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Perchè sono un analista quantitativo "bruto" (French & Fama, variazioni sul tema - aggiornamento di fine aprile 2006)

French e Fama, universalmente conosciuti almeno di nome da un vasto pubblico di investitori, ma magari meno conosciuti nell'applicabilità concreta delle loro teorie. Una lacuna che Paolo Sassetti colma oggi, con una iniziativa che va oltre la semplice teoria. Da non perdere.

di La redazione di Soldionline 27 apr 2006 ore 12:00
Nelle ultime quattro settimane tutti i modelli azionari America hanno superato l'indice S&P 500 in varia misura:



I risultati cumulativi lordi, ormai pari a quasi 6 mesi di paper trading, sono i seguenti:


Il modello nr. 3 continua distinguersi per la regolarità delle overperformance (assenza di mesi in perdita), senza scosse di rilievo, come era già stato evidenziato nel backtesting. Il modello nr. 3 è l'unico dei cinque che non si ispira alla teoria dei tre fattori di French & Fama, ma anch'esso applica una teoria finanziaria accredita, che fa riferimento all'efficienza informativa dei mercati e ne sfrutta le imperfezioni.

Nell'interpretare questi risultati lordi, si consideri che:

· i modelli operano sul mercato azionario USA, il più efficiente e difficile del mondo;
· i portafogli sono ampiamente diversificati, il che notoriamente rende più difficile battere il benchmark;
· per quanto breve, la serie storica dei rendimenti virtuali del nostro esperimento in tempo reale è coerente con la simulazione di backesting presentata nello studio del Settembre 2005;
· dall'inizio dell'anno i fondi/sicav azionari USA Large Cap armonizzati hanno ampiamente perso terreno sul benchmark.

Infatti, da questo mese presentiamo, evidenziati in rosso nell'ultima riga della tabella, anche il rendimento cumulativo lordo Year to Date 2006 dei 5 modelli.

Questa statistica consente un primo approssimativo confronto col rendimento medio Year to Date (al 24 Aprile 2006) dei fondi azionari America armonizzati e con quello dei primi quattro classificati di ogni categoria Morningstar (che, per necessaria chiarezza, tali rendimenti sono al netto dei costi e, per quanto riguarda i fondi di diritto italiano, anche del prelievo fiscale), anch'essi evidenziati in rosso per agevolare il confronto con le performance dei nostri modelli:


Pur rettificando le performance lorde dei costi e delle commissioni figurative, è evidente che i quattro modelli large cap (1-2-3-5), con un performance lorda del +7,2%, si posizionerebbero oltre la media e nella fascia alta della classifica dei fondi large cap America.

Inoltre, si consideri che le performance dei fondi e quelle dei nostri modelli non sono omogenee, questa volta a favore dei fondi ed a sfavore dei nostri modelli, in quanto:

1. le performance dei 5 modelli sono calcolate a partire dai valori di chiusura del 3.1.2006...
2. ... mentre le performance dei fondi sono calcolate a partire dai valori di chiusura del 30.12.2005 (ultimo giorno di mercato aperto del 2005);
3. la giornata del 3.1.2006 (prima giornata di borsa del 2006) ha registrato un progresso dell'1,64% nell'indice S&P 500 che, ovviamente, non è recepita nella performance Year to Date dei nostri modelli ma solo in quelle dei fondi America. Questo spiega perché il valore del benchmark per i nostri modelli è leggermente diverso da quello per i fondi (3,2% vs. 4,9%);
4. per cui, in sostanza, i fondi azionari America hanno beneficiato di un maggior rialzo di mercato dell'1,64% rispetto ai nostri modelli e, ciononostante, si trovano ben sotto di essi.

Infatti, il rendimento medio Year to Date 2006 delle tre singole categorie Large Cap America (compreso tra -0,4% e +1,7%) ed il rendimento medio ponderato Year to Date dei 420 fondi azionari America Large Cap armonizzati disponibili ai risparmiatori italiani (+0,4%) restano tutti largamente sotto l'indice S&P 500 (+4,9%).

Si tratta di valori medi di comparto, ovviamente; un'analisi disaggregata segnala risultati eccellenti, ma anche performance con segno assoluto negativo per alcune società. Pertanto, anche nel primo scorcio dell'anno 2006 il mercato azionario USA si conferma essere la 'bestia nera' per la media delle società di gestione.

Per esporre due dati di sintesi, al 24 Aprile 2006 (meno di 4 mesi di operatività):
· la media dei nostri 4 modelli Large Cap America batte lo S&P 500 (al lordo dei costi) del 4%
· la media dei 420 fondi Large Cap America è battuta dallo S&P 500 del 4,5%

La considerazione più generale che emerge da questo confronto è che una modellistica (a) sviluppata in economia, (b) sotto l'ispirazione di studi di pubblico dominio (e, quindi, niente affatto segreti), (c) che utilizza mezzi informatici modesti e (d) richiede un aggiornamento mensile dei portafogli (quindi poco labour intensive anche se knowledge intensive) si è posizionata ben oltre il rendimento medio dei fondi del comparto America Large Cap.

Ancora sull'equipesatura dei titoli in portafoglio

Torno brevemente sul tema dell'equipesatura dei titoli in portafoglio. Questa scelta ha due motivazioni:

1. i modelli utilizzati hanno un potere predittivo per gruppi di società e non per singole società delle -quali non è possibile valutare lo specifico potenziale di upside da un mese all'altro. Questa impossibilità di per sé stessa giustifica concettualmente l'equipesatura dei titoli in portafoglio;
2. come ho dimostrato analiticamente in un precedente articolo ('Quanto vale l'opinione degli analisti finanziari?', al link http://urlin.it/b7c), e coerentemente con la teoria dei tre fattori di French & Fama, anche all'interno dello stesso indice S&P 500 si registra un effetto small cap (che, poiché operiamo all'interno dell'S&P 500, più correttamente dovremmo chiamare effetto 'smaller cap'), il quale determina, tendenzialmente, una maggiore rivalutazione delle società a minore capitalizzazione rispetto a quelle a maggiore capitalizzazione. Equipesando in un portafoglio società che presentano capitalizzazioni di borsa assai diverse, a lungo andare si cattura una parte di questo fenomeno, ovverosia si sfrutta almeno parzialmente l'effetto 'smaller cap'. Questo fenomeno non riguarda solo l'indice S&P 500 ma è trasversale anche ad indici settoriali.

In realtà, nella pratica operativa non pare realmente necessario ribilanciare tutti i mesi i titoli al 2% del portafoglio. Solo quei titoli il cui peso si scostasse eccessivamente (ad esempio del 10% o del 15%) dal peso originario dovrebbero essere oggetto di ribilanciamento.

Il paper trading come metodo di sperimentazione

I cinque portafogli virtuali sono stati ideati per favorire una forma di 'acclimatamento mentale' dei potenziali utilizzatori attraverso il 'paper trading'. Il monitoraggio in tempo reale, seppur dispendioso in termini di tempo, consente ad un utilizzatore potenziale di comprendere i vantaggi e gli svantaggi della metodologia (soprattutto la sua volatilità relativa rispetto al benchmark), senza ingenerare le 'crisi psicologiche di rigetto' che talvolta si registrano al primo rovescio di performance, quando si usa denaro reale. Se voi decidete di implementare il sistema con capitali reali, dovete essere particolarmente resistenti al mal di mare, mentre il paper trading consente un'analisi più fredda e distaccata.

Un secondo vantaggio del paper trading in tempo reale è che consente di risolvere, senza rischi economici, i dubbi sull'esistenza di fenomeni di data mining/overfitting, che in teoria sono sempre possibili nei backtesting dei sistemi d'investimento, anche se meno frequenti e probabili nei modelli fondamentali rispetto a quelli tecnici.

Questa del paper trading è una componente fondamentale della strumentazione di chi intende fare scouting di gestori/metodologie.

Il portafoglio small cap

È allo studio un possibile cambiamento dell'universo delle società utilizzate dal portafoglio small cap, per consentirgli di operare su società più liquide. L'idea su cui si lavora è d'innalzare la capitalizzazione minima delle società dell'universo investibile. Vi terrò aggiornati.

Un caso di riduzione di liquidità del titolo è offerto dalla Chaparral Resources, che compare nel portafoglio 4. La Chaparral Resources (CHAR) è una piccola società di prospezione ed estrazione petrolifera che opera in Kazakhstan. Nel 2005 ha registrato una crescita del fatturato del 92% e dell'utile netto del 250% rispetto al 2004. Controllata dalla russa Lukoil, la Chaparral Resources è stata fatto oggetto di una proposta di fusione con una consociata della stessa Lukoil e questa proposta ha dato origine ad una class action degli azionisti di minoranza per l'inadeguatezza delle condizioni offerte. In seguito a questi eventi, la liquidità del titolo si è rarefatta. Va sottolineato che questo tipo di litigation conferma l'esistenza di in forte interesse sul titolo e la caratteristica 'value' della società.

La filosofia dell'analista quantitativo 'bruto'

Il periodo 27 Marzo - 24 Aprile 2006 ha offerto un esempio della selettività di una modellistica 'fondamentale' imperniata su un approccio sistematico-statistico che non ha la pretesa di fare previsioni sulle performance assolute delle singole società selezionate, bensì, solo sull'overperformance totale delle società considerate come 'gruppo' unico ed indivisibile.

I modelli, ovviamente, utilizzano alcuni criteri quantitativi per stabilire la (sotto)valutazione relativa delle società quotate, ma tali criteri, per quanto possano essere scientificamente validi, si rivelano spesso inadeguati quando sono applicati (quasi occasionalmente) a quelle singole società che cadono (quasi casualmente) sotto l'attenzione di investitori che operano con una filosofia discrezionale.

Quegli stessi criteri si rivelano più precisi e meno erratici nei risultati complessivi quando, utilizzati per estrarre un solo decile d'azioni dall'indice S&P 500, - per così dire - 'raschiano il fondo del barile' del mercato azionario.

Sotto il profilo operativo e psicologico al tempo stesso, tuttavia, questo operare 'raschiando il fondo del barile' implica il riconoscimento della prevalenza di parametri quantitativi bruti su un giudizio qualitativo più articolato e complesso che lo può in qualche modo temperare (Es.: 'Si questa società ha un net cash flow/equity più alto di quella, ma ...'). In quel 'ma' risiede talvolta la trappola dell'eccezione (ai parametri quantitativi) trasformata in regola ...

Sia chiaro: la valutazione quantitativa su una singola società 'temperata' dal giudizio qualitativo di un analista finanziario capace può rivelarsi più corretta rispetto alla valutazione quantitativa 'bruta' che, di per se stessa, è spesso schematica e semplificatoria.

Tuttavia, poiché (a) non mi ritengo un analista finanziario abbastanza capace per esprimere giudizi qualitativi corretti con un basso tasso di errore (!) e poiché (b) esiste evidenza che i parametri quantitativi 'bruti', per quanto fallaci sulle singole società, compensano gli errori quando si opera su campioni abbastanza ampi di società quotate (diciamo da 10-15 società in su), ho ritenuto da tempo che è preferibile operare come un analista quantitativo 'bruto' anziché come analista finanziario quali-quantitativo (in realtà, confesso che non 'è preferibile', è che il mio Q.I. mi non offre molte alternative ...).

Autoironia a parte, c'è anche un terzo punto (c) che spiega perché, se non si è analisti finanziari dalle qualità nettamente superiori, è preferibile dedicarsi all'analisi quantitativa 'bruta' anziché a quella quali-quantitativa.

Una conclusione cui sono giunto negli anni, ovviamente con il conforto di una certa evidenza empirica, è che i mercati azionari hanno un loro 'inconscio collettivo' che - per la maggior parte del tempo - è governato dalle previsioni a breve termine (12-18 mesi al massimo) degli analisti finanziari, le quali previsioni sono mediamente abbastanza corrette.

La correttezza delle previsioni degli analisti finanziari, sia chiaro, riguarda (1) non i target price (dove gli errori previsivi sono la norma), bensì (2) le previsioni di redditività e di crescita delle società (3) elaborate dagli analisti finanziari a livello aggregato (di consensus) (4) e solo quelle a breve termine.

In altri termini, i miei colleghi analisti finanziari, singolarmente presi, possono fare pasticci sui target price e sulle proiezioni di redditività delle società coperte, specie su quelle a lungo termine, e sui rating ma mediamente, a livello aggregato di consensus, anche se continuano a sbagliare i target price, i rating (buy, hold, sell), ecc., tuttavia normalmente azzeccano abbastanza le previsioni di crescita e redditività delle singole società a breve termine (ad esempio, l'utile di consensus della Fiat nel 2006 ma non nel 2007 o nel 2008). L''inconscio collettivo' del mercato ne è consapevole, considera queste variabili a breve termine e ne viene in qualche modo condizionato.

Ora, un primo problema è che, invece, a livello conscio, gli investitori (anche quelli professionali), tra tutte quelle disponibili sul mercato, normalmente utilizzano le informazioni sbagliate o, in ogni caso, quelle meno utili. Mentre si concentrano su quelle informazioni nelle quali i singoli analisti sono maggiormente fallaci (i target price, le previsioni di lungo termine, i rating, ecc.), la cosa più sensata sarebbe, in realtà, utilizzare solo quelle previsioni di consensus a breve termine degli analisti finanziari che presentano il minor tasso sistematico d'errore.

Ovviamente, questa è solo la 'materia prima' della modellistica quantitativa, poi bisogna 'shakerarla' con i modelli adeguati per tirarci fuori risultati che abbiano un senso logico ed economico.

In secondo luogo, anche quando gli investitori utilizzano previsioni/variabili corrette, di solito non lo fanno su una base comparativa completa, ma solo valutando ogni società a confronto di poche altre società comparabili conosciute e, in tal modo, pur utilizzando informazione relativamente 'precise', prendono ugualmente decisioni d'investimento che presentano un elevato grado di casualità, non perché siano stupidi od incompetenti, ma semplicemente perché la loro mente limitata ha potuto scandagliare e confrontare solo una piccolissima parte dell'universo investibile e le sorprese più spesso provengono proprio dalla porzione inesplorata dell'universo (il portafoglio-tipo del fondo-azionario-America-tipo perdente - fateci caso - è spesso composto da società quali General Electric, Microsoft, Exxon, Citigroup, Bank of America, ecc. che, non solo non colgono l'effetto smaller cap, ma tipicamente sono anche 'prezzate' nel modo più efficiente e, pertanto, difficilmente possono offrire extrarendimenti e, per giunta, sono tipicamente sovrapesate: è il portafoglio-tipo che sta sotto il benchmark).

In altri termini, anche quando i processi d'investimento adottati sono razionali, nella maggior parte dei casi la loro razionalità è limitata ad una porzione limitata dell'universo investibile, specie quando i mercati d'investimento sono continentali. La stessa organizzazione verticale dell'analisi finanziaria per settori (telecom, media, automotive, oil, ecc.) contribuisce ad alimentare questo fenomeno di razionalità limitata che - ma solo in linea teorica - dovrebbe essere superato dalla sintesi suprema degli strategist, una categoria di presunti super-analisti. Ma è pura illusione. I risultati che ho appena commentato sulle performance dei fondi azionari America Large Cap sono lì a testimoniare in maniera assai chiara l'esistenza di questo problema strutturale.

Se si parte da questa visione empirico-filosofica dei mercati azionari efficienti, si deve anche concludere che la lettura analitica dei singoli report elaborati sulle società quotate è - mediamente - tempo lavorativo male impiegato (anche se so che qualcuno mi toglierà il saluto per questa affermazione).

Perché ho scritto questa lunga conclusione che potrebbe apparire oziosa? La ragione è che la consapevolezza (a) della razionalità limitata della mente umana e (b) della natura e dell'orizzonte temporale delle leggi psicologiche ed economiche che governano l'equilibrio dei mercati azionari efficienti, l'effetto smaller cap, l'effetto di revisione degli utili sulla dinamica dei mercati, ecc. ecc., la consapevolezza di tutto ciò è assai più importante della modellistica che ne deriva o, per lo meno, viene logicamente prima della stessa modellistica. Spesso l'attenzione di alcuni interlocutori si sofferma sulle 'formule' non esplicitate dei modelli ma chi non avesse metabolizzato questa filosofia non saprebbe utilizzare le formule con piena convinzione ed abbandonerebbe la modellistica al primo rovescio.

Prossimo aggiornamento: Lunedì 22 Maggio 2006.



Domani in allegato

French & Fama Modified Models April 24, 06.xls

Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf



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