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Come stanare facilmente i grandi evasori

Il tema dellla lotta all'evasione fiscale torna di moda, come sempre in relazione a buchi di bilancio da riempire, e non come affermazione di un principio di equità e uguaglianza tra cittadini. Paolo Sassetti, in questo articolo, si dedica in particolare al meccanismo perverso della "stabile organizzazione estera". Molto interessanti e sempre di attualità anche i suoi articoli scritti vari anni fa, che vi riproponiamo.

di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:46
Un amico d'infanzia piemontese, che di professione fa il dentista, aveva sposato una giovane commercialista del suo paese. Dopo alcuni anni il matrimonio si era sfasciato, i coniugi si erano separati ed avevano avviato le pratiche per il divorzio. All'atto del matrimonio i due coniugi avevano scelto il regime della comunione dei beni ma, di fatto, era stato il mio amico ad aver apportato la maggior parte del patrimonio comune. All'atto di decidere la separazione dei beni, la moglie commercialista, che ovviamente curava la dichiarazione dei redditi del mio amico, minacciò di denunciarne la sistematica evasione dell'imposta sul reddito se egli non le avesse lasciato tutta l'abitazione che, in realtà, era stata acquistata con i soli risparmi del marito. Il mio amico abbozzò. 'Non sposare mai la tua commercialista' fu la sua sconsolata conclusione. 'Ma solo se evadi le tasse', aggiunsi io.

Questa storia vera mi serve per introdurre due semplici proposte per coadiuvare l'amministrazione fiscale nella lotta all'evasione ed all'elusione fiscale.

L'evasione e l'elusione fiscali godono di ampie complicità attive o anche solo di forzata indifferenza da parte di chi, pur essendo a conoscenza di episodi di elusione o di evasione, non si può socialmente permettere di denunciarli. Creando un diverso sistema di convenienze, sarebbe spesso possibile far emergere gli imponibili sottratti, specie nel caso dei grandi evasori. Due diversi casi potranno chiarire questo concetto.

Per iniziare, immaginiamo il caso di una grande impresa (industriale, commerciale, finanziaria, bancaria, assicurativa, ecc.) che attui sistematiche politiche di elusione/evasione fiscale. Se tale prassi fosse ripetitiva e riguardasse cospicui importi sottratti al fisco, è molto probabile che più persone, a vari livelli di responsabilità, sarebbero al corrente di tale situazione. Nessuna di queste persone, tuttavia, potrebbe permettersi di denunciarla alle autorità tributarie in quanto questo comportamento verrebbe considerato come socialmente riprovevole nel loro ambiente di lavoro. Il prezzo pagato dal denunciante sarebbe, come minimo, l' emarginazione sul posto di lavoro, il blocco della carriera, se non peggio. Ma se per legge si stabilisse che, colui procurasse all'Amministrazione Fiscale prove documentali dello scorretto comportamento fiscale dell'impresa, fosse gratificato con una percentuale significativa degli importi recuperati delle tasse evase/eluse, questi potrebbe agevolmente superare l'handicap della emarginazione professionale nel suo ambiente di lavoro ed essere motivato a rompere la cortina del silenzio. Insomma, anche il rag. Fantozzi potrebbe superare il complesso di inferiorità nei confronti del Megadirettore Galattico se la sua impresa avesse evaso negli anni 10 mld di tasse e la 'taglia' per il bottino recuperato fosse del 20%. Con due miliardi di lire in tasca il rag. Fantozzi potrebbe persino proporre alla agognata signorina Silvani di passare con lui una lunga vacanza ai Caraibi ...

Immaginiamo anche il caso di un famoso commercialista che, trovandosi ormai al termine della sua carriera, decidesse di documentare l'evasione dei suoi (ormai ex) clienti di cui egli conoscesse tutti i più reconditi segreti fiscali. Il recupero del bottino gli garantirebbe una pensione dorata. La tentazione potrebbe essere fortissima e, se non per lui direttamente, forse per qualche oscura segretaria che avesse lavorato per lui nell'ombra per anni ed anni, magari nella promessa, mai mantenuta, di un futuro matrimonio.

Ora, l'aspetto più interessante dell' idea della 'provvigione' sull'evasione/elusione fiscale è che, se fosse ratificata da una legge dello Stato, di per sé rappresenterebbe un terrificante deterrente contro questi fenomeni. Nessun grande evasore si sentirebbe più protetto da quella cortina del silenzio che si erge tanto più alta quanto maggiori sono le difficoltà del mercato del lavoro. L'impresa non potrebbe evadere più in maniera eclatante e sistematica perché qualche persona, ad essa interna od esterna, potrebbe ('infedelmente' rispetto all' impresa ma 'fedelmente' rispetto all' erario italiano) preparare un dossier da consegnare alla Guardia di Finanza, il cui lavoro di accertamento verrebbe reso, a quel punto, assai semplice.

Nessun lavoratore autonomo potrebbe più sperare di affidarsi senza rischio nelle mani di qualche consulente. L'evasione piccola e marginale continuerebbe a venir tollerata, ai grandi evasori comincerebbero a tremare i polsi.

In fin dei conti perché non si dovrebbe premiare un collaboratore del fisco nazionale con una percentuale del bottino recuperato, una vera e propria 'provvigione' che gli consentisse di aspirare ad una serena vecchiaia anche da disoccupato? La sua attività non sarebbe forse meritoria e nell' interesse collettivo? Ma la grande abbuffata di 'provvigioni' sarebbe tale, forse, solo nei primi anni. Poi i grandi evasori dovrebbero mettersi in riga ...

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Park Avenue è una delle più belle strade di New York. Se dal suo incrocio con la cinquantaduesima volgete lo sguardo verso sud, potete ammirare uno dei più sensazionali contrasti architettonici offerti da questa città: l'Helmsley Building, uno sfarzoso edificio commerciale, si proietta contro il moderno e monolitico grattacielo, già proprietà della fallita PanAmerican, ora emblema della compagnia assicurativa MetLife. L' Helmsley Building è, a mio avviso, uno degli edifici più belli ed originali di New York: il suo orologio dorato presidiato da divinità romane, la sua guglia piramidale anch'essa dorata, l'ingresso monumentale e la lobby ricca di stucchi e travertino sono di un gusto stravagante ma straordinario che non si fa intimidire dall'incombente presenza del più possente grattacielo MetLife. Queste due costruzioni simboleggiano in maniera diversa, ma egualmente affascinante, la potenza della finanza americana.

Ma l'elegante Helmsley Building ha anche un significato meno conosciuto ai più. Così come l'ex grattacielo della PanAmerican ci ricorda uno dei più sensazionali fallimenti nella storia del trasporto aereo, così l'Helmsley ricorda che il suo proprietario, il miliardario Harry Helmsley, finì in galera nel 1989 per evasione fiscale. Ne' più ne' meno come il gangster Al Capone. Ogni volta che ci passo davanti mi sovviene il pensiero che nell'America puritana l'evasione fiscale viene perseguita come un crimine gravissimo. L'America che mi fa orrore quando applica la pena capitale, mi riempie, invece, di invidia ed ammirazione quando, senza guardare in faccia a nessuno, manda in galera i più altolocati rappresentanti del suo establishment che si macchiano del crimine dell'evasione fiscale.

In Italia solo di sfuggita qualche giornale ha rilevato che, se anche il sen. Cesare Previti avesse incassato oltre 20 miliardi come parcella per reali prestazioni professionali erogate lecitamente negli anni alla famiglia Rovelli e non come percentuale per un'attività di corruzione esercitata nei confronti di magistrati, egli si sarebbe comunque macchiato del crimine di non aver denunciato al fisco tale enorme cifra. Per un'evasione di tale importo in America oggi egli sarebbe in guai seri. Ma in Italia? Il sen. Previti resta un personaggio pubblico a piede libero che, nonostante si sia sottratto ad un elementare obbligo di solidarietà sociale nel momento in cui vengono chiesti gravi sacrifici al popolo italiano, probabilmente potrà godersi indisturbato i frutti della sua rapina ai danni dell'erario.

La galera inflitta senza sconti ai grandi evasori può rappresentare la seconda arma di una incisiva azione contro di essi. Una legge che prevedesse un anno di pena per ogni miliardo di imponibile sottratto al fisco avrebbe un notevole effetto deterrente. 125 milioni di imponibile non dichiarato corrisponderebbero a 45 giorni di carcere, 250 milioni a 3 mesi, 500 milioni a 6 mesi, 1.000 milioni a 12 mesi, 20.000 milioni a 20 anni ... Errori nella dichiarazione degli imponibili nell'ordine del 10% potrebbero essere fatti rientrare per legge in una sorta di franchigia onde evitare il carcere a persone che hanno sbagliato in buona fede. Se, ad esempio, il senatore Previti avesse dichiarato un imponibile di 200 miliardi, i 20 miliardi non dichiarati rientrerebbero di diritto, sotto questa normativa, entro tale franchigia ed egli potrebbe evitare 20 anni di carcere. Se avesse dichiarato 100 miliardi di imponibile la franchigia varrebbe per 10 miliardi ed egli dovrebbe comunque scontare 'solo' 10 anni di carcere.

Poiché la vita umana è limitata, il tempo è ancor più prezioso del denaro ed il rischio del carcere potrebbe rappresentare un formidabile deterrente specialmente nei confronti dei grandi evasori: che scopo avrebbe accumulare denaro se non fosse possibile goderselo ? Sarebbero morali sanzioni di tale durezza? Certamente sì, purché tale normativa non avesse un valore retroattivo. Le condizioni della finanza pubblica sono così difficili che, ad esempio, oggi lo Stato, pur tra mille sprechi, non riesce ad erogare alcuni servizi ed alcune prestazioni essenziali in vari campi tra cui quello della salute. Quante vite possono oggi essere salvate con 10 miliardi in più di risorse pubbliche disponibili nel campo sanitario? Che interventi migliorativi possono essere fatti nella lotta alla criminalità organizzata? Che aiuto maggiore può essere fornito alle popolazioni terremotate? Se è vero che il Paese necessita di una riduzione della pressione fiscale perché sia stimolata la crescita economica, è anche vero che non è più ammissibile tanta indulgenza nei confronti dei grandi evasori perché essi si sottraggono a quel dovere di solidarietà che è invece compiuto integralmente dai cittadini onesti. Gli onesti non avrebbero nulla da temere, bensì tutto da guadagnare da un forte inasprimento delle sanzioni e delle pene contro i grandi evasori.

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'Provvigioni' ai procacciatori di prove sull'evasione e carcere agli evasori modificherebbero in pochissimo tempo i comportamenti fiscali deviati esistenti nel nostro Paese. Pochissimi evaderebbero e ancora meno (i più stupidi) finirebbero concretamente in carcere. Alcuni oziosi personaggio abituati a vivere di rendite finanziarie potrebbero pensare di lasciare il Paese ma il Paese non ne soffrirebbe un soverchio danno. Chi in Italia mantiene il suo centro di interessi e lavora onestamente avrebbe solo da guadagnare da una riduzione della pressione fiscale complessiva.

Gli oppositori a questi provvedimenti citerebbero certamente il dovere di riservatezza che professionisti, manager, funzionari di banca, ecc. dovrebbero avere nei confronti dei loro clienti. Ma questo dovere di riservatezza può spingersi fino al punto di dover coprire dei reati fiscali che si sostanziano, di fatto, nell'indebita appropriazione di risorse pubbliche? Che differenza fa il rubare sottraendo rispetto al rubare nascondendo? A parte l'aggravante della 'mano armata', quali differenze morali e materiali passano tra una rapina effettuata da un bandito ad un ufficio postale e quella effettuata dal sen. Previti ai danni dell'erario, se non che la rapina del sen. Previti riguarda una cifra certamente più ingente? Per dare massima efficacia a questi provvedimenti l'Italia dovrebbe anche garantire, oltre che la 'provvigione' sull'evasione recuperata, anche 'asilo politico' ed ospitalità a quei procacciatori stranieri di informazioni fiscali (riguardanti i residenti italiani fiscalmente 'infedeli') che potessero essere eventualmente perseguiti nei loro paesi per la loro attività di cooperazione offerta al fisco italiano.

È certo che questi due provvedimenti possano essere osteggiati anche da un governo di sinistra in quanto intaccherebbero concretamente interessi che albergano anche da quelle parti politiche. Ma credo che, fatte salve tutte le garanzie che dovrebbero essere offerte agli 'accusati' per poter dimostrare la loro innocenza fiscale, in Italia sia ormai tempo di adottare anche in campo fiscale un approccio pragmatico e libero da false pruderie e moralismi. Lo scarso senso di appartenenza che la maggior parte degli Italiani ha nei confronti della cosa pubblica è in buona parte dovuta alla consapevolezza che in Italia albergano troppi comportamenti furbi ed elusivi. Maggiore giustizia fiscale farebbe certamente crescere il senso e la volontà di appartenenza ad un'unica e grande Nazione. È ora che la lotta all'evasione smetta di essere uno puro slogan sindacale ed adotti provvedimenti semplici ed efficaci. Per questo il 'popolo degli onesti' deve appoggiare una grande iniziativa legislativa per introdurre norme simili a quelle descritte.

Paolo Sassetti (1998)



(nota 1)
Si tratta di questi articoli di Paolo Sassetti, che potete leggere cliccando su ciascuno:
'Come stanare facilmente i grandi evasori', Marzo 1998;
'Perché la lotta all'evasione è ancora un tabù', Settembre 1998,
'Riappropriarsi della sovranità fiscale', Ottobre 1998

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