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Gestione fondamentale di portafoglio in stile "value" su base statistica (I)

La teoria finanziaria, negli anni sessanta, indicava che esiste una sola variabile in grado di caratterizzare il rendimento di un asset, desumibile dal celebre Capital Asset Pricing Model. Negli anni novanta il three factor model di Kenneth French e Eugene Fama ha rivisto e integrato il modello, aggiungendo delle tessere al puzzle...

di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:44
In 3 puntate, che saranno in linea ogni mercoledì, un approfondito studio di Paolo Sassetti e Alfonso Scarano sulla gestione di portafoglio secondo i dettami di Kenneth French e Eugene Fama, un approccio che integra il celebre Capital Asset Pricing Model con ipotesi ulteriori. Per analizzare la metodologia (da di dentro) e capire come sia possibile sviluppare con essa uno o più prodotti...

di Paolo Sassetti ed Alfonso Scarano

Il Capital Asset Pricing Model (Sharpe, 1964) contempla che il mercato azionario presenti una sola variabile sfruttabile dal gestore per pianificare il rendimento atteso del portafoglio: il grado d'esposizione al rischio sistematico (non diversificabile) di mercato ed il conseguente grado di cattura del relativo premio per il rischio. Secondo questo modello, lo stock picking, in presenza di efficienza forte del mercato, non può generare extrarendimenti ma solo costi aggiuntivi che riducono il rendimento netto. Rendimenti differenti di portafogli diversi sono la conseguenza della sola diversa esposizione al rischio sistematico di mercato: a maggiore rischio assunto corrisponde maggiore rendimento atteso e questa, secondo il CAPM, rappresenta l'unica via percorribile da un gestore per aumentare i rendimenti attesi del suo portafoglio.

L'esistenza di singoli gestori che riescono a battere il mercato viene spiegata come eccezione statistica destinata a scomparire nel tempo (ipotesi della regressione delle performance verso la media) e, comunque, irrilevante ai fini pratici per la presunta impossibilità di identificare ex ante i gestori che performeranno meglio in futuro.

Il CAPM si situa cronologicamente alle origini delle moderne teorie sul funzionamento dei mercati finanziari: grazie alla sua semplicità d'uso (ad esempio nella stima del costo del capitale delle imprese) ha spesso oscurato in popolarità le successive acquisizioni empiriche dell'analisi finanziaria.

Tra le successive acquisizioni empiriche particolare rilevanza assume il 'modello dei tre fattori' dei professori Kenneth French e Eugene Fama ('The Cross-Section of Expected Stock Returns', Journal of Finance, 1992).

French e Fama hanno argomentato (e statisticamente dimostrato sul mercato azionario statunitense) che le variabili sfruttabili sul mercato azionario per calibrare la pianificazione dei rendimenti attesi di portafoglio sono tre anziché una sola:

    1. il (premio per il) rischio di mercato
    2. la dimensione media delle società oggetto d'investimento
    3. il grado di sovra-sottovalutazione delle società oggetto d'investimento, misurato dal rapporto price/book (prezzo di borsa/patrimonio netto per azione)

    La prima variabile è la stessa contemplata nel CAPM.

    In base alla seconda variabile, i rendimenti dei portafogli tendono a degradare man mano che aumenta la dimensione media delle società oggetto d'investimento cosicché, privilegiando investimenti in società piccole e medie è (mediamente) possibile lucrare un extrarendimento rispetto al premio per il rischio globale del mercato azionario. La ragione di questo fenomeno risiederebbe (a) sia nelle superiori opportunità di crescita che le small-middle cap avrebbero rispetto alle large cap, in quanto più spesso appartenenti a settori emergenti, (b) sia nel fatto che le società minori - quando confrontate con quelle maggiori dello stesso settore - controllando quote di mercato più basse, sfrutterebbero i maggiori spazi di crescita loro consentiti.

    La terza variabile è espressa dalla valutazione delle società quotate, per cui investendo in quelle con rapporto price/book inferiore a quello medio del mercato è (mediamente) possibile lucrare un extrarendimento sul premio per il rischio del mercato, e ciò indipendentemente dall'extrarendimento precedentemente descritto che è connesso alla capitalizzazione di borsa. La ragione di questo fenomeno risiederebbe nel fatto che le società con un basso rapporto price/book avrebbero utili maggiormente 'dubbi' o sarebbero addirittura 'distressed'.

    Poiché French e Fama aderiscono all'idea dei mercati finanziari efficienti, entrambe queste fonti di extrarendimento (rispetto al premio per il rischio del mercato azionario) sarebbero originate esclusivamente dall'assunzione di maggior rischio sul mercato azionario: contro il senso comune, anche le società con price/book basso sarebbero più rischiose, per le ragioni testé descritte, di quelle con price/book elevato. Ovviamente anche le società più piccole presentano anch'esse mediamente un maggiore rischio d'investimento rispetto a quelle maggiori.

    Va messo in evidenza che le risultanze delle ricerche di French e Fama riguardano non singole società ma aggregati di società quotate, raggruppate per intervalli definiti di valori delle variabili descritte. Singole società possono registrare rendimenti attesi anche ampiamente devianti da quelli predetti dalle due nuove variabili identificate da French e Fama ma, considerando aggregati di società (ad esempio il quartile dell'universo col rapporto price/book più basso), gli extrarendimenti storicamente registrati risultano statisticamente significativi: in altri termini, le due variabili spiegano effettivamente gli extrarendimenti e questo risultato non è conseguenza della pura casualità con un elevato livello di confidenza.

    Una volta negata l'idea della natura mono-dimensionale dell'origine dei rendimenti del mercato azionario, le ricerche di French e Fama hanno accreditato, almeno in linea di principio, la possibilità dell'esistenza di ulteriori variabili sfruttabili per lucrare extra-rendimenti quali, ad esempio, l'earning surprise, il frazionamento dell'azionariato, persino (perché no?) il rating etico delle società, lo short ratio (il grado di scoperto esistente sui titoli delle singole società), i volumi di azioni negoziate dagli insider, ecc.. Le variabili esplorabili possono distinguersi in due grandi categorie: quelle che hanno una relazione logica con le teorie del valore dell'impresa e quelle che hanno una relazione logica con il sentiment del mercato. Si è alimentato, in tal modo, un nuovo filone di ricerca statistica sulle società quotate non più esaminate singolarmente ma in quanto appartenenti ad aggregati di società classificate sulla base di diverse caratteristiche (variabili).

    Dopo avere teorizzato e verificato la sua ipotesi, Eugene Fama ne ha sfruttato concretamente le implicazioni, creando una società di gestione, la Dimensional Fund Advisors, che offre servizi di gestione a clienti istituzionali. Il rendimento atteso dei portafogli dei clienti è pianificato graduando le diverse 'dimensioni' del rendimento del mercato azionario. La Dimensional Fund Advisors oggi gestisce 73 miliardi di dollari e rappresenta uno degli emblemi più clamorosi di come negli Stati Uniti la ricerca accademica in ambito finanziario abbia udienza e riesca ad incorporarsi imprenditorialmente in attività di gestione

    [Dimensional Fund Advisors così descrive la sua missione strategica: 'Dimensional Fund Advisors applies academic research to the practical world of investing. Our objective is to help clients structure globally diversified portfolios and to add value through engineering and trading'. In questa specifica definizione di missione strategica, le parole chiave sono 'academic research', 'add value' e 'engineering and trading'. La definizione della missione strategica aziendale è essenziale in ogni (tipo di) società per identificare il suo focus strategico e la coerenza della sua operatività quotidiana con la sua missione strategica di lungo termine.]

    Il three factor model di French e Fama si presta, pertanto, a concrete applicazioni gestionali, come quelle presentate in questo articolo. Per lo sviluppo dei modelli nr. 1 e nr. 4, qui di seguito descritti, siamo anche debitori verso un'interpretazione semplificata delle teorie sul valore d'impresa del prof. William Fruhan, esposte nel suo Financial Strategy. Studies in the Creation, Transfer and Destruction of Shareholder Value, Irwin, 1979.

    Definizione dell'universo dei titoli

    Abbiamo selezionato un 'universo' di società statunitensi caratterizzate dal rientrare tra le prime 500 società delle tre principali borse azionarie statunitensi (NYSE, AMEX, Nasdaq) per capitalizzazione di borsa (equity market value). Questo campione rappresenta una proxy buona e realistica anche se non perfettamente coincidente con quella dell'indice S&P 500 in quanto il timing mensile d'ingresso/esclusione delle società nel nostro universo non rispecchia necessariamente quello adottato da Standard & Poor per l'indice. Con questa scelta abbiamo deciso di escludere inizialmente la variabile 'capitalizzazione di borsa' da quelle da noi considerate. La ragione di questa esclusione risiede nella volontà (a) di identificare strategie attive d'investimento prevalentemente implementabili su azioni liquide e di largo mercato, sia pur pagando un prezzo in termini di minor rendimento rispetto a quello conseguibile includendo le small cap, e (b) di poter confrontare il portafoglio selezionato con un indice che consentisse una copertura quasi perfetta del rischio di mercato attraverso la vendita del future sull'indice S&P 500.

    Il data base utilizzato presenta un survival bias in quanto non contempla società che in passato siano state depennate dal listino per fallimento. Riteniamo, tuttavia, che questo fattore abbia determinato un impatto distorsivo modesto o nullo sui risultati delle nostre simulazioni per via dei criteri da noi utilizzati nella selezione dei titoli.

    Strategia 'value' nr. 1

    Il nostro universo, mensilmente aggiornato in base al criterio della capitalizzazione di borsa, è stato oggetto di una doppia selezione di titoli attraverso uno screening effettuato con due criteri fondamentali complementari connessi logicamente al rapporto price/book. Questa doppia selezione ha prodotto un portafoglio finale di 50 titoli che veniva mensilmente aggiornato. Come nelle simulazioni successive in cui si sono utilizzati due criteri di selezione, il primo criterio è stato utilizzato per 'sgrossare l'universo dei 500 titoli ed il secondo criterio per effettuare da questo sotto-universo la selezione finale dei 50 titoli.

    La tabella 1 in allegato riporta i rendimenti della simulazione condotta al netto dei costi di negoziazione stimati nell'1,5 per mille, li confronta con l'indice S&P 500 e ne calcola l'extrarendimento di periodo e globale sul benchmark. Il grafico 1 in allegato rappresenta i risultati. Il grafico dell'extrarendimento cumulato rappresenta idealmente il rendimento di un fondo che tenga una posizione long sui 50 titoli selezionati e che si copra integralmente vendendo il future sull'indice S&P 500.

    Invertendo l'ordine dei criteri di selezione il risultato presenta solo un modesto peggioramento del rendimento globale e della stabilità degli extrarendimenti mensili (standard deviation dei rendimenti).

    Tabella e grafico 1 - Strategia 'value' nr. 1

    t
    Data
    Portfolio
    S&P 500
    Extrarendimento mensile
    Extrarendimento cumulato
    0
    5/6/3
    100
    100
    0.00%
    -
    1
    4/7/3
    101.4
    99.6
    1.70%
    101.75
    2
    1/8/3
    105.5
    102.6
    1.10%
    102.82
    3
    29/8/3
    104.5
    101.6
    0.10%
    102.87
    4
    26/9/3
    109.6
    104.9
    1.70%
    104.57
    5
    24/10/3
    110.9
    105.6
    0.40%
    105.04
    6
    21/11/3
    119
    111.2
    2.10%
    107.19
    7
    19/12/3
    123.1
    116.6
    -1.40%
    105.74
    8
    16/1/4
    125.3
    117.4
    1.10%
    106.85
    9
    13/2/4
    124.9
    114.9
    1.80%
    108.72
    10
    12/3/4
    126.3
    117
    -0.70%
    108.02
    11
    9/4/4
    121.3
    113
    -0.50%
    107.42
    12
    7/5/4
    125.2
    115.6
    1.00%
    108.44
    13
    4/6/4
    127.8
    116.1
    1.70%
    110.23
    14
    2/7/4
    128.4
    113.8
    2.50%
    112.93
    15
    30/7/4
    129
    114.6
    -0.20%
    112.65
    16
    27/8/4
    133.9
    114.9
    3.60%
    116.65
    17
    24/9/4
    138
    113.5
    4.30%
    121.61
    18
    22/10/4
    146.1
    121.4
    -1.10%
    120.33
    19
    19/11/4
    149.4
    124
    0.00%
    120.39
    20
    17/12/4
    149.9
    123.2
    1.00%
    121.66
    21
    14/1/5
    158.1
    125.5
    3.60%
    125.97
    22
    11/2/5
    162.9
    125.1
    3.40%
    130.19
    23
    11/3/5
    159.2
    123.4
    -0.90%
    129.09
    24
    8/4/5
    156
    122.5
    -1.30%
    127.35
    25
    6/5/5
    159.6
    125.2
    0.10%
    127.54
    26
    3/6/5
    168
    125.2
    5.30%
    134.23
    27
    1/7/5
    174.5
    129.6
    0.40%
    134.7
    Rendimento annualizzato
    30.74%
    13.29%

      Alla prossima settimana, con le altre 3 strategie!

        Paolo Sassetti (paolo_sassetti@yahoo.it), Alfonso Scarano (scarano@finanalitica.com)

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