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Tutto il mondo dipende dallo yen

Non saremmo sorpresi oggi da qualche intervento o dichiarazione: la rottura di 115, questa mattina, è un fatto drammatico, e va almeno rinviata nel tempo

di Redazione Soldionline 9 feb 2016 ore 09:10

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO

1.     Tutto il mondo dipende dallo yen.
  Il ribasso del Nikkei stamattina (5%) è violento, e conferma che il ribasso di tutte le Borse ieri (lunedì) è partito proprio dal forte apprezzamento dello yen contro dollaro (grafico sotto): non è lo yen che è salito per le Borse, ma il contrario. Non saremmo sorpresi oggi da qualche intervento o dichiarazione: la rottura di 115, questa mattina, è un fatto drammatico, e va almeno rinviata nel tempo  [importante per: equity , obbligazioni e valute (globale)].
2.     Borse europee toccano i minimi da 15 mesi. Completamente, e drammaticamente, smentite le “previsioni” fatte solo 12 mesi fa da tutte le banche globali, e da tutte le Reti di vendita sulle Borse di Eurozona: alcune delle quali ripetute ancora un mese fa. Erano vere e proprie previsioni? Oppure solo slogan commerciali per vendere? Di certo, a noi di Recce’d sembra che anche nel 2016 le Borse europee saranno il punto debole e non il punto forte (come ancora in molti scrivono, nonostante i gravi errori fatti 12 mesi fa) del panorama internazionale. [importante per: equity , obbligazioni e valute (globale)].
3.     Borse europee e Draghi. E qui, naturalmente, viene messa in forte dubbio anche la credibilità di Draghi: che Draghi finisca per cambiare incarico? Anche il mercato obbligazionario, QE o non QE, gli ha voltato le spalle: i tassi swap sulle obbligazioni “investment grade”, come anche gli swap sulle obbligazioni di tipo junk, come anche l’indice I-Traxx sui finanziari di Eurozona, sono tutti e tre ai massimi dal 2013. Questo si chiama parlare chiaro  [importante per: equity , obbligazioni e valute (globale)].

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L’OPERATIVITA'
La guerra delle valute è arrivata? Se si entra in una fase di “guerra delle valute”, allora sarà proprio la gestione del rischio di cambio, da qui in avanti, a determinare i risultati dei vostri investimenti e del vostro portafoglio. La settimana scorsa, il dollaro USA ha subito la più ampia svalutazione settimanale dal 2009, e questi sono dati che non devono essere mai sottovalutati: non arrivano mai per caso. Ora il punto sta in quello che dirà Yellen domani: se la caduta delle Borse avesse, come conseguenza, che Yellen si fa mettere paura e modifica la linea di politica monetaria, sui mercati delle valute sarebbe il caos. In pratica Yellen domani sarà “costretta” a tenere su il dollaro, e quindi a NON utilizzare toni troppo morbidi. Nel grafico in basso, vedete come gli operatori professionali hanno già ridotto, in misura significativa, le posizioni LONG sul dollaro USA da novembre ad oggi: sulle motivazioni, potete leggere nel Blog una serie di nostri interventi sul dollaro Usa negli ultimi tre mesi.
 
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L'ANALISI
Ancora quella parola con la “R”: ma stavolta parliamo di Europa.
Quello che ci sembra maggiormente preoccupante è che solo ieri mattina il Financial Times ha messo in prima pagina i timori di recessione in Eurozona, con grande ritardo: il tema era stato, in precedenza, trattato solo con riferimento alla Cina ed agli USA. Questo significa che, nei prezzi che vedete oggi, quel “timore di recessione” non è ancora espresso, e dovrà probabilmente essere espresso nelle prossime settimane e mesi. Nella tabella qui sotto, prodotta da Goldman Sachs, vedete che secondo il “consenso” l’eventualità di una recessione nei prossimi 12 mesi (la terza colonna) è al 24% in Eurozona, al 42% in Giappone, e al 18% negli USA. Recce’d ha una posizione diversa: questi numeri sono troppo moderati. Per il Giappone, la percentuale appropriata è il 90%: il Giappone è già in recessione. Per l’Eurozona, la percentuale giusta è il 50%: se il contesto internazionale rimane questo, e vista l’esperienza degli ultimi 12 mesi con il QE di Draghi (del tutto inefficace, nonostante Draghi possa contare sempre su un “coro di sostenitori”), la recessione arriverà entro il 2016. Infine gli USA: questa è l’economia più lontana dalla recessione, ma il rischio non è solo del 18%, ma almeno del doppio, tra 35% e 40%.

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