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Matematica finanziaria per investitori previdenti

Negli ultimi mesi sono stato quasi preso d’assalto dai lettori della rubrica che mi chiedono opinioni sulle più disparate questioni finanziarie, evidentemente fidando in una cultura enciclopedica che confesso di non avere, oltre a mancarmi il tempo per poter dare ad ognuno una risposta individuale.

di La redazione di Soldionline 20 set 2006 ore 11:27
Il vantaggio di ricevere tante domande, tuttavia, è quello di poter verificare quali sono le questioni su cui i risparmiatori sono più spesso ansiosi o nutrono più frequentemente idee confuse, questioni nelle quali, invece, per la loro delicatezza, la confusione andrebbe evitata.

Una delle domande più ricorrenti è quella di come costruirsi una rendita/pensione integrativa attraverso piani di accumulo individuali e volontari. Essendo una domanda ricorrente, merita una trattazione pubblica.

Ancora una volta prendo le mosse dalla lettera di un lettore:

'Ho l'esigenza per mia moglie - 39 anni, (supplente nella scuola + lezioni private a casa) - di crearle una sorta di rendita/pensione per la vecchiaia (anche in considerazione del mio reddito non alto e del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo). Ad oggi ha solo un paio di anni di contribuzione ... Scartata per il momento l'ipotesi di partecipazione ad un fondo pensione chiuso (fondo Espero) in quanto le prestazioni lavorative sono spezzettate e non durevoli e dato il mio scetticismo nei confronti dei prodotti assicurativi e bancari unitamente ad una mancanza di dimestichezza nei confronti del mercato borsistico, le chiedevo se potesse fornirmi un consiglio pratico e semplice per realizzare tale obiettivo tenendo conto:

1) la mancanza di finalità speculative

2) propensione al rischio bassa (vedi le finalità previdenziali)

Io avevo pensato di acquistare dei buoni postali a termine di 500,00 euro cadauno come una sorta di PAC (con cadenza trimestrale) poi alla fine del periodo di 20 anni, ritirarli mese per mese o trimestre x trimestre così da costruire una rendita. Potrebbe rappresentare una buona soluzione in alternativa alle assicurazioni e/o fondi pensioni integrativi? Se ha qualche altro consiglio, le sarei davvero grato'.

La domanda è breve e chiara, una risposta completa richiederebbe una lunga trattazione. Eccezionalmente ho fornito privatamente una sintetica risposta al lettore, ma quanto egli ha scritto consente di sviluppare un tema sul quale vengono nutriti gravi interrogativi: quanto si deve risparmiare ed investire per costituirsi una rendita integrativa? E come farlo?

Oggi non vi voglio parlare di strumenti di investimento ma solo di matematica finanziaria. Matematica Finanziaria I (uno) è un esame che normalmente si sostiene al primo anno di Economia e Commercio. Conta di un po' di noiose formulette che, tuttavia, nella fattispecie, ci tornano molto utili. Farò ricorso ai concetti di quell'esame di base.

Anche questa volta svilupperò il ragionamento per punti:

1) quando si ipotizzano piani di accumulo volontari intesi a creare una rendita a fine lavoro, cioè a partire da quando non si risparmierà più, la rendita periodica (che, per semplicità di comprensione e di calcolo, qui tratto come annuale posticipata) che potrà essere pagata a partire dal termine del periodo di accumulo dipenderà da
(a) la lunghezza del periodo di accumulo, cioè la lunghezza del periodo per cui si è risparmiata una cifra fissa (20 anni? 30 anni? 40 anni?),
(b) la cifra periodica che si è risparmiata,
(c) il tasso di rendimento composto medio annuo al quale si ipotizza di investire in questo periodo (3%?, 4%?, 7%, ecc.),
(d) la lunghezza del periodo in cui si pensa di incassare la rendita,
(e) il tasso di rendimento che si ipotizza di spuntare sul capitale residuo nel periodo in cui si paga la rendita;

2) in questo conteggio, dunque, debbo farsi svariate ipotesi su variabili molto aleatorie:
(a) per quanti anni risparmierò? (è la variabile meno aleatoria perché dipende dalla volontà del soggetto, ma i piani di accumulo volontari sono sempre soggetti alla tentazione di trasformare il risparmio in consumo o in investimento non produttivo);
(b) quanto risparmierò ogni anno? (siate sinceri con voi stessi),
(c) a quale tasso di rendimento medio impiegherò i miei risparmi? (bella domanda, vedremo quali sono le risposte possibili in via teorica),
(d) quando sarò in pensione e ragionevolmente non risparmierò più, quanti anni vivrò? (qui ci vengono in soccorso le statistiche sulla speranza della vita media, se vivrò effettivamente più di quanto ho pianificato a tavolino, negli anni in eccesso non potrò pagarmi alcuna rendita perché avrò già esaurito tutto il capitale, se vivrò di meno di quanto pianificato i miei eredi erediteranno un piccolo capitale residuo),
(e) a quale tasso di interesse investirò i capitali che mi residuano man mano che incasso la rendita integrativa, cioè da quando sono in pensione? (la riposta più ragionevole è che investirò i capitali sostanzialmente al tasso dei titoli di Stato, in quanto - una volta in pensione - non voglio correre gravi rischi d'investimento);

3) facciamo un'ipotesi operativa suggerita dalla lettera del lettore: un privato realizza un piano di accumulo per 20 anni investendo in titoli di stato a breve termine, poi si paga una rendita per 20 anni. È un'ipotesi che, con le poche informazioni di cui dispongo, può avvicinarsi molto all'idea esposta dal lettore. Infatti, la moglie del lettore (circa 40 anni) potrebbe decidere di risparmiare per 20 anni e potrebbe ritenere che la sua speranza di vita coincida con gli 80 anni;

4) a questo punto è necessario che al risparmiatore sia chiara la differenza tra tasso di interesse nominale e tasso di interesse reale. L'interesse nominale è quello che ricava (nominalmente) dai suoi investimenti, quello reale è l'apprezzamento dell'interesse nominale rispetto al tasso di inflazione (quello vero, non quello Istat). Se il rendimento nominale degli investimenti è pari al tasso di inflazione, cioè il loro rendimento reale è pari a zero, il risparmiatore ha solo difeso il potere di acquisto del suo risparmio, non lo ha incrementato. Ora, il rendimento reale dei titoli di stato breve termine nel lungo periodo è sostanzialmente vicino a zero. Questo vuol dire che se risparmio 500 euro al trimestre (2000 euro all'anno) e li investo in prodotti monetari a tasso di interesse reale sostanzialmente pari zero, quando poi mi pago la rendita tra venti anni sul capitale accumulato, anche se il valore nominale della rendita può apparire molto elevato, il suo valore reale è minore, esattamente pari a quanto versato (lo dimostrerò matematicamente fra breve). In altri termini, se investo 2.000 euro all'anno per 20 anni ad un tasso di interesse reale zero e poi spendo il capitale nei 20 anni successivi, di fatto spendo 2.000 euro all'anno (reali, al potere di acquisto odierno). Per essere più chiari e diretti, nel mio ufficio ho incorniciata una banconota del 1993 di un miliardo di dinari yugoslavi (proprio così!) della Yugoslavia post-Tito, credete che questa banconota faccia di me un miliardario?

5) questa è la ragione vera per cui i fondi pensione dei paesi finanziariamente evoluti investono in azioni piuttosto che in titolo di Stato: il rendimento reale delle azioni è positivo, non zero come i titoli di Stato e, quindi, i fondi pensione possono pagare pensioni più elevate che non siano semplicemente un differimento nominale nel tempo degli stessi risparmi (quantitativamente parlando) effettuati in passato (che è quello che, in effetti, avviene se investite a tasso di interesse reale pari a zero). Il fondo pensione Calpers degli insegnanti della California, circa 200 miliardi di dollari di attivo, investe stabilmente i 2/3 del suo attivo in azioni quotate, il resto in obbligazioni ed immobili;


6) pertanto, la pensione integrativa che potrete pagarvi con un piano di accumulo volontario sarà tanto più elevata quanto
(a) più lungo sarà stato il periodo di accumulo (trenta anni anziché venti),
(b) quanto più elevato sarà stato il risparmio periodico (annuale) investito (5.000 euro anziché 2.000),
(c) quanto più elevato sarà stato il tasso di rendimento medio annuo del vostro risparmio (7% anziché 4%),
(d) quanto più breve sarà il periodo per cui volete pagarvi una rendita integrativa (la vita residua effettiva da quando sarete in pensione, i miei migliori auguri in proposito),
(e) quanto più elevato è il rendimento cui potete investire nel periodo del prelievo del capitale (tipicamente, il rendimento reale zero dei titoli di stato a breve termine);

7) tutti questi ragionamenti sono sintetizzabili in semplici formule finanziarie che ho riprodotto nel file in Excel qui allegato (Rendita.xls). Con questo file potete fare alcune semplici simulazioni senza ricorrere ad un attuario. Ho fatto delle ipotesi che possono apparire discutibili, ma mi servono per dimostrare alcuni concetti di cui gli investitori spesso si scordano. Ho ipotizzato che la moglie del lettore risparmiasse 2.000 euro all'anno come dichiarato (per semplicità ho ipotizzato che li investisse alla fine di ogni anno, ma ipotesi diverse - pagamenti trimestrali - cambiano le conclusioni solo in maniera marginale), che li investisse al 3,5% (rendimento dei BTP a lunga scadenza, non dissimile dai Buoni Postali) sia nei 20 anni del periodo di investimento, sia nei 20 anni del periodo del pagamento della rendita. Inoltre, ho ipotizzato che il tasso di inflazione 'vero' sia del 3,5%. Sotto queste ipotesi il piano di accumulo consente solo di preservare il potere di acquisto di quanto versato. Nei venti anni del periodo di accumulo la risparmiatrice in questione avrà risparmiato globalmente 40 mila euro, il cui valore nominale futuro sarà di 56.559 euro grazie agli interessi percepiti e reinvestiti. Da quella data, la risparmiatrice potrà pagarsi una rendita annuale (posticipata) di 3.980 euro per 20 anni. Tuttavia, poiché il valore reale dei 56.559 euro accumulati in realtà è 28.425 euro (a valori reali di oggi, 2006, quando parte il piano di accumulo), la rendita annuale nominale di 3.980 euro ha un valore reale di 2.000 euro di oggi (ecco la dimostrazione matematica). E, se ben ci pensate, anche sotto il profilo della pura logica non può essere diversamente: se per 20 anni risparmiate e difendete solo il potere di acquisto della moneta e poi nei 20 anni successivi prelevate, ovviamente non potete prelevare realmente (cioè in termini reali) più di quanto avete versato. Il piano di accumulo serve solo per proteggere il potere di acquisto del posponimento del consumo. La pura logica viene confermata dalla matematica finanziaria ...




Col file Rendita.xls potete fare tutte le simulazioni che volete, cambiando gli input a piacimento, e vi renderete conto di quale rilevanza abbiano le ipotesi per la costruzione di una rendita integrativa realisticamente conseguibile nel tempo.

E, probabilmente, vi renderete anche conto quanto normalmente si sottovalutino le gravi conclusioni cui immancabilmente ci conduce la matematica finanziaria: volenti o nolenti, molto si gioca su quel tasso di rendimento atteso al quale in futuro impiegherete effettivamente i vostri risparmi. Provate a simulare di risparmiare 5.000 euro all'anno per 30 anni e analizzate quale differenza di rendita è determinata dalla differenza di un solo punto percentuale annuo di rendimento ....

In questo risultato avete spiegata la ragione per cui i fondi pensione sono sostanzialmente indicizzati. Poiché la maggior parte dei gestori sottoperforma gli indici, indicizzare i portafogli pensionistici a basso costo consente, in realtà, di aumentare le rendite pensionistiche che potranno essere erogate.

Ora capite perché, se i piani di accumulo individuali volontari vengono implementati attraverso fondi comuni, scegliere il fondo sbagliato (che è più probabile che avvenga rispetto a scegliere i fondi giusti) può avere conseguenze disastrose sulla vostra rendita integrativa futura, ma ve ne renderete conto solo tra venti o trenta anni quando non sarà più possibile porre rimedio.

E, se avete paura a selezionare i fondi comuni, allora un piano di accumulo con Etf non comporta soverchie differenze (sotto il profilo finanziario) rispetto alla sottoscrizione di un fondo pensione chiuso e normalmente è persino più conveniente rispetto alla sottoscrizione di un fondo pensione aperto (che è normalmente molto più costoso). I vantaggi fiscali dei fondi pensione, infatti, non sono decisivi, anche se un fondo pensione ha il vantaggio non secondario che vi pagherà la pensione integrativa finché vivrete ...

Come dite? È tutto sbagliato perché ho sovrastimato l'inflazione? Beati voi che lo credete ...


Il file Rendita.xls si può scaricare qui



Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf




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