Gestione fondamentale di portafoglio in stile "value" su base statistica (III)
Terza e ultima puntata dello studio di Paolo Sassetti ed Alfonso Scarano che, partendo dal three factor model di Kenneth French e Eugene Fama, ci conducono nei meandri della gestione di portafoglio. Per capire come sia possibile sviluppare con essa uno o più prodotti...
di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:43Nella prima puntata (clicca qui) abbiamo iniziato con l'analizzare la prima strategia "value", mentre nella seconda (clicca qui) ne abbiamo osservate altre tre. In quest'ultima puntata spazio alle considerazioni finali, all'analisi delle caratteristiche dei risultati e alle conclusioni a cui perviene lo studio.
di Paolo Sassetti ed Alfonso Scarano
Caratteristiche dei risultati
Le simulazioni condotte hanno generato una rotazione mensile di portafoglio variabile tra il 44% (22% in vendita e 22% in acquisto) ed il 56%. Sui rendimenti lordi generati abbiamo anche ipotizzato un worst case di rotazione mensile totale di portafoglio del 200% (100% in vendita + 100% in acquisto) e l'abbattimento mensile di rendimento dello 0,3% che ne sarebbe derivato non avrebbe, comunque, significativamente intaccato l'extrarendimento complessivo delle quattro strategie.
Va precisato che le quattro strategie qui presentate non sono quelle offrono performance assolute più elevate. Altre strategie più performanti sono state identificate ma, in omaggio al mood dominante della bassa volatilità di portafoglio, la nostra ricerca si è concentrata su strategie che offrissero (a) una bassa percentuale di mesi sottoperformanti e (b) contenute escursioni delle sottoperformance mensili, il che è ovviamente più difficile da ottenere con la strategia nr. 4 che si concentra sulle small cap.
Il grafico 5 rappresenta, per la prima delle quattro simulazioni da noi presentate, la distribuzione degli extrarendimenti mensili sullo S&P 500 delle 50 società selezionate (asse delle Y) rispetto ad uno dei due criteri fondamentali (il price/book) da noi utilizzati (asse delle X).
Grafico 5
Come si confà ad un mercato efficiente/semi-efficiente, la distribuzione degli estrarendimenti (sullo S&P 500) delle 50 società selezionate rispetto al criterio di selezione è molto dispersa, ovverosia la relazione vale solo per campioni ampi, mentre il campione estratto presenta realisticamente a suo interno molte società devianti contro la regola generale che genera gli extrarendimenti. In altri termini, per battere il mercato su base statistica è necessario accettare di avere in portafoglio molte società che ne sono battute. L'accettazione di questo principio implica, sotto il profilo psicologico ed operativo, un atto di sottomissione verso 'Sua Maestà il Mercato' che è difficile riscontrare nella filosofia dello stock picker puro che seleziona singolarmente ogni azione con un processo analitico-discrezionale nell'aspettativa che ognuna sia vincente: subire perdite su singole azioni è il prezzo ineludibile della regola del gioco per riuscire a battere globalmente il mercato.
Conseguentemente, nel caso presentato così come nelle altre simulazioni condotte, la retta di regressione tra la variabile fondamentale scelta e l'extrarendimento generato sullo S&P 500 presenta una debole inclinazione e l'erre quadro (il coefficiente di determinazione) della retta di regressione risulta molto basso (0.025).
D'altra parte, se, a contrariis, la relazione fosse più netta (lo scatter di punti meno disperso - meno circolare e più 'ovale' -, l'inclinazione della retta di regressione più pronunciata ed il coefficiente di determinazione più elevato), significherebbe che sarebbe facile ottenere ancora più alti extrarendimenti solo selezionando meno di 50 società, rendendo più selettivo l'indicatore filtro, cioè semplicemente restringendo l'intervallo selezionato dei valori degli indicatori fondamentali. Significherebbe anche che la relazione tra la variabile considerata e l'extrarendimento sarebbe palese e facilmente riconoscibile, e ciò in contrasto con l'ipotesi dell'efficienza forte del mercato. Tuttavia, l'aspettativa di facili extrarendimenti contrasta con l'evidenza che ottenere extrarendimenti sul mercato azionario non è affatto facile proprio a causa dell'ampia dispersione dei rendimenti delle singole società rispetto a singole variabili fondamentali che, tuttavia, non riesce a negare la relazione generale grazie alla legge dei grandi numeri (portafogli composti da almeno 30 titoli ed oltre). In altri termini, la relazione tra una variabile fondamentale (come il price/book) e l'extrarendimento da essa generato non può che essere 'debole' perché, se fosse forte, sarebbe facilmente riconoscibile e l'intervento degli investitori ne annullerebbe rapidamente la forza. Cosicché, solo su base statistica è possibile cogliere tale relazione, limitando al contempo il rischio derivante da scommesse troppo concentrate su pochi titoli, rischio connesso alla descritta elevata dispersione delle extraperformance.
Prodotti implementabili
Le descritte strategie si prestano ad essere implementate in diversi prodotti di risparmio gestito:
1. fondo comune 'Azioni America' long only: volatilità e rischio elevati, benchmark S&P 500, obiettivo di rendimento relativo;
2. fondo comune 'America Market Neutral' (sul modello già sperimentato della sicav Ersel Italy Market Neutral), long con (circa) 50 azioni e coperto fino al 100% sul future: volatilità e rischio bassi, nessun benchmark, obiettivo di rendimento assoluto;
3. fondo hedge 'America Market Neutral' come caso nr. 2 ma con opzione di utilizzo di leva finanziaria; volatilità e rischio proporzionati alla leva, nessun benchmark, obiettivo di rendimento assoluto.
Criticità
Le strategie 'value' possono fronteggiare difficoltà in situazioni di bolla speculativa tecnologica come quella degli anni 1998-2000 (grafico 6, peso % del settore tecnologico sull'indice S&P 500).
Grafico 6
Il monitoraggio tecnico-statistico del rapporto tra indice Nasdaq ed indice S&P 500 può indicare l'emergere di questa situazione e suggerire, in concomitante presenza di svariati mesi consecutivi di underperformance, la sospensione delle strategie 'value'. I tre grafici 7 che seguono illustrano tre modalità complementari di monitoraggio di questo rapporto.
Il primo rappresenta la Forza Relativa (Comparative Relative Strength, R/S) tra indice Nasdaq Composite ed indice S&P 500. Il secondo, l'inclinazione della retta di regressione (mobile) a 40 settimane calcolata sulla forza relativa. Il terzo, il coefficiente di correlazione (mobile) a 40 settimane, calcolato sui due indici.
Grafici 7
Conclusioni
Le strategie sviluppate rispondono a criteri fondamentali di selezione e sono implementate secondo una logica sistematica di estrazione statistica e non di stock picking discrezionale. Sono ispirate ad una teoria che è correntemente utilizzata per strategie attive di asset allocation e che è confermata dagli aggiornamenti annuali realizzati sul mercato USA (Ibbottson).
L'efficacia delle strategie descritte è confermata dalla constatazione che, sia pure al lordo dei costi di gestione, persino le strategie market neutral da esse derivate risultano profittevoli quanto e più l'investimento passivo nell'indice S&P 500 di riferimento.
Un interrogativo che ci è stato posto alla circolazione del draft preliminare di questo studio è 'come sia possibile che una teoria enunciata nel 1992 possa ancora produrre risultati positivi in un mercato giudicato efficiente'. Le risposte a tale interrogativo possono essere diverse.
Probabilmente French e Fama risponderebbero che in questo risultato non vi è nulla di illogico: il mercato azionario USA era efficiente nel 1992 e non è meno efficiente oggi e gli extrarendimenti conseguiti sono semplicemente il frutto dell'accettazione di maggior rischio. Poiché sul mercato esisteranno sempre società più rischiose e società meno rischiose, questo risultato è strutturale al mercato stesso e, per battere il mercato, è 'sufficiente' (!) concentrarsi su quelle più rischiose, contando sul fatto che, a causa della naturale avversione al rischio degli investitori, solo una minoranza di essi accetta (ed accetterà) di concentrarsi sulle società più rischiose attraverso strategie euristiche e devianti come quelle descritte.
Risposte alternative all'interrogativo sopra posto possono essere le seguenti: (a) anche se una nuova teoria offre buona prova di se stessa, lo scetticismo intellettuale della maggioranza degli investitori normalmente fa sì che essa sia accettata solo da una minoranza e, grazie a ciò, continui a funzionare. D'altra parte, delle conseguenze dello 'scetticismo' in finanza abbiamo un riscontro più clamoroso: nonostante l'evidenza bi-secolare che il mercato azionario offra un premio positivo per il rischio (le statistiche USA che lo confermano decorrono dal 1820), la maggior parte degli investitori del mondo non accetta, se non marginalmente, il rischio azionario e questo garantisce che il premio per il rischio continui ad essere positivo, almeno nel lungo termine, con eccezione per le fasi successive a quelle (le 'bolle' speculative) in cui in troppi cominciano ad accettare il rischio azionario; (b) nel mondo, specie laddove i fondi pensione hanno un ruolo rilevante nella gestione di portafoglio, il processo di (sostanziale) indicizzazione dei portafogli rimane dominante e questo fenomeno preserva l'efficacia delle strategie attive di gestione, che rimangono comunque minoritarie; (c) come gli operatori del settore sanno, anche nel mondo della gestione di portafoglio, che dovrebbe essere un mondo razionale, prevalgono talvolta fattori di 'ego', fattori psicologici e/o culturali che inibiscono un gestore dal considerare seriamente una strategia disegnata da un soggetto terzo.
Tali risultati, infine, gettano luce sulle ragioni della nascita e dello sviluppo degli Stati Uniti di un florido filone di ricerca e di gestione quantitative. Florido perché, comunque, minoritario.
Tuttavia, questo filone di ricerca, ancor prima di essere un filone quantitativo, è una 'filosofia' del funzionamento dei mercati finanziari Su questo tema si vedano i pamphlet di Paolo Sassetti, Perché liberalizzare la gestione del risparmio, BorsaExpert, 2003, specie al capitolo 4 ('Rischi ed opportunità nella gestione sistematica degli investimenti finanziari') e Gli investimenti azionari ed il caso, 2005.. Questa 'filosofia' dei mercati ha insegnato a convivere, sfruttandole, con quelle che abbiamo illustrato essere le necessarie 'relazioni deboli' che, in un mercato azionario efficiente, legano le variabili fondamentali delle società quotate con le loro performance borsistiche.
Paolo Sassetti (paolo_sassetti@yahoo.it), Alfonso Scarano (scarano@finanalitica.com)