Dall’Azimut al Nadir
Pubblichiamo una riflessione di Paolo Sassetti, analista indipendente, sulla recente quotazione di Azimut. L'articolo può essere un utile spunto di valutazione sulle modalità di collocamento delle società in borsa. L'analisi dettagliata e le critiche mosse da Sassetti costituiscono un punto di vista da non trascurare, specialmente alla luce del...
di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:52
Dopo l'infelice esordio del titolo in Borsa di mercoledì 7 Luglio, vale la pena di fare alcune riflessioni su questo collocamento.
I difetti dell'operazione Azimut a mio avviso vengono da lontano.
Il primo difetto risiede nella vulnerabilità dei conti aziendali e nella loro dipendenza dalle commissioni di performance. Ha perfettamente ragione l'ing. Giuliani, amministratore delegato della Società, a ricordare che l'80% dei fondi comuni italiani applica commissioni di performance che dovranno essere modificate (presumibilmente, salvo improbabili 'ripensamenti' della Banca d'Italia: su questo tema si veda la lettera che alcuni giorni or sono ho inviato al Governatore, dott. Antonio Fazio:
http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=86603
Ma questo ragionamento non vale a giustificare il detto 'mal comune mezzo gaudio' per due ragioni: (1) di fatto solo Azimut ha adottato in Italia un sistema che ha abolito totalmente il benchmark ai fini del calcolo delle performance fee, sfruttando al massimo ad arte il vuoto normativo nella materia, cosicché un meccanismo che in passato ha consentito di mietere ampi profitti si è trasformato in punto di particolare debolezza per la Società alla luce delle modifiche pre-annunciate dalla Banca d'Italia; (2) il meccanismo commissionale applicato da Azimut oggi non consente una chiara comparazione dei costi con i fondi di case diverse e la futura maggiore comparabilità potrebbe non rendere tanto semplice l'aumento delle commissioni di gestione, tenendo conto che Azimut già si posiziona nella loro fascia medio-alta; per talune categorie di fondi (monetari/obbligazionari) le commissioni sono già oggi molto alte e non consentiranno di certo alcun aumento. In altri termini, la maggior trasparenza che sarà indotta dai nuovi regolamenti Bankitalia introdurrà elementi di maggiore concorrenza che non agevolerà l'automatico ribaltamento delle commissioni di performance perse sulle commissioni di gestione. Pertanto, se è vero che molte altre Sgr saranno colpite dalla riforma annunciata (ma non tutte, ad esempio non Fideuram, non Arca, ecc.) è anche vero che Azimut sarà colpita più di tutte. Semplicemente per aver sfruttato il vuoto normativo più spregiudicatamente di altre società. Punto.
Il secondo difetto dell'operazione è connesso al LBO sulla società. Non è una mia tesi recente. Già in Guida pratica al venture capital, FrancoAngeli, 2000, ho criticato apertamente gli eccessi dei LBO, eccessi in cui è incorso anche il leveraged buy out di Azimut. Con una leva finanziaria originaria di 6,6 volte, il patrimonio eroso dagli oneri finanziari e dall'ammortamento del goodwill, la società doveva, trimestre prima o trimestre dopo, ricapitalizzarsi per forza, specie se voleva ambire alla licenza bancaria. Ora, quando una società deve ricapitalizzarsi e l'azionista di riferimento è ovviamente sensibile all'IRR e conseguentemente poco propenso a immettere altri soldi in azienda, la soluzione della borsa appare l'unica ed obbligata anche quando il timing non appare propriamente quello più propizio. Può avvenire, pertanto, che una quotazione possa essere obbligata e, diciamo, 'forzata' rispetto ai suoi naturali tempi di maturazione grazie alla capacità di marketing dello sponsor e del consorzio di collocamento ed al rullo di tamburi della stampa.
Una volta chiuso il collocamento Azimut, la stampa nazionale ha messo in rilievo con enfasi che esso era stato sottoscritto per più del suo ammontare, sia pur al minimo della forchetta. In realtà il risultato conseguito non era segno di grande forza. Come può avvenire, infatti, che un collocamento di azioni sia più che interamente sottoscritto (lasciando, quindi, parte della domanda insoddisfatta) ed il primo giorno di quotazione i titoli vengano venduti ben sotto il prezzo di collocamento? Chi ha interesse a vendere in perdita? Sin dalle prime ore del primo giorno di quotazione? Ecco come ha commentato questa situazione un osservatore (di cui salvaguarderò l'anonimato) bene addentro alle cose finanziarie:
- Spesso ci sono rapporti "di cortesia' tra alcuni broker e alcuni investitori
istituzionali ... chiamiamole relazioni "amichevoli", legami "politici"
o cose simili ... quindi il fondo a volte sottoscrive per evitare di mandare
a monte il collocamento, ma appena percepisce che l'operazione non avrà
successo, si prepara a scaricare tutti i titoli che ha portafoglio il primo
giorno di quotazione, senza guardare troppo al prezzo ... specie se il peso
del titoli sottoscritti sul fondo è comunque molto ridotto e non influenza
in misura significativa la performance ... ho discusso di queste
logiche perverse con alcuni gestori, ma questi mi hanno fatto capire che
spesso sono costretti a fare così, per ordini ricevuti "dall'alto'...
La risposta agli interrogativi sopra posti, quindi, è la seguente: in un collocamento azionario la domanda di titoli può essere eccedente l'offerta e tuttavia il titolo capitolare già il primo giorno se la richiesta di titoli era più indotta da (come dire?) 'pressing medianico' che da intimo convincimento dei sottoscrittori. Altrimenti questo sarebbe un risultato paradossale: o tempora o mores, con questi 'sedicenti' analisti finanziari in circolazione anche le leggi della microeconomia non sono più quelle di una volta ...la domanda supera l'offerta ed i prezzi delle azioni scendono! Ma non è tanto il calo di prezzo registrato il primo giorno di quotazione che lascia perplessi quanto i volumi scambiati: quasi 22 milioni di azioni sono state venduti in perdita già il primo giorno di quotazione, un vero fenomeno di isteria collettiva!
Certo, bisognerebbe conoscerli di persona quei soggetti che si comportano in questo modo sulla pelle dei loro clienti. I loro clienti avrebbero valide ragioni per chiedere: 'Ma, allora, perché le avete comprate? Come avete potuto cambiare opinione così rapidamente? Siete dei veri fulmini!'.
Colgo qui l'occasione per porre un più generale e scomodo interrogativo: questo può forse considerarsi un comportamento 'diligente' nel significato che il Codice Civile attribuisce al termine? Ho delle forti perplessità in proposito. Ecco, dunque, un elemento di riflessione che propongo alla Consob che si accinge a modificare l'informativa sui fondi comuni d'investimento: dare accesso alla movimentazione dei fondi potrebbe essere utile ai clienti per valutare la professionalità e la correttezza dei gestori dei loro fondi ... Comportamenti come quelli del 7 Luglio potrebbero avere nomi e cognomi ...
Normalmente - anche se non necessariamente in questo specifico caso - quando un'operazione di collocamento è relativamente grande e, quindi, ricca di commissioni in un contesto famelico di commissioni, lo scambio tra gli azionisti della società quotando e lo sponsor è il seguente: 'Io attribuisco a te il mandato, tu, però, cerchi di valorizzare al meglio il prezzo di collocamento'. È un'aspettativa assolutamente legittima ma che, se non viene accolta con il necessario equilibrio tra i diversi interessi in gioco, può risolversi in un boomerang di immagine.
Ecco che nei documenti di analisi la realtà viene spesso edulcorata, le aziende vengono presentate prevalentemente per i loro aspetti di forza e non per quelli di debolezza, vengono utilizzate tutte le metodologie possibili d'analisi ed i confronti più impropri per dimostrare che quel prezzo non è eccessivo ma è un vero affare, come, ad esempio, il rapporto tra capitalizzazione e masse gestite dei 'comparable'. È noto, ad esempio, che nelle transazioni private dove sono in gioco le maggioranze societarie di società di gestione, difficilmente le masse gestite vengono pagate più del 3-4%, eppure, poiché i 'comparable' di Azimut apparentemente venivano trattati a percentuali più elevate, ecco che si riesce a giustificare l'improbabile. Un deja vù della bolla Internettiana.
Le osservazioni critiche vengono rimosse con fastidio, viene dato spazio agli analisti finanziari assertivi. Così io mi sono trovato definito 'sedicente' analista ma nessun rilievo è stato mosso, invece, a quello studio 'doc' che aveva valorizzato Azimut a 6,7 euro per azione.
Infine un'ultima considerazione. Probabilmente la Consob avrà fatto tutto quanto era formalmente necessario per la trasparenza dell'operazione sul mercato. Tuttavia, mercoledì 7 Luglio resta una delle peggiori giornate d'esordio per un titolo quotato che la storia borsistica d'Italia ricordi, in una giornata in cui l'indice Mibtel non ha fatto segnare particolari stress. È quindi lecito il dubbio che la bocciatura sia venuta sulla sostanza dell'operazione e per la palese scarsa convinzione di alcuni sottoscrittori, a prescindere dal rispetto della forma. Ma deve essere chiaro che questo mio giudizio non è dovuto alla flessione di un solo giorno del titolo rispetto al prezzo di collocamento, è dovuto ai volumi scambiati in perdita ed all'aver impudicamente proposto il collocamento a valori ben più alti.
Scusate, infine, se questo 'sedicente' cita il suo ultimo libro, Investire controcorrente, FrancoAngeli, 2002, a pag. 135, ma mi pare una citazione pertinente:
'Questo sistematico contrasto tra cruda realtà delle cifre ed ostentazione di ottimismo di maniera è ormai una costante della moderna finanza speculativa nella quale business, comunicazione-bluff e spettacolo si intrecciano indissolubilmente'.
Ogni riferimento a fatti e persone non è assolutamente casuale.
Paolo Sassetti
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