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Quanto vale l’opinione degli analisti finanziari?

I data base utilizzati per lo screening delle società quotate possono risultare utilizzate anche scopi apparentemente insoliti, come quello di verificare l’efficacia e l’utilità delle raccomandazioni che sono emesse dagli analisti sulle società quotate

di La redazione di Soldionline 10 mar 2006 ore 11:31
Sul tema sono state condotte ricerche serie ed esistono aneddoti faceti, ma non ho mai visto utilizzare un data base commerciale per effettuare una verifica empirica su questo tema attraverso semplici tecniche di screening sulle azioni.

Le raccomandazioni espresse dagli analisti sono scaglionate secondo la scala classica composta dai giudizi di strong buy (rating 1), buy (2), hold (3), sell (4) e strong sell (5).

Ho adottato l'universo delle prime 500 società statunitensi per capitalizzazione, un universo che approssima abbastanza bene l'indice S&P 500, ed ho estratto da esse portafogli le società con rating medio inferiore a 2,5 (buy e strong buy). Ho poi estratto le società con rating hold (rating medio compreso tra 2,5 e 3,5). Infine ho estratto quelle con rating sell e strong sell (rating medio > 3,5). Ho ipotizzato che tali società permanessero nei tre portafogli per 4 settimane e che ogni quattro settimane il riassortimento dei portafogli fosse realizzato in base al rating corrente alla data del riassortimento. La simulazione è stata condotta dal 30 marzo 2001 al 3 febbraio 2006.

I risultati della simulazione, al lordo delle commissioni di negoziazione, sono risultati essere i seguenti:


RatingRatingRatingS&P 500
mediomediomedio
1 - 2,52,51 - 3,493,5 - 5
BuyHoldSell
Numero medio di società15729845500
Rendimento annuo comp.8,1%11,1%16,4%4,7%


Si consideri che i portafogli estratti contengono azioni equipesate e questo - in abbinata all'effetto 'dimensione' (equity capitalization effect) sulle performance delle società di minore capitalizzazione - spiega perché tutti i portafogli estratti abbiano battuto l'indice S&P 500, che è un indice ponderato per la capitalizzazione delle società che lo compongono.

Che questo effetto - ipotizzato da French & Fama a base della teoria dei tre fattori - esista effettivamente è facilmente verificabile con il seguente banale test: si equipesino le prime 500 società quotate statunitensi e si realizzi ogni 4 settimane il ribilanciamento di portafoglio. Nel periodo 30 marzo 2001 - 2 febbraio 2006 il rendimento lordo di questo ipotetico portafoglio sarebbe stato del 10% contro il 4,7% dell'indice S&P 500. Questo effetto presenta alcune conseguenze sulle quale mi soffermerò tra breve.

Pur sotto questo vincolo dell'equipesatura dei titoli nei portafogli, i portafogli composti da titoli con i rating più bassi hanno mediamente registrato una performance doppia rispetto a quella dei portafogli composti da titoli con rating più elevato. La spiegazione più logica, coerente con l'ipotesi del mercato efficiente, appare essere quella perciò le società che sono più consigliate dagli analisti finanziari sono quelle che hanno già maggiormente scontato nei loro prezzi il giudizio favorevole della comunità finanziaria.

Ma esiste anche una seconda spiegazione: gli analisti finanziari tendono a concentrare le loro analisi sulle società a maggiore capitalizzazione e, per questo, sono vittime dell'effetto di capitalizzazione descritto da French & Fama. Inoltre, poiché le società minori sono meno monitorate, per queste è maggiormente probabile l'effetto 'earning surprise', mentre quelle maggiori, maggiormente 'coperte', scontano maggiormente nel prezzo le loro prospettive future e tra esse il mercato è più efficiente.

Ho condotto una controprova, inizialmente selezionando le 50 società che presentavano la più elevata percentuale d'analisti che esprimevano giudizi di buy e strong buy (sulle singole società) sul totale degli analisti che le seguivano e, successivamente, sezionando le 50 società che presentavano la percentuale più bassa di buy e strong buy. Infine, ho selezionato le 50 società che presentavano le più elevate percentuali d'analisti che suggerivano strong sell sul totale degli analisti che le seguivano.

I risultati della simulazione, al lordo delle commissioni di negoziazione, sono risultati essere i seguenti:


% più alta di% più bassa di% più alta diS&P 500
rating 1 e 2rating 1 e 2rating 5
Numero di società505050500
Rendimento annuo comp.8,8%12,6%15,1%4,7%


Considerazioni

Questi risultati potrebbero prestarsi ad una banale liquidazione dell'utilità del lavoro degli analisti finanziari, ma si prestano, in realtà, ad una serie di riflessioni ben più importanti:

ü i fondi comuni sono normalmente orientati a pesare i titoli in portafoglio in base alla capitalizzazione di borsa delle società quotate. Con questa prassi essi rinunciano all''effetto capitalizzazione' descritto da French & Fama. Per essere più diretti, un Etf che equipesasse i 500 titoli dello $&P 500 batterebbe gli Etf tradizionali che ponderano gli investimenti in base alla capitalizzazione delle società quotate;
ü le performance degli analisti finanziari sono vittime dello stesso 'effetto capitalizzazione' in quanto gli analisti tendono normalmente a concentrarsi sulle società maggiori, ma le performance dei loro giudizi vengono normalmente calcolate con medie aritmetiche semplici e non medie aritmetiche ponderate per la capitalizzazione delle società da essi giudicate;
ü per quanto si tenda normalmente ad argomentare in termini di generica 'efficienza' del mercato azionario, è ragionevole supporre che l'efficienza del mercato azionario tenda ad aumentare con l'aumento della capitalizzazione delle società. In quell'area di mercato è più arduo conseguire extraperformance, in quanto le quotazioni delle società maggiori, maggiormente monitorate, scontano maggiormente nei prezzi le loro prospettive di crescita;
ü la relazione inversa riscontrata tra i giudizi degli analisti e le loro performance accredita le strategie di tipo 'contrarian'. Queste strategie non rappresentano il mero vezzo narcisistico di una minoranza di investitori, ma affondano le loro radici in motivazioni che hanno un riscontro empirico: comprando i titoli strong sell si ottengono risultati migliori che comprando i titoli buy e strong buy.

Infine, esiste una riflessione finale ancora più rilevante: questi risultati gettano un'ombra sull'efficacia dei processi d'investimento basati su approcci quali-quantitativi dominati dalla discrezionalità umana in contesti altamente complessi come è il mercato azionario statunitense. Questa è la ragione per cui è particolarmente difficile trovare fondi azionari USA che offrano performance migliori dei benchmark con una certa regolarità. Ho già trattato questo tema nel mio pamphlet Gli investimenti azionari ed il caso, reperibile al link

http://www.freeonline.org/guide/investimenti_azionari.htm

e credo che questi risultati confermino la necessità di una riflessione serie da parte degli operatori del settore.



Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf



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