La Stella Polare è sempre a Nord
Una delle convinzioni che ho maggiormente sedimentato negli anni è che seguire i mercati finanziari tutti i giorni o a tutte le ore, che è il modo in cui quasi tutti i gestori professionali tipicamente operano, sia uno dei maggiori sprechi d’intelligenza che l’uomo possa fare
di La redazione di Soldionline 12 mar 2007 ore 11:16
Nella gestione di portafoglio non c'è nulla di essenziale che richieda la presenza quotidiana dietro un terminale Bloomberg. So che qualcuno prenderà spunto da questa affermazione per concludere che non io ho voglia di lavorare, però è un rischio inevitabile che si corre quando si decide di non voler far finta di lavorare.
Se il ragionevole obiettivo dell'asset allocation di un investitore sofisticato ma 'realista' è quello di cogliere i megatrend dei mercati finanziari, le serie storiche settimanali possono essere più che sufficienti per prendere decisioni razionali e sufficientemente tempestive (nel medio-lungo termine).
In 'Tenere la barra a Nord' del 27 dicembre 2006 avevo indicato che il trend primario dei principali mercati azionari del mondo era intatto e che la correzione dei mesi di maggio/giugno li aveva appena scalfiti.
È possibile, anzi probabile, che la correzione in atto sui mercati azionari mondiali non si sia ancora conclusa (specie se vi si include la necessaria fase di consolidamento) ma, ad oggi, ha scalfito i trend primari in maniera altrettanto poco significativa della precedente correzione.
Il trend sul mercato azionario europeo appare intatto (al 9 marzo 2007):
Analoga considerazione vale per l'indice S&P 500:
Vista nel medio termine, la correzione in corso appare finora come il puro riassorbimento di un eccesso di breve termine.
Infine il Giappone:
Questo approccio trend follower indica ogni correzione secondaria come un'opportunità per incrementare le posizioni per chi non lo avesse fatto in precedenza (e ciò fino ad una palese indicazione opposta).
Al contrario, la tentazione di anticipare il rovesciamento del trend primario è sempre forte nell'istinto primordiale dell'investitore.
'I mercati hanno corso molto negli ultimi anni', è la giustificazione che si sente sempre più spesso per giustificare questo istinto. È vero, ma è altrettanto vero che dal 2000 al 2006 i profitti delle imprese sono cresciuti in maniera poderosa. I P/E delle borse non sono esasperati, nel 2007 gli utili per azione saliranno ancora.
Solo se dovesse concretizzarsi lo scenario di una vera recessione negli USA, i mercati potrebbero essere prossimi ad una correzione dei loro trend primari. Ma chi può dirsi certo di questo scenario? Persino quel guastafeste di Alan Greenspan mette questo scenario in termini probabilistici, sapendo bene che, però, i mercati interpretano il suo pensiero in termini quasi deterministici.
Se questo scenario recessivo non dovessero concretizzarsi, le borse avrebbero la forza per continuare a salire. Tentare di anticiparne i punti di svolta si risolverebbe in una perdita di opportunità.
Un'eccezione potrebbe essere fatta - forse - per la Cina, per chi di voi avesse delle posizioni su quel mercato. Giudicate liberamente:
Difficile pensare che la correzione ribassista su quel mercato non prosegua ancora violentemente, nonostante che il trend primario, indubbiamente, sia ancora intatto. Difficile scandalizzarsi perché quel mercato perde il 9-10% in un giorno, dopo aver triplicato in un anno e mezzo
Ad ogni modo, lo stesso modello di determinazione del trend che utilizzo per Europa, USA e Giappone, sulla Cina avrebbe generato un falso segnale di una certa entità nel 2004 ma avrebbe comunque preservato dal grosso del ribasso da quota 2.200 a quota 1.000 ed avrebbe generato un segnale di ingresso sul mercato di Shanghai a meno di quota 1.300 (il 30% sopra i minimi ma anche ben sotto gli odierni massimi).
Questo modello è abbastanza soddisfacente anche sui mercati emergenti ma, per la fine del 2007, spero di averne sviluppato uno ancora più sensibile al timing di uscita, senza un eccessivo incremento dei falsi segnali.
Infine, le trasformate a 100 giorni dei tre principali mercati, che ci consentono di apprezzare i trend di medio termine di quei mercati senza il rumore di fondo delle quotazioni quotidiane, ci indicano un evidente aumento della correlazione tra i tre mercati:
Le velocità di queste trasformate sono ovviamente convergenti:
Questo significa che, aspetti valutari a parte, per ora nessun cavallo appare più favorito degli altri.
Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf
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In 'Tenere la barra a Nord' del 27 dicembre 2006 avevo indicato che il trend primario dei principali mercati azionari del mondo era intatto e che la correzione dei mesi di maggio/giugno li aveva appena scalfiti.
È possibile, anzi probabile, che la correzione in atto sui mercati azionari mondiali non si sia ancora conclusa (specie se vi si include la necessaria fase di consolidamento) ma, ad oggi, ha scalfito i trend primari in maniera altrettanto poco significativa della precedente correzione.
Il trend sul mercato azionario europeo appare intatto (al 9 marzo 2007):
Analoga considerazione vale per l'indice S&P 500:
Vista nel medio termine, la correzione in corso appare finora come il puro riassorbimento di un eccesso di breve termine.
Infine il Giappone:
Questo approccio trend follower indica ogni correzione secondaria come un'opportunità per incrementare le posizioni per chi non lo avesse fatto in precedenza (e ciò fino ad una palese indicazione opposta).
Al contrario, la tentazione di anticipare il rovesciamento del trend primario è sempre forte nell'istinto primordiale dell'investitore.
'I mercati hanno corso molto negli ultimi anni', è la giustificazione che si sente sempre più spesso per giustificare questo istinto. È vero, ma è altrettanto vero che dal 2000 al 2006 i profitti delle imprese sono cresciuti in maniera poderosa. I P/E delle borse non sono esasperati, nel 2007 gli utili per azione saliranno ancora.
Solo se dovesse concretizzarsi lo scenario di una vera recessione negli USA, i mercati potrebbero essere prossimi ad una correzione dei loro trend primari. Ma chi può dirsi certo di questo scenario? Persino quel guastafeste di Alan Greenspan mette questo scenario in termini probabilistici, sapendo bene che, però, i mercati interpretano il suo pensiero in termini quasi deterministici.
Se questo scenario recessivo non dovessero concretizzarsi, le borse avrebbero la forza per continuare a salire. Tentare di anticiparne i punti di svolta si risolverebbe in una perdita di opportunità.
Un'eccezione potrebbe essere fatta - forse - per la Cina, per chi di voi avesse delle posizioni su quel mercato. Giudicate liberamente:
Difficile pensare che la correzione ribassista su quel mercato non prosegua ancora violentemente, nonostante che il trend primario, indubbiamente, sia ancora intatto. Difficile scandalizzarsi perché quel mercato perde il 9-10% in un giorno, dopo aver triplicato in un anno e mezzo
Ad ogni modo, lo stesso modello di determinazione del trend che utilizzo per Europa, USA e Giappone, sulla Cina avrebbe generato un falso segnale di una certa entità nel 2004 ma avrebbe comunque preservato dal grosso del ribasso da quota 2.200 a quota 1.000 ed avrebbe generato un segnale di ingresso sul mercato di Shanghai a meno di quota 1.300 (il 30% sopra i minimi ma anche ben sotto gli odierni massimi).
Questo modello è abbastanza soddisfacente anche sui mercati emergenti ma, per la fine del 2007, spero di averne sviluppato uno ancora più sensibile al timing di uscita, senza un eccessivo incremento dei falsi segnali.
Infine, le trasformate a 100 giorni dei tre principali mercati, che ci consentono di apprezzare i trend di medio termine di quei mercati senza il rumore di fondo delle quotazioni quotidiane, ci indicano un evidente aumento della correlazione tra i tre mercati:
Le velocità di queste trasformate sono ovviamente convergenti:
Questo significa che, aspetti valutari a parte, per ora nessun cavallo appare più favorito degli altri.
Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf
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