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Magnetismo e combustione nei motori a scoppio: un rapporto controverso

Paolo Sassetti ha ingegnerizzato e prodotto un dispositivo antinquinamento, ancora in fase di test. È interessante andare alle radici storiche e teoriche di ciò che ha sviluppato. Che risalgono alla metà del 1800, in una conoscenza dimenticata e negata dal grande pubblico, e condivisa solo presso un ristretto gruppo di ricercatori scientifici refrattari ai dogmi.

di La redazione di Soldionline 31 lug 2007 ore 16:52

Sul tema dell'influsso del magnetismo sulle reazioni chimiche, la 'saggezza comune' imperante suggerisce che il magnetismo non influenzi la combustione e che la credenza opposta rientri nel campo delle leggende metropolitane.

    Se navigate in rete, trovate svariate opinioni di 'esperti' sull'impossibilità che il magnetismo influenzi la combustione e che, pertanto, tutti i dispositivi che, a vario titolo, si fondano sul magnetismo (o anche sul magnetismo) siano classificabili semplicemente come 'cialtroneschi' e 'truffaldini'. L'argomentazione più ricorrente è che il carburante non sia magnetizzabile, per cui un campo magnetico non può avere alcun effetto su di esso.
      In realtà, esistono diverse forme di magnetismo: il paramagnetismo ed il diamagnetismo.
      Il paramagnetismo è una forma di magnetismo che alcune sostanze (ad esempio, il ferro) mostrano in presenza di campi magnetici, polarizzandosi nello stesso senso rispetto al campo magnetico applicato.
      Il diamagnetismo è una diversa forma di magnetismo, che alcune sostanze mostrano in presenza di campi magnetici, polarizzandosi in senso opposto al campo magnetico applicato. I materiali diamagnetici sono, dunque, sostanze che vengono debolmente respinte da un campo magnetico. L'aspetto più interessante della faccenda, come ricorda Wikipedia alla voce 'diamagnetismo', è che:
        «Le sostanze che hanno comportamento diamagnetico sono, nell'esperienza comune, 'non magnetiche' come l'acqua, la maggior parte delle sostanze organiche (DNA, oli, plastiche) e alcuni metalli come il mercurio, l'oro il rame, l'argento ed il bismuto...Il termine diamagnetismo fu coniato dal Michael Faraday nel 1845, quando scoprì che tutti i materiali in natura possiedono comunque una componente diamagnetica in risposta ad un campo magnetico esterno applicato».

      Quei autoproclamatisi 'esperti', che esprimono opinioni negative in merito agli effetti del magnetismo sulla combustione con una forma di aprioristico negazionismo, confondono magnetismo con 'ferromagnetismo', che è la proprietà di alcuni materiali di magnetizzarsi quando sono sottoposti ad un campo magnetico e di esserne fortemente attratti.

      Ma, appunto, come aveva scoperto Faraday oltre 150 anni fa, tutti i materiali presentano una componente diamagnetica; se è possibile verificare sperimentalmente che l'applicazione di un campo magnetico sul carburante influisce sulla combustione, allora abbiamo una relazione di causa-effetto sottostante al fenomeno, anche se non ancora un meccanismo analitico di funzionamento del processo.

      La ricerca scientifica negli anni ha continuato ad accertare con risultati positivi gli effetti del magnetismo sulle reazioni chimiche in generale, e sulla stessa struttura della materia.

      Esempi di questo interesse sono il libro Magnetism: Molecules to Materials dell'editore Wiley che contiene un capitolo sugli effetti del magnetismo sulla combustione (Link http://urlin.it/c91c) e le numerose ricerche condotte nel mondo degli effetti del magnetismo sulla struttura della materia e delle reazioni chimiche (Il Dipartimento di Fisica ed Astronomia dell'University College di Londra pubblica un elenco di ricerche in questo campo al link http://urlin.it/4dc).

      La rivista Physics World del Novembre 2001 presentava i risultati di una ricerca sulle 'reazioni di sintesi autopropagantesi ad alte temperature' (come sono le esplosioni dei fuochi d'artificio) nel seguente modo:
          «La scoperta che i campi magnetici possano radicalmente modificare alcune reazioni di combustione può condurre ad una miriade di nuovi materiali ...» (http://urlin.it/c91d).
          Il caso descritto riguardava processi realizzati ad alte temperature per produrre speciali ceramiche cui l'applicazione di campi magnetici modifica la struttura, la microstruttura e le proprietà fisiche rispetto agli stessi processi in assenza dei campi magnetici. La ricerca pare avere ancora molto da approfondire in questo campo.

            Anche l'astronautica si è occupata della materia e solo recentemente (2000-2004) è pervenuta a conclusioni decisamente interessanti. In un paio di ricerche, riprese anche dal sito della NASA, l'ente spaziale americano, il prof. John Baker dell'Università dell'Alabama, ha argomentato che campi magnetici applicati alle camere di combustione dei razzi a propellente solido possono aumentarne la spinta. Scrive il prof. Baker in uno dei suoi studi ('Effect of Paramagnetism and Diamagnetism on Theoretical Rocket Performance') pubblicati sul Journal of Propulsion and Power nel dicembre 2004:

              «I campi magnetici sono noti influenzare le performance dei sistemi di propulsione come risultato dell'interazione tra il campo magnetico e gli associati gas ionizzati, cioè attraverso la forza di Lorentz ... Per i propulsori a carburante solido l'applicazione di un campo magnetico ha mostrato incrementare la temperatura e la pressione vicino alla superficie di combustione e questo produce un incremento fino a dieci volte nel mass burn rate come risultato della interazione tra campo magnetico e gas di combustione ionizzati. L'interazione tra un campo magnetico e di gas ionizzati non è l'unico modo in cui un campo magnetico può influenzare la performance di un razzo chimico. I campi magnetici influenzano il comportamento di tutti i materiali come risultato del paramagnetismo e del diamagnetismo ...»
            Ebbene, questo studio interessante, e per certi versi rivelatore di un mondo di relazioni finora ed ancora negate tra magnetismo e combustione, risale solo al 2004, cioè all'altro ieri.

            Il dott. Settimio Grimaldi, ricercatore del CNR dell'Università di Tor Vergata, ha raccolto l'ampia letteratura scientifica sull'argomento, mettendo a disposizione gli articoli principali, ed ha così commentato le sue risultanze:
              «Che un campo magnetico possa essere usato per combattere l'inquinamento atmosferico ... ha veramente sconvolto il mondo scientifico e non solo ... Negli ultimi anni sono infatti apparsi sul mercato dispositivi magnetici, decantati essere in grado di abbattere la produzione di gas serra prodotti dalla combustione di combustibili liquidi o gassosi e, di conseguenza, di produrre un risparmio energetico. A fronte di tanta bestemmia si è sollevato lo sdegno di un esercito di scienziati e tecnici che, con un termine poco elegante americano, hanno definito i produttori ditali consegni come produttori di bull shit, ovvero escrementi di toro.
              Quando, però, si va a studiare l'argomento più a fondo, ci si accorge della esistenza di una buona quantità di letteratura tecnico-scientifica pubblicata su riviste internazioni con peer review, a supporto della possibilità che un campo magnetico possa interferire con la combustione di combustibili sia liquidi, sia gassosi.
              Mentre l'effetto di un campo elettrico sulla combustione di un combustibile è un fenomeno noto sin dagli anni sessanta [Lowton et al], l'effetto di un campo magnetico è noto sin dal 1846, ovverosia da quando Faraday notò che una fiamma, quando era prodotta in un campo magnetico, era più luminosa che in assenza del campo medesimo. Ovviamente, Faraday ne dedusse che nella fiamma ci potessero essere particelle che fossero in grado interagire con il campo magnetico e che, a ragione di ciò, la temperatura della fiamma era maggiore con una maggiore intensità luminosa della fiamma stessa. Molto tempo dopo, von Enghel e Cozens nel 1964 dimostrarono che il fenomeno osservato da Faraday poteva essere attribuito a gas paramagnetici presenti nell'atmosfera ...
              Negli ultimi venti anni, Ueno, Mizutani, Wakayama Fujita ed altri hanno dimostrato come un campo magnetico non omogeneo possa interferire con le reazioni chimiche tipiche della combustione e del trasporto dei gas ...Tra le varie teorie sviluppate, è di particolare interesse per spiegare come la combustione di un combustibile possa essere resa più efficace in presenza di un campo magnetico è quella che vede l'atmosfera come composta da una miscela di gas, di cui alcuni paramagnetici (ossigeno) ed altri diamagnetici (anidride carbonica, azoto). Ueno ed Arada suggeriscono che l'ossigeno potesse venire a concentrarsi tra i poli del magnete tra cui avveniva la combustione, aumentandone l'efficienza.
              Nel 1985 Ueno, in uno studio sulla combustione di combustibili liquidi, tra cui la benzina, in presenza di forti campi magnetici statici, concludeva cha la presenza di campi statici di valore predeterminato induce una maggiore efficienza nella combustione del combustibile.
              Dagli studi prodotti i trenta anni di ricerche, e peraltro mai confutati, salvo ignoranza dello scrivente, si può dedurre che è possibile controllare la combustione applicando un campo magnetico statico di appropriata intensità, vettore e gradiente e che quindi, in condizioni particolarmente controllate, la combustione possa avvenire più efficacemente e quindi con un minore apporto di prodotti dovuti a cattiva combustione nell'atmosfera.»

            Fermiamoci qui. Ce n'è abbastanza per stimolare il senso laico del dubbio, o no? La scoperta del prof. Baker dell'Università dell'Alabama, dunque, che vi ho suggerito quasi come rivoluzionaria e rivelatrice è un deja vu di esperienze che, ancora una volta, hanno le prime radici nella metà del 1800 (Faraday). Vedete come è facile distorcere l'informazione e (far) dimenticare pagine essenziali di ricerca scientifica?


            Il problema è, cari lettori, che quasi nessuno tra i non-scienziati (ad esempio i manager d'impresa) legge la ricerca scientifica e riflette sulle sue implicazioni. Molti, troppi sentenziano e lanciano anatemi irrazionali, con una cultura acquisita all'Università del Bar Sport, mentre la TV di massa accredita 'Le iene' come i certificatori più qualificati di cui disponiamo.

            Perché ho condotto negli anni questa ricerca bibliografica? Non per il puro gusto per la letteratura scientifica, ma semplicemente perchè avevo un'evidenza sperimentale ripetuta contraria a quelle de 'Le iene' e volevo capire se ero un visionario o se la ricerca scientifica accreditava o screditava la relazione tra magnetismo ed efficienza nella combustione. Così come il dott. Grimaldi, non ho trovato alcuna ricerca accademica che confutasse esplicitamente questo principio, mentre la rete e la televisione pullulano di opinioni negazioniste. Esattamente come per la 'fusione fredda', ormai riconosciuta come reale oltre ogni ragionevole dubbio dagli scienziati di tutto il mondo (incluso il premio Nobel Rubbia), ma ancora percepita come cialtronesca dal grande pubblico.
              Negli anni più recenti, l'EPA (l'Enviromental Protection Agency statunitense) ha riconosciuto risultati positivi in taluni dispositivi per il risparmio di carburante basati su questi principi, mentre nel negli anni '70-'80 li aveva bocciati praticamente tutti.

              Perché questo cambio di rotta? Può essere, in parte, conseguenza dell'evoluzione della tecnica, in parte dell'affinamento delle procedure di testing e dell'ammissione di alcuni protocolli di sperimentazione proposti dai costruttori (come è quello di confrontare i consumi e le emissioni prima dell'installazione dei dispositivi e solo dopo un'adeguata percorrenza su strada).
                Solo nei lustri più recenti si è affermata pienamente la pratica di realizzare test in condizioni controllate di laboratorio e non (solo) su strada a causa delle variabili esterne che influenzano i consumi (condizioni del traffico, umidità, vento, temperatura).

                Insomma, la verità comincia a farsi strada, pian, piano. La storia della ricerca scientifica non si può seppellire.

                Paolo Sassetti


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