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Pensioni, (quasi) tutto come previsto

Fatto l’accordo, si allungano i tempi per le riforme, 10 miliardi di euro di costi, agenzie di rating preoccupate. Ma i diretti interessati paiono avere ognuno un motivo di soddisfazione, come sempre succede quando si raggiunge un “onorevole compromesso”. Con un’incognita: il voto al Senato.

di La redazione di Soldionline 23 lug 2007 ore 09:49

Alla fine l'intesa si è trovata e come ampiamente anticipato è un compromesso incentrato sulla gradualità dell'innalzamento dell'età pensionabile. A partire dal primo gennaio 2008 i lavoratori dipendenti italiani potranno andare in pensione con 58 anni di età e 35 di contributi, mentre dal 1° luglio 2009 si passerà al sistema delle quote (somma di anzianità anagrafica e contributiva) mantenendo peraltro il minimo di 35 anni di contribuzione: si partirà da quota 95, con almeno 59 anni di età, per poi salire il 1° gennaio 2011 a quota 96 (minimo 60 anni di età) e nel 2013 a quota 97 (con almeno 61 anni). Per gli autonomi il requisito anagrafico sarà come già ora più alto di un anno. Rispetto alle indicazioni ancora di una settimana prima c'è dunque un ulteriore slittamento dei termini visto che come avevamo già ricordato fino agli inizi di luglio di parlava della possibilità di andare in pensione dal primo gennaio 2008 a 58 anni, per poi passare dal 2010 a 59 anni e per di più da quota 97 a partire dal 2011.

Inoltre la revisione dei coefficienti contributivi non passa e viene rinviata al 2010, per quanto a quel punto con una cadenza triennale e automatica. Anche per questo il giudizio da parte delle agenzie di rating non poteva che essere critico e infatti i commenti non si sono fatti attendere, a partire da Standard & Poor's che ha subito parlato di costi aggiuntivi 'con solo una compensazione parziale dell'aggiustamento dei benefici' che pure erano previsti fin dalla Riforma Dini del 1992. 'La prima di queste revisioni era attesa nel 2005, ma non è mai stata attuata dal governo Berlusconi. Ora è stata ritardata al 2010 e questo ha ripercussioni negative sulla sostenibilità a lungo termine dei conti pubblici' secondo gli esperti dell'agenzia. Analogo il giudizio di Fitch Ratings, per la quale l'aspetto positivo di quest'accordo 'è che si sia riusciti a trovarlo', ma per il resto non vi sono buone notizie, anzi.

Tra le altre novità dell'accordo vi è l'esenzione dalle nuove soglie di uscita di circa 1,4 milioni di lavoratori impegnati in attività 'usuranti', mentre il requisito per la pensione di vecchiaia delle donne resta fissato a 60 anni, ma di fatto sarà rallentato con l'attivazione delle 'finestre' finora previste solo per chi chiedeva una pensione di anzianità. Per le quali, inoltre, resta invariata la riduzione da 4 a 2 delle finestre stesse già fissata dalla Riforma Maroni (dunque dal prossimo anno si potrà far richiesta di pensionamento solo a gennaio e a luglio per chi avesse maturato i requisiti nei sei mesi precedenti). Con l'eventuale eccezione dei lavoratori con almeno 40 anni di contributi che potrebbero vedersi confermate le attuali 4 finestre purchè si verifichi un concreto rallentamento del flusso delle richieste di pensione di vecchiaia (con 2 o 4 finestre).

Costo dell'intesa: 10 miliardi di euro nell'arco del prossimo decennio, che destinati per 7,5 miliardi al superamento dello scalone e per 2,5 miliardi a favore dei lavoratori impiegati in attività usuranti, tutti reperiti, almeno sulla carta, dallo stesso settore previdenziale. Soddisfatto il ministro del lavoro Cesare Damiano, che già nella giornata di lunedì darà il via ad un nuovo round con le parti sociali per arrivare a definire un protocollo sul Welfare nonché specifiche misure sugli ammortizzatori sociali e sul mercato del lavoro. Nonostante le critiche piovute dall'estero sembra contento anche il ministro del Tesoro, Tommaso Padoa Schioppa, che sottolinea come si sia riusciti ad anticipare, sia pure modulando differentemente i passaggi intermedi, il 'punto di arrivo' della Riforma Maroni (ossia l'innalzamento del requisito minimo per l'anzianità a 62 anni di età e 35 di contributi) di un anno, dal 2014 al 2013 ottenendo di tramutare in un automatismo triennale la revisione dei coefficienti (per quanto posticipata al 2010), finora frutto di continui mercanteggiamenti tra le parti sociali.

Il problema sarà semmai vedere se il governo riuscirà a far approvare le nuove norme testè delineate, o se al Senato ci sarà come preannunciato dalla sinistra 'radicale' (ma forse varrebbe la pena di definire 'irrazionale' visto che pare voler ignorare la realtà delle cifre e dei trend demografici) una battaglia all'ultimo voto, visto che già Oliviero Di liberto, segretario nazionale Pdci, ha annunciato una 'campagna' contro la 'controriforma' previdenziale. Interessante sarà anche capire a quel punto quale potrà essere l'atteggiamento dell'opposizione, che sul tema ha mantenuto finora un bassissimo profilo.


Analista finanziario, Amministratore di 6 In Rete Consulting
Chi è Luca Spoldi

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