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Quando Panerai è più convincente di Fazio

Milano Finanza del 9 Luglio u.s. ha pubblicato due articoli d’estremo interesse sul tema delle due contro-opa in atto rispettivamente su Banca Antonveneta e su BNL. Li commento dopo aver atteso il tempo necessario per far decantare i pensieri perché Paolo Panerai è un giornalista capace e di estrema intelligenza ma sul quale esistono diffusi pregiudizi e non volevo evitare che il mio apprezzamento potesse apparire frutto di un giudizio anch’esso favorevolmente preconcetto.

di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:45
Il primo dei due articoli in oggetto è stato il fondo 'Orsi & Tori' dello stesso direttore, dedicato sostanzialmente alla tela tessuta da Unipol per conquistare la BNL e sottrarla al Banco di Bilbao. Cosa ha scritto di tanto sconvolgente Panerai per suscitare il mio interesse?

In sostanza, Panerai ha messo in dubbio, cifre alla mano, non solo la capacità di Unipol di saper gestire una banca ma persino di svolgere efficacemente il ruolo di assicuratore in un regime di piena concorrenza non protetto dalla rete politica del mondo delle cooperative. L'attenzione di Panerai si è soffermata sul mancato decollo di Unipol Banca al punto da non riuscire neppure ad essere la banca di appoggio degli agenti della compagnia.

Se alle riflessioni di Panerai si aggiunge che il candidato predatore capitalizza 2,7 miliardi di euro e la candidata preda ben 8 miliardi, appare lampante come l'interrogativo posto con cinica lucidità da Panerai, di 'come l'autorizzazione ad Unipol a prendere il comando della banca romana possa garantire l'obiettivo istituzionale della banca centrale di operare per la stabilità e la sicurezza del sistema bancario' , sia del tutto giustificato. Assai più giustificato che per il Banco di Bilbao al quale, tuttavia, era stata opposta dalla Banca d'Italia una condizione di controllo maggioritario sulla BNL che, prima d'essere 'rimangiata' con una inversione ad U che ha rappresentato una vera e propria 'ritirata dall'insostenibile leggerezza di Fazio', è apparsa capziosa e arbitraria anche al più ingenuo e mite degli osservatori.

A pag. 13 dello stesso numero di Milano Finanza, Fabrizio Massaro firmava l'articolo 'Le trentasette volte di Fiorani', con riferimento alle 37 cessioni di quote di minoranza di partecipazioni della Popolare Italiana. Tante, infatti, erano state le cessioni di quote di minoranza effettuate dalla Popolare Italiana per rafforzarsi patrimonialmente e rientrare nei minimi di vigilanza, avendo come sponde acquirenti la Deutsche Bank, la Dresdner Bank e l'incubatore E-Archimede.

L'articolo sosteneva che i contratti di cessione di queste partecipazioni fossero privi delle clausole di prassi nelle compravendite di partecipazioni di minoranza in società non quotate, (way out, regole di governance, diritti di co-vendita ecc.). In assenza di tali clausole, il dubbio ragionevole era che tali compravendite fossero, in realtà, dei portage mascherati da cessioni che, conseguentemente, implicavano l'obbligo di riacquisto a termine di tali minoranze da parte della Popolare Italiana, in altri termini che nascondessero opzioni put esercitabili dai compratori.

Ora, nessuno può affermare con certezza che quelle cessioni siano in realtà dei portage ma, se fosse per davvero confermata l'assenza di quelle clausole tipiche del private equity in quelle 37 cessioni, allora presso le due banche tedesche e l'incubatore bresciano dovrebbero essere in preparazione lettere di licenziamento per quei dirigenti che hanno acquistato quelle partecipazioni così a cuor leggero. Terzium non datur.

Ma la notizia di tali lettere di licenziamento non si è ancora diffusa, cosicché confesso che la luce verde concessa da Bankitalia alla contro-opa di BPI su Antonveneta mi lascia sconcertato come Alice nel Paese delle Meraviglie. Bankitalia si è veramente bevuta tutta questa storia, nonostante la 'approfondita istruttoria'?

Ancora una volta, la stampa svolge un ruolo essenziale nell'esercizio della critica sul potere delle istituzioni e, anche in quest'occasione, due utili articoli d'un diffuso settimanale hanno consentito di mettere in luce aspetti inediti ed inquietanti della battaglia impari che si combatte per il controllo di due importanti banche italiane.

Certo che, quando si comincia a pensare che un giornalista potrebbe svolgere il ruolo di Governatore con più equilibrio di giudizio del Governatore stesso, allora significa proprio che la crisi di credibilità delle istituzioni ha veramente toccato il suo culmine. Ovviamente provvisorio. E senza offesa per i giornalisti.


Paolo Sassetti


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