Anacronistiche tentazioni "monarchiche" in tempi di democrazia...
Recentemente ho avuto modo di rammaricarmi del fatto che la Banca d’Italia operi come un’istituzione di fatto non responsabile delle sue scelte di fronte ai cittadini e che, un po’ per questa sua caratteristica ed un po’ per la conferma dell’anacronistico mandato a vita che caratterizza la figura del Governatore, l’Istituto di Vigilanza appaia quasi come l’ultimo datato "scampolo monarchico" della Repubblica Italiana.
di La redazione di Soldionline 5 ott 2005 ore 08:47
L'indipendenza di un'Authority non dovrebbe essere confusa con la insindacabilità del suo operato, specie quando appare deragliare dai binari della neutralità istituzionale e del semplice buon senso.
Ancor più recentemente la situazione da me denunciata sembra essersi incancrenita ed il fatto che la Banca d'Italia non debba rispondere a nessuno del suo operato pare averla condotta sulla strada dell'arbitrio istituzionale. Mi riferisco, evidentemente, al comportamento tenuto dalla Banca d'Italia in occasione delle Opa lanciate da banche estere su banche italiane.
Vediamo un po':
Il patto di sindacato di Banca Intesa comprende il 40,3% dei diritti di voto della banca. Il maggior azionista aderente al patto è il Credit Agricole col 18% dei diritti di voto.
Il patto di sindacato di San Paolo Imi comprende il 30,4% delle azioni ordinarie con un peso nettamente predominante delle fondazioni bancarie.
Il patto di sindacato di Capitalia comprende il 29,5% delle azioni ordinarie. ABN-Amro controlla il 5,3% delle azioni ordinarie ed è il principale azionista della banca capitolina.
Unicredito non è governato da alcun patto di sindacato ed il suo principale azionista è la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino con l'8,7% dei diritti di voto. Il secondo azionista detiene il 7,5% del capitale, il flottante rappresenta ben il 65% del capitale.
Il patto di sindacato di BNL ad oggi comprende 'solo' il 28% delle azioni ordinarie, con il Banco di Bilbao principale azionista con il 14% sul totale del capitale ordinario.
In breve, nessuna delle principali banche nazionali presenta un azionariato con il pieno controllo sulle azioni con voto ordinario.
La più efficiente delle grandi banche italiane non è governata da un patto di sindacato ma, fino ad oggi, è stata giudicata difficilmente scalabile perché la sua elevata capitalizzazione, che derivava dalla sua efficienza, rappresentava la migliore difesa contro scalate ostili. Dopo la fusione con la Hvb tedesca, Unicredito risulterà ancor più difficilmente scalabile ma l'azionariato del gruppo risulterà ancor più diffuso e senza gruppi di controllo dominanti, anche se un'influenza importante sul Consiglio di Amministrazione potrà essere conseguita con percentuali di partecipazione azionaria relativamente modeste.
La stessa BNL, oggi oggetto di molteplici interessi, è controllata da un patto di sindacato che controllo poco più di ¼ delle azioni ordinarie.
Se questa è la condizione di controllo dei grandi gruppi bancari italiani, appare quanto meno sorprendente che la Banca d'Italia abbia imposto al Banco di Bilbao di raggiungere il 50% + 1 delle azioni ordinarie di BNL per dar luce verde all'offerta di scambio lanciata sulla banca romana, con l'argomentazione, palesemente capziosa, di voler assicurare in tal modo la necessaria stabilità di controllo alla banca acquisita.
Quest'argomentazione, che non ha riscontro nella casistica nazionale dei principali gruppi bancari, non era mai stata finora addotta per coprire un'ingerenza così smaccata dell'Istituto di Vigilanza sulle libere forze del mercato finanziario ed ha il sapore amaro di una modifica delle regole del gioco del mercato a partita già iniziata. Come se un arbitro di calcio convalidasse un gol effettuato da posizione fuori gioco, dicendo: 'Non vi avevo avvertito che in questa partita non vale la regola del fuori gioco?'.
"Siccome sana e prudente gestione richiede una stabilità di comando, se attraverso un'Opa si ottiene il 51% o più allora il problema non si pone, se invece, si va sotto, Banca d'Italia deve valutare ai fini della sana e prudente gestione se c'è una stabilità di comando con quella quota" era stato, in breve, il succo della lettera inviata dalla Banca d'Italia al commissario europeo alla concorrenza Neelie Kroes nell'interpretazione sintetica del Governo.
Ma, ancor più sorprendente è che, una volta imposta la condicio sine qua non, fino a prima inedita, del raggiungimento controllo sulla banca italiana, la Banca d'Italia non abbia sentito la necessità di astenersi da ulteriori interventi destinati a condizionare ulteriormente le sorti dell'operazione.
Tuttavia, autorizzando l'Unipol a salire fino al 9,9% del capitale della banca romana mentre poneva al Banco di Bilbao il vincolo del 50% + 1 delle azioni BNL, di fatto Bankitalia ha imposto al Banco di Bilbao un obiettivo vincolante inedito e ha creato le condizioni perché tale obiettivo venisse raggiunto con maggiore difficoltà o non venisse raggiunto del tutto.
In linguaggio poco finanziario ma per nulla ipocrita, questo comportamento si traduce in 'mettere i bastoni tra le ruote' ad uno degli attori del mercato finanziario. Cosa tecnicamente possibile ma politicamente non auspicabile da parte di un'Authority di Vigilanza se l'ostilità verso lo scalatore non si fonda su elementi oggettivi ma solo sul criteri di nazionalità. Ponendo un obiettivo non certo neutrale sulle sorti dell'offerta di scambio lanciata dal Banco di Bilbao sulla BNL, la Banca d'Italia, quindi, avrebbe almeno dovuto sterilizzare la situazione degli altri investitori istituzionali. Invece, ha, di fatto, legato un braccio dietro la schiena del banco del Bilbao ed ha operato affinché un pugile fresco salisse sul ring per pestarlo a dovere in una tenzone non proprio leale.
La notizia che il senatore di Forza Italia Luigi Grillo abbia annunciato una possibile contro-Opa di Unipol non rasserena il quadro. È ben vero che il senatore Grillo ha prontamente smentito la dichiarazione ma il comunicato della Reuters è troppo dettagliato per apparire la pura e semplice invenzione di un'agenzia di stampa. Anticipazione di un evento reale o puro 'avvertimento' trasversale, questo comunicato non è stato rilasciato a caso: a tutti è noto che il senatore Grillo funge da portavoce del Governatore, almeno da quanto accompagnò il dott. Fazio al famoso pranzo con Silvio Berlusconi e Gianni Letta che sancì la 'pax bancaria' tra Governo e Banca d'Italia. Come tale, accredita ulteriormente l'idea che la Banca d'Italia stia giocando una partita non proprio neutrale, sollecitando soggetti italiani a difendere la italianità di alcune banche.
Analoga impressione riguarda la contro Opa lanciata dalla Popolare di Lodi sulla banca Antonveneta. Maturata in un quadro che ha costretto persino la magistratura ordinaria ad avviare delle indagini, uno degli elementi più sconcertanti della vicenda è che la Popolare di Lodi, banca dalla redditività assolutamente modesta e che, conseguentemente, da anni sottoperforma l'incide azionario bancario europeo, abbia impegnato sue risorse per finanziare soggetti privati che hanno tratto un ingente profitto dall'acquisto di azioni Antoveneta,.rivendute successivamente alla Lodi stessa.
Le centinaia di milioni di euro erogate dalla Popolare di Lodi per finanziare le speculazioni sul titolo Antonveneta (quanto meno contestualmente 'insolite' se, prudentemente, in attesa del completamento delle indagini non vogliamo affermare che, data la loro simultaneità, potrebbero essere state addirittura coordinate sotto il segno zodiacale dell'insider trading) non rappresentano proprio l'utilizzo ideale dell'erogazione creditizia da parte di una banca di credito ordinario.
Per lo meno, non dovrebbe rappresentarlo almeno agli occhi di coloro che argomentano che le banche italiane non debbano passare sotto il controllo di gruppi esteri per non far mancare il credito alle imprese italiane. Che la difesa dell'italianità delle banche maturi in questo contesto di collusioni, 'concerti', trasparenza zoppa, favori, ecc. lascia gravemente perplessi sul compromesso accettato tra fini e mezzi per conseguirli. Anche in finanza si ha la necessità della certezza del diritto e del rispetto di regole uguali per tutti gli attori del mercato.
La Banca d'Italia oggi sembra tentata dal ruolo di garante dello status quo finanziario che osteggia il cambiamento in Italia nel nome della difesa dell'italianità delle banche. Le forze della conservazione hanno pari diritto di cittadinanza di quelle del cambiamento. Purché le regole del gioco e la trasparenza finanziaria siano pienamente rispettate. Se guardiamo al Roe delle banche storicamente 'protette' dalla Banca d'Italia contro ogni ingerenza esterna 'purificatrice', ci rendiamo conto che tale protezione si è risolta in una distruzione di ricchezza per i loro azionisti ed in un danno per il sistema-Paese. Ma anche in vantaggi personali per quei manager che hanno beneficiato di tali protezioni e che, senza di esse, sarebbero stati mandati a casa da tempo.
In questo quadro così degradato, in cui le bocche cucite sovrastano le voci di dissenso, il ruolo critico dell'informazione indipendente è fondamentale.
Paolo Sassetti
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Vediamo un po':
Il patto di sindacato di Banca Intesa comprende il 40,3% dei diritti di voto della banca. Il maggior azionista aderente al patto è il Credit Agricole col 18% dei diritti di voto.
Il patto di sindacato di San Paolo Imi comprende il 30,4% delle azioni ordinarie con un peso nettamente predominante delle fondazioni bancarie.
Il patto di sindacato di Capitalia comprende il 29,5% delle azioni ordinarie. ABN-Amro controlla il 5,3% delle azioni ordinarie ed è il principale azionista della banca capitolina.
Unicredito non è governato da alcun patto di sindacato ed il suo principale azionista è la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino con l'8,7% dei diritti di voto. Il secondo azionista detiene il 7,5% del capitale, il flottante rappresenta ben il 65% del capitale.
Il patto di sindacato di BNL ad oggi comprende 'solo' il 28% delle azioni ordinarie, con il Banco di Bilbao principale azionista con il 14% sul totale del capitale ordinario.
In breve, nessuna delle principali banche nazionali presenta un azionariato con il pieno controllo sulle azioni con voto ordinario.
La più efficiente delle grandi banche italiane non è governata da un patto di sindacato ma, fino ad oggi, è stata giudicata difficilmente scalabile perché la sua elevata capitalizzazione, che derivava dalla sua efficienza, rappresentava la migliore difesa contro scalate ostili. Dopo la fusione con la Hvb tedesca, Unicredito risulterà ancor più difficilmente scalabile ma l'azionariato del gruppo risulterà ancor più diffuso e senza gruppi di controllo dominanti, anche se un'influenza importante sul Consiglio di Amministrazione potrà essere conseguita con percentuali di partecipazione azionaria relativamente modeste.
La stessa BNL, oggi oggetto di molteplici interessi, è controllata da un patto di sindacato che controllo poco più di ¼ delle azioni ordinarie.
Se questa è la condizione di controllo dei grandi gruppi bancari italiani, appare quanto meno sorprendente che la Banca d'Italia abbia imposto al Banco di Bilbao di raggiungere il 50% + 1 delle azioni ordinarie di BNL per dar luce verde all'offerta di scambio lanciata sulla banca romana, con l'argomentazione, palesemente capziosa, di voler assicurare in tal modo la necessaria stabilità di controllo alla banca acquisita.
Quest'argomentazione, che non ha riscontro nella casistica nazionale dei principali gruppi bancari, non era mai stata finora addotta per coprire un'ingerenza così smaccata dell'Istituto di Vigilanza sulle libere forze del mercato finanziario ed ha il sapore amaro di una modifica delle regole del gioco del mercato a partita già iniziata. Come se un arbitro di calcio convalidasse un gol effettuato da posizione fuori gioco, dicendo: 'Non vi avevo avvertito che in questa partita non vale la regola del fuori gioco?'.
"Siccome sana e prudente gestione richiede una stabilità di comando, se attraverso un'Opa si ottiene il 51% o più allora il problema non si pone, se invece, si va sotto, Banca d'Italia deve valutare ai fini della sana e prudente gestione se c'è una stabilità di comando con quella quota" era stato, in breve, il succo della lettera inviata dalla Banca d'Italia al commissario europeo alla concorrenza Neelie Kroes nell'interpretazione sintetica del Governo.
Ma, ancor più sorprendente è che, una volta imposta la condicio sine qua non, fino a prima inedita, del raggiungimento controllo sulla banca italiana, la Banca d'Italia non abbia sentito la necessità di astenersi da ulteriori interventi destinati a condizionare ulteriormente le sorti dell'operazione.
Tuttavia, autorizzando l'Unipol a salire fino al 9,9% del capitale della banca romana mentre poneva al Banco di Bilbao il vincolo del 50% + 1 delle azioni BNL, di fatto Bankitalia ha imposto al Banco di Bilbao un obiettivo vincolante inedito e ha creato le condizioni perché tale obiettivo venisse raggiunto con maggiore difficoltà o non venisse raggiunto del tutto.
In linguaggio poco finanziario ma per nulla ipocrita, questo comportamento si traduce in 'mettere i bastoni tra le ruote' ad uno degli attori del mercato finanziario. Cosa tecnicamente possibile ma politicamente non auspicabile da parte di un'Authority di Vigilanza se l'ostilità verso lo scalatore non si fonda su elementi oggettivi ma solo sul criteri di nazionalità. Ponendo un obiettivo non certo neutrale sulle sorti dell'offerta di scambio lanciata dal Banco di Bilbao sulla BNL, la Banca d'Italia, quindi, avrebbe almeno dovuto sterilizzare la situazione degli altri investitori istituzionali. Invece, ha, di fatto, legato un braccio dietro la schiena del banco del Bilbao ed ha operato affinché un pugile fresco salisse sul ring per pestarlo a dovere in una tenzone non proprio leale.
La notizia che il senatore di Forza Italia Luigi Grillo abbia annunciato una possibile contro-Opa di Unipol non rasserena il quadro. È ben vero che il senatore Grillo ha prontamente smentito la dichiarazione ma il comunicato della Reuters è troppo dettagliato per apparire la pura e semplice invenzione di un'agenzia di stampa. Anticipazione di un evento reale o puro 'avvertimento' trasversale, questo comunicato non è stato rilasciato a caso: a tutti è noto che il senatore Grillo funge da portavoce del Governatore, almeno da quanto accompagnò il dott. Fazio al famoso pranzo con Silvio Berlusconi e Gianni Letta che sancì la 'pax bancaria' tra Governo e Banca d'Italia. Come tale, accredita ulteriormente l'idea che la Banca d'Italia stia giocando una partita non proprio neutrale, sollecitando soggetti italiani a difendere la italianità di alcune banche.
Analoga impressione riguarda la contro Opa lanciata dalla Popolare di Lodi sulla banca Antonveneta. Maturata in un quadro che ha costretto persino la magistratura ordinaria ad avviare delle indagini, uno degli elementi più sconcertanti della vicenda è che la Popolare di Lodi, banca dalla redditività assolutamente modesta e che, conseguentemente, da anni sottoperforma l'incide azionario bancario europeo, abbia impegnato sue risorse per finanziare soggetti privati che hanno tratto un ingente profitto dall'acquisto di azioni Antoveneta,.rivendute successivamente alla Lodi stessa.
Le centinaia di milioni di euro erogate dalla Popolare di Lodi per finanziare le speculazioni sul titolo Antonveneta (quanto meno contestualmente 'insolite' se, prudentemente, in attesa del completamento delle indagini non vogliamo affermare che, data la loro simultaneità, potrebbero essere state addirittura coordinate sotto il segno zodiacale dell'insider trading) non rappresentano proprio l'utilizzo ideale dell'erogazione creditizia da parte di una banca di credito ordinario.
Per lo meno, non dovrebbe rappresentarlo almeno agli occhi di coloro che argomentano che le banche italiane non debbano passare sotto il controllo di gruppi esteri per non far mancare il credito alle imprese italiane. Che la difesa dell'italianità delle banche maturi in questo contesto di collusioni, 'concerti', trasparenza zoppa, favori, ecc. lascia gravemente perplessi sul compromesso accettato tra fini e mezzi per conseguirli. Anche in finanza si ha la necessità della certezza del diritto e del rispetto di regole uguali per tutti gli attori del mercato.
La Banca d'Italia oggi sembra tentata dal ruolo di garante dello status quo finanziario che osteggia il cambiamento in Italia nel nome della difesa dell'italianità delle banche. Le forze della conservazione hanno pari diritto di cittadinanza di quelle del cambiamento. Purché le regole del gioco e la trasparenza finanziaria siano pienamente rispettate. Se guardiamo al Roe delle banche storicamente 'protette' dalla Banca d'Italia contro ogni ingerenza esterna 'purificatrice', ci rendiamo conto che tale protezione si è risolta in una distruzione di ricchezza per i loro azionisti ed in un danno per il sistema-Paese. Ma anche in vantaggi personali per quei manager che hanno beneficiato di tali protezioni e che, senza di esse, sarebbero stati mandati a casa da tempo.
In questo quadro così degradato, in cui le bocche cucite sovrastano le voci di dissenso, il ruolo critico dell'informazione indipendente è fondamentale.
Paolo Sassetti

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