Tassazione delle rendite e fondi pensione, occorrerà fare attenzione
Dopo il già poco brillante esito della riforma del Tfr e le mille resistenze e dubbi che hanno accompagnato l’ennesimo tentativo di far decollare la previdenza complementare in Italia, le discussioni su un’eventuale “flat tax” al 20% di tutte le rendite finanziarie provoca qualche sgomento. Cerchiamo di sgombrare il campo dai dubbi e capire cosa potrebbe succedere.
di La redazione di Soldionline 24 ago 2007 ore 10:41Nel gran gioco che in queste settimane si sta facendo tra riforma previdenziale e provvedimenti a favore del welfare, si è inserito questa settimana l'ennesimo tema 'scottante', quello della riforma della tassazione sulle rendite finanziarie. Un tema, in verità, che sembra essere stato tirato fuori a bella posta, visto che fino a pochi giorni fa sembrava unanimemente condiviso non solo dalla maggioranza di governo, ma sostanzialmente dall'intero corpo elettorale e che invece ora, come sempre, divide, suscita indignazione, sgomento, proposte di sciopero e chi più ne ha più ne metta. Dopo le tempeste finanziarie vere, sui principali mercati mondiali, insomma, l'ennesima tempesta 'mediatica' nel piccolo giardino di casa nostra.
Visto lo stentato decollo della previdenza complementare italiana dopo la riforma del Tfr, è tuttavia il caso di capire quali potrebbero essere i possibili effetti in particolare per i fondi pensione. Attualmente le rendite finanziarie possono essere rilevanti ai fini fiscali quali redditi 'di capitale' (interessi, gli utili e i proventi derivanti dall'impiego di un capitale quali interessi bancari, rendimenti sui titoli di Stato e obbligazioni societarie e dividendi azionari), o quali 'redditi diversi di natura finanziaria' (le plusvalenze che derivano da atti di negoziazione, ossia i cosiddetti 'capital gain', dal rimborso di titoli e i proventi aleatori).
I redditi di capitale vengono tassati in base al principio di cassa, senza la possibilità di dedurre gli eventuali costi che sono stati sostenuti per la loro produzione e nella maggior parte dei casi sono soggetti a ritenuta alla fonte da parte dei sostituti d'imposta che li erogano. La ritenuta è pari a 12,50% (sugli interessi su conti correnti e depositi e sui titoli di Stato) o al 27% (negli altri casi) ed è generalmente applicata a titolo d'imposta (ossia in forma definitiva) nei confronti delle persone fisiche che non esercitino attività di impresa commerciale (altrimenti tale reddito ricadrebbe nel reddito d'impresa e come tale verrebbe tassato) col conseguente esonero per il contribuente dalla successiva indicazione nella dichiarazione dei redditi.
Quando parliamo di risparmio gestito (dunque fondi, sicav, gestioni patrimoniali ma anche fondi pensione) parliamo di un regime di tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria (escluse le plusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate) e dei redditi di capitale fondato sul criterio della maturazione, l'esatto opposto (criterio del realizzo) di quanto previsto dagli attuali regimi della dichiarazione e del risparmio amministrato. Ed è questa una prima distorsione di non poco conto dato che in questo modo le performance di fondi e sicav estere possono godere di un innegabile vantaggio di marketing visto che sono al lordo della tassazione sino al momento del riscatto delle quote da parte del cliente, a cui dunque sembrano apparentemente superiori rispetto ai risultati ottenuti da analoghi prodotti italiani. Una distorsione che si spera l'eventuale introduzione di una flat tax al 20% dovrebbe andare ad eliminare.