma l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni si limitò a prendere atto, nelle sue relazioni, che quel regime transitorio, comunque validamente in vigore, era violato sia da Rai, sia da Mediaset, specie per quanto riguardava i tetti del 30% di raccolta pubblicitaria. La legge Gasparri, infine, ha modificato quest'aspetto del quadro normativo ma per sei anni l'Italia ha assistito sconsolatamente inerte alla violazione di una legge della Repubblica. L'Authority per le Garanzie nelle Comunicazioni discusse al suo interno se tali violazioni giustificassero sanzioni nei confronti di Rai e Mediaset. Alla fine prevalse il punto di vista secondo cui l'Autorità, prima che la legge Gasparri entrasse in vigore, non aveva mai fatto alcun formale richiamo ma aveva solo provato a 'convincere' Rai e Mediaset ad attenersi alla legge. Poiché questo tentativo dell'Authority si sarebbe risolto in un semplice tentativo di 'persuasione morale' e non in azioni decise, 'autoritative' verso Rai e Mediaset, alla fine prevalse la tesi interna che questi soggetti non avevano alcun obbligo a ridimensionarsi in modo spontaneo, giacché l'Autorità li aveva solo 'esortati' a farlo. Questo prima che la Gasparri entrasse in vigore, dopo il problema poteva considerarsi superato.

La vicenda è utile per stimolare una riflessione sul tema più generale di a chi spetti far rispettare le leggi della Repubblica ed a chi rispondano le Authority del loro operato.

E le Authority finanziarie?

In un bell'articolo firmato dal prof. Marco Onado ('Se non ora, quando?'), cui rimando a questo link, l'autore si è interrogato su a chi debba rispondere del suo operato la Banca d'Italia. Marco Onado solleva il tema dell'accountability della Banca d'Italia e si serve di una definizione del termine elaborata dott. Tommaso Padoa Schioppa, membro del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea. Per Padoa Schioppa essere accountable significa

    non solo essere ritenuto responsabile delle proprie azioni, ma anche essere tenuto a giustificare e spiegare azioni e decisioni. L'accountability è un elemento essenziale e costituente di un ordine politico democratico. In tale ordine, le istituzioni che hanno il potere di influire sulla vita e il benessere della comunità devono essere soggette allo scrutinio dei cittadini e dei loro rappresentanti eletti".

Prosegue il prof. Onado:

    Se si condivide quest'impostazione, le conclusioni da trarre sono almeno due: a) le attuali forme in cui la Banca d'Italia rende conto del proprio operato sono fondamentalmente basate su esposizioni unilaterali, quasi "ex cathedra", come la cerimonia del 31 Maggio; b) l'accountability coinvolge il concetto di responsabilità, dunque rinvia anche ai meccanismi di nomina e di funzionamento dei vertici di un'istituzione...Va naturalmente ricordato che il governatore e altri membri del Direttorio hanno spesso occasione di presentare al Parlamento, regolarmente o su invito, la posizione della Banca su temi generali (la Legge finanziaria in primo luogo) o specifici, com'è accaduto in occasione dell'indagine conoscitiva sulla tutela del risparmio. Ma nessuna di queste forme assume la veste per così dire istituzionale di confronto dialettico sull'operato della Banca. Non accade così in altri paesi ...Insomma: le prassi delle banche centrali sono ben diverse da quelle invalse in Italia. Se la fase storica che ha trascinato i suoi effetti velenosi almeno fino alla seconda metà degli anni Novanta, e che aveva fatto accantonare ogni riforma, è definitivamente superata, è ora di adottare assetti istituzionali (in termini di accountability, ma giova ripetere anche in termini di meccanismi di nomina e funzionamento) più vicini a quelli degli altri paesi. Un buon motivo per inserire tutto questo nell'attuale disegno di legge sulla tutela del risparmio è dato da un indimenticabile libro di Primo Levi: "Se non ora, quando?".

Il tema della responsabilità della Banca d'Italia è grandemente dibattuto perché attorno ad esso nei mesi scorsi si è accesa una controversia sulla scadenza del mandato del Governatore. Il limite di tale controversia è che a volte è parsa assumere toni personalistici. Laddove il dibattito ha riguardato, invece, le responsabilità istituzionali della Banca d'Italia, ciò è stato principalmente in merito alla vicenda Parmalat. Personalmente non ritengo fondate le accuse mosse alla Banca d'Italia per quella specifica vicenda ma ciò non toglie che il più ampio ruolo istituzionale che la Banca d'Italia svolge nella difesa costituzionale del risparmio non sia esentabile da osservazioni critiche. Valga per tutte l'annotazione che la Banca d'Italia si è risolta con una certa flemma a metter mano ai regolamenti dei fondi comuni d'investimento e che tale ritardo non è stato di certo politicamente e economicamente neutrale nel fisiologico conflitto distributivo tra società per la gestione del risparmio e risparmiatori. Ancora, nella ricerca di un equilibrio tra la stabilità del sistema finanziario e lo stimolo di adeguata concorrenza al suo interno, la Banca d'Italia ha storicamente di gran lunga privilegiato il primo tema a discapito del secondo e, conseguentemente, a discapito del benessere dei consumatori. Infine, la difesa dell'italianità di alcuni istituti bancari non sempre ha favorito un ricambio manageriale che, invece, appariva impellente ed ancora appare tale. Su tutti questi temi politico-istituzionali (e non tecnici) il confronto tra la società civile e l'Istituto di Vigilanza avviene in maniera indiretta e mediata, col risultato che la Banca d'Italia di fatto effettua le relative scelte politiche senza dover risponderne a nessuno: una monarchia all'interno della Repubblica.

Le riflessioni del prof. Onado andrebbero estese più in generale alle Authority che il Paese ha costituito negli anni e, ovviamente, anche alla Consob.

Estendere la riflessione alla Consob

Anche la Consob è stata oggetto di critiche per lo scandalo Parmalat. Anche in questo caso credo che le critiche siano state male indirizzate per via di un'oggettiva insufficienza nei suoi poteri ispettivi. Ma, così come la Consob può ritenersi esentata da queste critiche specifiche, analogamente non può attribuirsi ad essa alcun merito per lo scoperchiamento della truffa sapientemente imbastita a Collecchio. Questo merita di essere precisato perché, subito dopo lo scoppio dello scandalo, si registrò una corsa non propriamente edificante all'appropriazione dei relativi 'meriti'. La truffa fu smascherata semplicemente perché, nonostante la liquidità dichiarata, la Parmalat non riuscì ad onorare il pagamento di un'obbligazione giunta a scadenza. Se ci fosse riuscita, forse saremmo ancora oggi ad interrogarci sulle stranezze del suo bilancio consolidato, attribuendole ad una politica finanziaria naif ma non truffaldina quale, invece, si è rivelata. Le insistenti richieste di chiarimento inoltrate dalla Consob alla società non avrebbero sortito alcun effetto concreto come non lo hanno sortito fino al momento in cui il re, finalmente, apparve nudo, ma per sua esplicita ammissione e non a seguito di un'indagine.

L'attenzione della stampa normalmente si focalizza sulle reali o presunte responsabilità delle Authority finanziarie nelle situazioni di più grave patologia del sistema finanziario come fu lo scandalo Parmalat. Paradossalmente in queste situazioni le Authority hanno minore responsabilità effettiva di quanto, sull'onda dell'emozione, possa apparire a prima vista, se non quella politica più generale di non aver attirato con sufficiente enfasi l'attenzione del Legislatore sulle carenze nei suoi poteri di intervento o della legislazione finanziaria in generale::

    Un'istituzione come la Consob che dichiari, ex post, di non aver avuto per oltre un decennio i mezzi necessari per svolgere i suoi compiti, è responsabile per il fatto stesso di aver incautamente esercitato una funzione pubblica di fondamentale importanza, senza essere, per suo stesso dire, in grado di farlo (avv. Alberto Ledda, intervista a Patrimoni - Milano Finanza, 2003).

Esiste, tuttavia, un altro aspetto, analogo a quello del ruolo politico-istituzionale della Banca d'Italia, sotto cui l'attività della Consob merita di essere scandagliata con maggiore attenzione di quanto non sia stato fatto fino ai giorni nostri.

Quest'aspetto riguarda l'interpretazione 'politica' della legislazione finanziaria attuata dalla Consob nella sua operatività. Questo tema non deve scandalizzare: la legge, qualunque legge, va interpretata ed anche la legislazione finanziaria non può sottrarsi ad essere interpretata. Eventi traumatici (come lo scandalo Parmalat) possono imprimere orientamenti politici diversi, più rigorosi, ad un ente di controllo; l'esperienza recente della SEC, stimolata solo dal contropiede istituzionale inflittole dalla magistratura ordinaria nelle cause contro la corruzione finanziaria negli USA, n'è un esempio lampante. In tal caso può forse più propriamente parlarsi di accresciuta 'sensibilità politica' rispetto a talune tematiche fino a prima considerate secondarie. Evidentemente qui si esce dal tema 'organizzativo' dell'inadeguatezza di risorse umane ed economiche lamentata dall'Authority (cui essa, un po' semplicisticamente, attribuisce molte sue insufficienze operative) ed entriamo più propriamente nel tema del ruolo politico-istituzionale che la Consob incarna ed intende incarnare in futuro. Entriamo, cioè, nel tema della proattività e della convinzione con cui la Consob incarna il suo ruolo di guardiano della trasparenza finanziaria e della correttezza professionale degli intermediari. Parlare in astratto confonderebbe solo le idee al lettore. Meglio esporre un caso concreto.

Sul tavolo della Consob da molti, troppi mesi ormai, è all'esame il noto caso del collocamento dei prodotti finanziari My Way - 4 You effettuato dalla Banca 121. Un caso che ha visto coinvolte decine di migliaia di risparmiatori, spesso irretiti in questi prodotti con metodi di convincimento non ortodossi. Nessun soggetto meglio della Consob, dopo aver a lungo approfondito la questione, oggi sarebbe in grado di esprimere pubblicamente un giudizio tecnico-giuridico su quella vicenda. Ma il Paese è ancora, invano, in attesa di un suo pronunciamento.

Qui è opportuno fare una digressione tematica il cui senso, tuttavia, apparirà subito chiaro al lettore: in pochi mesi il dott. Enrico Bondi, con la collaborazione di alcuni professionisti ingaggiati alla bisogna, ha dipanato la matassa del riassetto del gruppo Parmalat ed ha avviato le prime azioni di risarcimento nei confronti di alcune banche statunitensi, ha cioè svolto un lavoro ben più impegnativo di quanto sia esprimere una giudizio meditato sul collocamento di alcuni prodotti finanziari.

Non solo: Fabrizio Tedeschi, ex dirigente della Consob, pertanto conoscitore esperto della materia, ha elaborato un articolato 'parere pro-veritate' sul caso MY Way - 4 You, reperibile a questo link dell'associazione dei consumatori ADUC. Ne consiglio la lettura perché lo ritengo un documento di eccezionale interesse giuridico-finanziario. La conclusione, ampiamente argomentata, è che la Banca 121, l'intermediario che ha strutturato e collocato i prodotti in questione, non abbia operato ne' con diligenza, ne' con trasparenza, ne' con correttezza nei confronti dei risparmiatori:
    Quanto illustrato sopra ... porta a concludere che ci troviamo di fronte a clausole contrattuali che violano in numerose ipotesi norme imperative poste a tutela del pubblico risparmio. Dette norme debbono ritenersi non disponibili da parte dei privati, in quanto tutelano un interesse pubblico ...Riteniamo che tutti i contratti e gli atti compiuti nell'ambito e in esecuzione dei prodotti finanziari 4YOU e MYWAY siano affetti da nullità assoluta e quindi insanabile ...Tutto l'articolo 21 del TUF, ma anche una parte rilevante degli altri articoli di legge e di regolamento disciplinanti i servizi d'investimento sono stati violati da questi contratti strutturati sintetici ...

Può essere che il parere espresso da Fabrizio Tedeschi sia contestabile così come il lavoro svolto da Enrico Bondi possa essere oggetto di critica. Ma sono un'opinione ed una ristrutturazione societaria rispettivamente espressa e realizzata in tempi del tutto ragionevoli e che consentono all'opinione pubblica di confrontarsi con esse per discuterle ed eventualmente criticarle.

La Consob procede per passi molto piccoli e lunghe fasi di surplace degne di quel grande ciclista che fu Antonio Maspes (che, infatti, non fu mai nominato Presidente della Consob) mentre la necessità politica e sociale è quella che il corpo di competenze giuridico-finanziarie concentrate che essa racchiude debba fare da battistrada e non da rimorchio - in un senso o nell'altro - alle sentenze della magistratura ordinaria, la quale non ha la specializzazione necessaria per procedere con la rapidità richiesta dalla gravità di molto casi.

Tre deputati della Casa delle Libertà, del Mastro delle Vedove, Ghiglia e Ricciuti il 15 Giugno 2004 hanno presentato una proposta di legge meritevole d'attenzione (Introduzione dell'articolo 23-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di tutela dell'investitore dalle operazioni finanziarie inadeguate).

Essa prevede, tra l'altro, l'obbligo della Consob di esprimere un parere non vincolante sull'adeguatezza di talune operazioni o prodotti finanziari rispetto a specifici profili di rischio degli investitori
    Art 6. Nelle controversie relative all'adeguatezza di una operazione, la CONSOB, se interpellata da un investitore che ne ha specifico interesse o dall'intermediario finanziario, fornisce un parere non vincolante entro novanta giorni dalla data di ricevimento della documentazione necessaria per esprimere il parere.
    Art 7. Chiunque sia portatore di interessi collettivi può chiedere alla CONSOB un parere generale su specifici prodotti finanziari e sui contratti abbinati alla vendita degli stessi in relazione alla tipologia di clienti per i quali tali prodotti sono adeguati o inadeguati.

Si tratta di un evidente tentativo d'imporre per legge un dialogo tra Authority e cittadini che spontaneamente non pare riuscire ad attivarsi. È possibile immaginare un'evoluzione in questa direzione che sia spontanea e non richieda l'intervento del Legislatore? Credo che sia nell'auspicio di molti e sarebbe il segno di una svolta a lungo attesa.

Che fare?

I tempi delle istruttorie paiono essere un grave tallone d'Achille della Consob anche laddove essa esprime, sulla carta, i suoi migliori interventi. Nel caso dello scandalo dei fondi Azioni Italia, Soluzione e Soluzione 7 del gruppo San Paolo IMI, la sanzione comminata - una sanzione di 'rottura', per quanto timida se confrontata con le sanzioni comminate negli USA per casi analoghi, 500 mila euro contro multe di decine di milioni di dollari inflitte dalla SEC a singole società di gestione - è stata annullata sostanzialmente per un vizio di forma. Ecco il commento sull'argomento a suo tempo elaborato dall'ADUC:
    La direzione della Sgr aveva definito un meccanismo di remunerazione del singolo gestore che prevedeva l'elargizione di un bonus annuale commisurato all'extra-performance conseguita, ponderata per il diverso peso assegnato a ciascun fondo. In particolare, 'Azioni Italia' aveva un peso relativo maggiore nel calcolo del bonus, per questo veniva privilegiato irregolarmente a scapito degli altri fondi. Lodi alla CONSOB, verrebbe da dire. Peccato che la corte d'appello di Milano abbia giudicato illegittima la sanzione della CONSOB. Le accuse mosse dall'autorità erano infondate? Neanche per idea, solo perché l'autorità non ha rispettato i tempi, in buona compagnia con il ministero dell'Economia! E' la sesta volta, solo nel 2003, che una sanzione della CONSOB viene annullata per mancato rispetto dei tempi che la stessa CONSOB si è data. Se è così difficile rispettare i tempi (ed in certi casi si può comprendere) è bene che si diano una mossa o che allunghino i termini.

L'interrogativo più generale che va quindi posto è il seguente: a chi risponde la Consob di queste inefficienze e dei conseguenti danni alla legalità finanziaria, così come a chi rispondeva l'Authority per le Comunicazioni della politica di laissez faire nei confronti dell'infrazione alla legge Maccanico? Il tema dell''aristocratica separatezza' imputata dal prof. Onado alla Banca d'Italia è dunque allargabile ad altri organismi. Essi si pongono in maniera inappellabile al di sopra di ogni verifica operativa, se non di quella politica che, però, coincide sostanzialmente con il rinnovo periodico delle cariche che si realizza in maniera auto-referenziale in Banca d'Italia ed in ristretti circoli ministeriali nel caso delle altre Authority.

La risposta a questo interrogativo non è semplice ma richiede, almeno, la presa d'atto del problema, ovverosia che il sistema in vigore non offre sufficienti garanzie di rappresentatività e di equità nei confronti dei cittadini che, nei rapporti con gli intermediari finanziari, sono i soggetti deboli.

Per tornare alla Consob sarebbe un grande progresso che fosse vincolata a rispondere periodicamente agli esposti che le sono sottoposti, così come è già previsto per l'Ombudsman bancario in quale ha novanta giorni di tempo per rispondere agli esposti che gli sono sottoposti. Ciò potrebbe avvenire anche in maniera impersonale, pubblicando on line una risposta sintetica fino punto di ridurla ad un 'Esposto archiviato per insussistenza di riscontri'. I cittadini, almeno, saprebbero che le loro richieste sono state prese in considerazione e l'obbligo di effettuare una dichiarazione pubblica di archiviazione rappresenterebbe una forma di responsabilizzazione della Consob verso i cittadini, i veri soggetti cui dovrebbe veramente rendere conto. Perché, se archiviare un esposto può essere facile, dover dichiarare pubblicamente di archiviarlo è un atto ben più impegnativo e offrirebbe maggiori garanzie ai risparmiatori.

Paolo Sassetti



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