Anatocismo o Anacronismo di una sentenza?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sancito definitivamente l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi praticata dalle banche italiane. Ma questo che problemi risolve?...
di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:51
La sentenza è stata generalmente commentata con favore dalla stampa e dalle associazioni dei consumatori. Essa, infatti, consente di impedire questa pratica per il futuro e, sotto ardue condizioni, potrebbe persino consentire di ottenere il rimborso per gli interessi illegittimamente pagati in passato.
Ma è una vera vittoria dei consumatori o piuttosto una vittoria di Pirro determinata dalla incomunicabilità, tutta italica, tra la cultura giuridica e la cultura economica?
Un tasso di interesse composto trimestralmente produce un interesse effettivo pari alla potenza quarta dell'interesse trimestrale applicato. Tale interesse effettivo può essere applicato, in alternativa, come un equivalente interesse nominale annuale. Ad esempio, invece di applicare un interesse del 3% trimestrale (12% nominale) una banca può applicare un interesse annuale effettivo del 12,55% che, su un periodo annuale, è esattamente equivalente.
C'è da chiedersi cosa avrebbero fatto le banche italiane se la sentenza della Cassazione fosse stata emess 30 anni fa. Qualcuno forse dubita che le banche avrebbero adeguato i tassi di interesse nominali alle nuove regole imposte dalla Cassazione? No di certo, le banche, avrebbero semplicemente aumentato i tassi di interesse nominali tali da renderli equivalenti a quelli effettivi della capitalizzazione composta.
C'è ampia evidenza che il livello degli spread bancari dipende in tutto il mondo occidentale dal grado di concorrenza e trasparenza tra banche. Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, ha condotto ampi studi in proposito. In breve, gli spread bancari sono connessi alla forma più meno concorrenziale del settore bancario ed alla trasparenza con cui esso opera, fattori che sono entrambi indifferenti alla tecnicalità di computo degli interessi.
E qui sorge un altro problema: in base ai più comuni indici di concentrazione, il settore bancario italiano non risulta essere neanche uno dei più concentrati nel mondo occidentale. Tuttavia c'è ampia evidenza che i suoi servizi siano tra i più costosi. La frammentazione del settore, sia pur in riduzione negli ultimi anni, non si traduce in prezzi più bassi per gli utenti. Basta aver osservato cosa è accaduto nel corso del 2004, quando molte banche hanno aumentato quasi contestualmente i costi di molti servizi bancari di base. Un atteggiamento che è stato collusivo nei fatti anche se non concordato a tavolino. E che ha vanificato, in concreto, il senso dell'esortazione ripetutamente fatta dal Presidente dell'ABI agli utenti di cambiare la loro banca se questa abusa del suo potere di aumentare i prezzi dei servizi. Dove vai a fare la spesa se tutti aumentano i prezzi? Continui a fare la spesa dove l'hai sempre fatta.
In breve, sentenze come quella della Cassazione rispondono a logiche giuridiche che non hanno impatto sul fattori strutturali che determinano la trasparenza e la competitività di un settore. Avremmo meno bisogno di Cassazione e più bisogno di Antitrust.
Paolo Sassetti
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Un tasso di interesse composto trimestralmente produce un interesse effettivo pari alla potenza quarta dell'interesse trimestrale applicato. Tale interesse effettivo può essere applicato, in alternativa, come un equivalente interesse nominale annuale. Ad esempio, invece di applicare un interesse del 3% trimestrale (12% nominale) una banca può applicare un interesse annuale effettivo del 12,55% che, su un periodo annuale, è esattamente equivalente.
C'è da chiedersi cosa avrebbero fatto le banche italiane se la sentenza della Cassazione fosse stata emess 30 anni fa. Qualcuno forse dubita che le banche avrebbero adeguato i tassi di interesse nominali alle nuove regole imposte dalla Cassazione? No di certo, le banche, avrebbero semplicemente aumentato i tassi di interesse nominali tali da renderli equivalenti a quelli effettivi della capitalizzazione composta.
C'è ampia evidenza che il livello degli spread bancari dipende in tutto il mondo occidentale dal grado di concorrenza e trasparenza tra banche. Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, ha condotto ampi studi in proposito. In breve, gli spread bancari sono connessi alla forma più meno concorrenziale del settore bancario ed alla trasparenza con cui esso opera, fattori che sono entrambi indifferenti alla tecnicalità di computo degli interessi.
E qui sorge un altro problema: in base ai più comuni indici di concentrazione, il settore bancario italiano non risulta essere neanche uno dei più concentrati nel mondo occidentale. Tuttavia c'è ampia evidenza che i suoi servizi siano tra i più costosi. La frammentazione del settore, sia pur in riduzione negli ultimi anni, non si traduce in prezzi più bassi per gli utenti. Basta aver osservato cosa è accaduto nel corso del 2004, quando molte banche hanno aumentato quasi contestualmente i costi di molti servizi bancari di base. Un atteggiamento che è stato collusivo nei fatti anche se non concordato a tavolino. E che ha vanificato, in concreto, il senso dell'esortazione ripetutamente fatta dal Presidente dell'ABI agli utenti di cambiare la loro banca se questa abusa del suo potere di aumentare i prezzi dei servizi. Dove vai a fare la spesa se tutti aumentano i prezzi? Continui a fare la spesa dove l'hai sempre fatta.
In breve, sentenze come quella della Cassazione rispondono a logiche giuridiche che non hanno impatto sul fattori strutturali che determinano la trasparenza e la competitività di un settore. Avremmo meno bisogno di Cassazione e più bisogno di Antitrust.
Paolo Sassetti
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