Un pensiero su inflazione e occupazione Usa
Per noi investitori l'attenzione non deve essere rivolta sulla crescita, quanto sul lato di prezzi, inflazione, costo del denaro e rendimenti delle obbligazioni
di Valter Buffo 5 giu 2018 ore 09:03Commento giornaliero di www.recce-d.com
Riprendiamo oggi dalla frase conclusiva del pezzo di ieri (Report sull'occupazione Usa: molto rumore per nulla): dove avevamo scritto che il dato per gli occupati USA di venerdì 1 giugno NON è un segnale di accelerazione della crescita economica, mentre è molto più importante il rialzo del tasso di crescita delle retribuzioni (oggi al 2,7%) ed è ancora più significativo l’aumento la quota degli americani che hanno smesso di cercare lavoro (calo del tasso di partecipazione).
Da qui deriva il calo del tasso di disoccupazione (nel primo grafico di oggi), che potrebbe ulteriormente scendere: per noi investitori, le implicazioni più significative non stanno però sul lato della crescita economica, quanto sul lato dei prezzi, dell’inflazione, del costo del denaro e dei rendimenti delle obbligazioni.
Ed è proprio di questo che scriveremo oggi, partendo dal secondo grafico in basso: quello che vedete è una componente dell’indice ISM per il settore della manifattura, e se seguite la riga di colore blu leggete che il livello dei prezzi dei beni acquistati dalle aziende manifatturiere è tornato ai massimi dal 2010. Si tratta, ovviamente, dei beni necessari per produrre: quindi, una pressione sui prezzi che si rifletterà entro breve poi sui prezzi dei beni venduti alle famiglie.
Questo è solo uno dei segnali che fanno credere che negli Stati uniti oggi le pressioni inflazionistiche sono maggiori di quelle che, a prima vista, si vedono seguendo l’indice CPI oppure l’indice che la Fed preferisce, che è il PCE: da qui, deriva l’aspettativa, che è nostra e di molti atri, di un processo che sarà lungo mesi se non anni, e che porterà l’inflazione USA ben al di sopra della soglia del 2% e quindi anche i tassi USA ben al di sopra del 3%. Ne ha scritto ieri George Magnus sul Financial Times in questo modo:
The bullish view about bonds is anchored by two observations. First, periods of sub-3 per cent yields are rare. (…) Second, going back to the 1960s, the peak in bond yields has coincided mostly with the peak in the Federal Funds rate. (…) Neither perspective, though, is conclusive because the economic cycle and inflation may yet strengthen, and the structural arguments for low interest rates are still being waged. (…) US economic growth has been about 2 per cent for a long time, but it may yet quicken. The late-cycle tax cuts are certainly boosting corporate profits and capital spending. Labour market conditions are firm, and unemployment could fall further. The government is also rolling back important aspects of banking and other regulation. Inevitably, there is a darker side to this for markets, too, in the form of fiscal deficits rising to about 5-6 per cent of GDP, even before the onset of the surge in age-related spending, and higher capital costs and inflation deriving from more trade protectionism and a more fragmented direct investment environment. (…) It is undoubtedly true that the world financial system is fraught with risk, and probable that there will be a global economic downturn in the next two to three years. For now, though, it seems complacent to think that policy rates will peak as uneventfully as consensus suggests, or that 3 per cent bond yields mark the top. Caveat emptor.
Fonte: Financial Times
Fonte: Financial Times
Nel daily dedicato ai Clienti, The Morning Brief, di oggi 5 giugno 2018, abbiamo trattato i seguenti temi:
- Italia con il nuovo Governo, ma non è finita l’incertezza: e l’indice di Milano scende di nuovo a 22 mila punti
- La Borsa di New York parte al rialzo come (quasi) ogni settimana: una anomalia? Una manipolazione?
- Questa settimana importanti dati macro dalla Cina: bilancia commerciale e prezzi al consumo
- SEZIONE L'OPERATIVITA' - questa settimana sul piano operativo ci occupiamo ancora del BTp e della Borsa di Milano
- SEZIONE L'ANALISI - il tema della nostra Analisi questa settimana sarà l’economia degli Stati Uniti