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Come difendersi dal "rischio-gestore"...

La teoria di portafoglio classica che si studia in ambito accademico s’impernia sulla distinzione tra rischio di mercato (sistematico, non diversificabile) e rischio specifico (diversificabile) riferito alle singole azioni. Non mi dilungo su tale distinzione perché la presumo richiamata fino alla nausea ai miei venticinque lettori...

di La redazione di Soldionline 3 nov 2006 ore 09:16

Adeguatamente volgarizzata, la teoria di portafoglio con le sue impeccabili distinzioni d'accademia ha consentito per decenni a frotte di promotori di magnificare la virtù della diversificazione di portafoglio conseguibile tramite agli OICR e preclusa ai piccoli e medi risparmiatori. Tutto vero, ma solo in teoria, perché ai rischi raccontati ai risparmiatori ne manca uno bello grosso che, tuttavia, passa normalmente inosservato in quanto non è neppure classificato dall'accademia.

Infatti, man mano che ci si inoltra nella gestione attiva di portafoglio ci si imbatte in un rischio che la teoria accademica di portafoglio non contempla, perché tale teoria è imperniata su portafogli astrattamente 'ottimali' basati su modelli di media/varianza: questo rischio che l'accademia non considera è il rischio-gestore.

Che cos'è il rischio-gestore? È il rischio che anche il miglior gestore attivo della terra non riesca a mantenere le sue performance (relative) sui livelli del suo glorioso passato. Oddio, più che un rischio questa è una vera certezza, nel senso che il declino professionale e di performance di ogni gestore non è mai questione di 'se' ma semplicemente di 'quando'. Non esiste eccezione alcuna a questa regola, il che complica non poco il lavoro di selezione degli OICR.

Complica il lavoro di selezione perché non solo gli OICR meritevoli di effettiva attenzione sono solo il 5%-10% del totale di quelli disponibili al risparmiatore, ma anche quelli che cadono nel 5-10% non sono neanche sempre gli stessi nel tempo. I gestori sono uomini fallaci, a volte si demotivano, altre volte si incapponiscono sulle loro visioni del mercato, altre volte crescono troppo in massa gestita e perdono in flessibilità, altre volte ancora si inoltrano in nuove strategie di portafoglio alle quali sono impreparati, insomma, per una ragione o per l'altra, entrano immancabilmente in una fase declinante del loro ciclo di vita professionale. Primo o poi, sempre. Sia nei fondi comuni, sia nei fondi hedge, sempre.

Alle grandi case d'investimento, che offrono tutti i prodotti possibili per area geografica, settore merceologico e stile d'investimento e che hanno le maggiori quote di mercato nel risparmio gestito, la constatazione dell'esistenza del rischio-gestore, se entrasse nella consapevolezza dell'uomo comune, rappresenterebbe un bel bastone tra le ruote della loro macchina di marketing; infatti, la consapevolezza del rischio-gestore dovrebbe indurre i risparmiatori a diversificare tra fondi di un stesso comparto gestiti da gestori diversi, con evidenti conseguenze sulla concentrazione delle quote di mercato. Meglio, dunque, per chi domina in quote di mercato, non alimentare tale consapevolezza nei risparmiatori ... Fintanto che qualcuno nell'industria del risparmio gestito non comprenderà che la constatazione di questo problema apre la giustificazione all'offerta di fondi di fondi (specializzati per specifiche categorie) che compiano quella selezione che è tecnicamente preclusa all'investitore medio ....

Purtroppo, così come in altri ambiti della finanza, anche in questa fattispecie non esiste alcun modo per prevedere (in anticipo) le fasi declinanti nel ciclo di vita professionale dei gestori. Dunque, come affrontare concretamente ma, al tempo stesso, razionalmente questo problema?

Una teoria, meno nota ma verificata empiricamente in numerosi studi statistici, quella della persistenza dei gestori (raggruppati per classi di performance, percentili, decili, quintili, ecc.) per appartenenza alla classe di performance, offre uno strumento operativo per gestire in maniera razionale questo problema, altrimenti intrattabile. A tal proposito, su questo concetto rinvio al mio precedente articolo Fondi: fidarsi dei primi della classe, pubblicato su Soldionline del 14 Settembre 2006. Per chi volesse approfondire questa teoria, rinvio agli studi pubblicati sul sito della Financial Service Authority britannica.

In sostanza, la soluzione a questo problema risiede nello scegliere, per ciascuna categoria di fondi (ad esempio gli azionari Europa, gli azionari Paesi Emergenti, ecc.), i fondi 'migliori', diversificare tra essi, monitorarne la regolarità di performance, far uscire dalla selezione i fondi che degradano di performance e farvi entrare quelli che la migliorano, effettuando una rotazione (lievemente) dinamica tra fondi della stessa categoria.

L'obiettivo di questa strategia d'investimento, attraverso una diversificazione del rischio-gestore, è quella di performare nel medio termine (diciamo, un anno) tendenzialmente meglio della media degli OICR di categoria (e, possibilmente, sotto talune condizioni, dei relativi benchmark), contenendo l'ampiezza delle sottoperformance nei periodi in cui questi immancabilmente si presentano.

Ora, va chiarito che i fondi 'migliori' non sono quelli che presentano le performance assolute migliori, che è l'errore in cui tipicamente cadono i risparmiatori quando si affidano per le loro scelte alle classifiche dei fondi pubblicate periodicamente sulla stampa di settore.

Per la selezione dei fondi 'migliori' personalmente utilizzo un mix di criteri che posso così riassumere:

- ripetizione e regolarità nel tempo nella generazione di Alfa di portafoglio (indica il valore aggiunto creato del gestore rispetto al rischio assunto)
- R quadro inferiore ad un valore soglia predeterminato (indica una gestione effettivamente attiva)
- concentrazione di portafoglio massima non superiore ad un valore predeterminato (limita il rischio specifico assunto da ogni singolo gestore)

Nel medio termine questo processo di selezione tramite Alfa offre risultati confortanti, come ho già dimostrato in una mia precedente ricerca (P. Sassetti, M. Tani, 'Dynamic Asset Allocation Using Systematic Sector Rotation', Journal of Wealth Management, Spring 2006). In singoli mesi può addirittura offrire risultati molto positivi. Ecco, ad esempio, come ha performato nell'ultima settimana e nell'ultimo mese (valutazione al 30 Ottobre 2006) una mia selezione di fondi azionari specializzati sui mercati asiatici e giapponese:


Il caso dei fondi giapponesi è illuminante della finalità della strategia perseguita: le modeste performance di un singolo fondo selezionato non hanno condizionato eccessivamente la performance complessiva del portafoglio di fondi dedicato al Giappone rispetto ai benchmark.

Un approccio analitico analogo può applicarsi persino ai fondi monetari/obbligazionari, in questo caso a confronto con indici Fideuram di categoria:





Infine, sia pur con una espansione concettuale, lo stesso approccio metodologico può essere utile anche per selezionare implicitamente ed indirettamente specifiche aree geografiche d'investimento all'interno di aree più vaste, come può essere l'America Latina all'interno della più vasta categoria dei Paesi Emergenti, con risultati ancor più eclatanti:





Di fatto, trattasi dell'applicazione di una strategia che potremmo a ben ragione definire di 'Alpha following' (che segue l'Alfa di portafoglio generato dagli OICR, pur sotto il contemperamento di altri vincoli). Nell'ultimo caso descritto dei Paesi Emergenti, questa strategia consente non solo una selettività tra OICR all'interno di una specifica categoria, ma anche una forma di vera e propria asset allocation dinamica (si veda ancora P. Sassetti, M. Tani, 'Dynamic Asset Allocation Using Systematic Sector Rotation', Journal of Wealth Management, Spring 2006).

Le critiche inevitabili cui tale strategia può essere oggetto da parte dell'Accademia non ne scalfiscono i vantaggi pratici ed operativi nel medio termine, soprattutto in termini di semplificazione di un processo di selezione dei fondi che rappresenta un problema di una certa complessità.


Paolo Sassetti
Analista finanziario indipendente, socio Aiaf

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