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Tutti i nuovi record (positivi e negativi) delle ultime ore

Chiusura del Nasdaq, seduta di Shanghai, dato macro UK, inflazione USA: nelle ultime ore un sacco di accadimenti importanti. Nel frattempo conta più la Grecia o la Fed? L'Europa o Wall Street?

di Redazione Soldionline 19 giu 2015 ore 10:30

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO
1. Nuovo record! Massimo di tutti i tempi La chiusura del Nasdaq di ieri è la più alta di sempre: alla base del forte rialzo di ieri negli USA la debolezza del dollaro e il petrolio sopra 60$, Salvate dal tracollo, di nuovo, le Borse di Eurozona [importante per:  Borse (globale)].
2. Nuovo record! La peggiore settimana dal 2009   Con il ribasso di stamattina (-3%), la Borsa di Shanghai segna il più ampio ribasso settimanale dal 2009 [importante per:  Borse (Asia)].
3. Nuovo record! Ai massimi del 2015 La sorpresa positiva di ieri è arrivata dal dato del Regno Unito per le vendite al dettaglio, molto forte, che ha trascinato la sterlina UK ai massimi del’anno. In ambito valutario, la sterlina è l’esposizione più forte in tutti i nostri portafogli modello [importante per:  valute (UK)].
4. Nuovo record! Ai massimi dal 2013 Il rialzo mensile dell’inflazione negli USA ieri è stato il più ampio dal 2013; dedicate poi qualche minuto per analizzare il dato di Eurozona per i salari pubblicato  ieri, molto più alto del previsto  [importante per:  obbligazioni (globale)].
fed_95. Conta più la Grecia o la Fed? Della inutile riunione dell’Eurogruppo abbiamo già scritto ieri mattina. Il dato forte della giornata di ieri è senza dubbio che conta più quello che dice la Fed di quello che fa la Grecia: ed infatti, abbiamo visto nuovi massimi per l’euro, a 1,1400 contro USD (il nostro target resta 1,2000). Quanto alla Grecia, a molti conviene fare finta di non avere capito, e fare finta di credere che non è cambiato nulla, anche se le Borse europee ieri mattina erano ai minimi degli ultimi quattro mesi. La sola ragione che può spiegare perché, questa volta, la Grecia tiene duro fino in fondo, è che la Grecia non è sola e sa di essere sostenuta: anche all’estero, ed anche in Eurozona. Non sono pazzi, c’è un disegno che li guida [importante per:  valute (globale)].
6. Conta più la Borsa Euro o Wall Street? Il mercato ha risposto, e con grande forza, già da qualche settimana:  alla sezione Operatività trovate un’analisi [importante per:  Borse (globale)].
7. I dati dalla BCE Notevole enfasi sui media per i dati pubblicati ieri dalla BCE sulla operazione TLTRO: sembra che, alla fine, le banche stiamo rispondendo. Attenzione però a ciò che osservava ieri Capital Economics: "The healthy uptake at the ECB's latest Targeted Longer-Term Refinancing Operation adds to positive signs for the banking sector, but we doubt it will presage a sharp rise in lending,". "Amid bond market volatility and fears about Greece, banks might see these funds as an attractive form of financing for non-lending purposes (…)  the EUR 73.8 billion take-up will add little to achieving the ECB's aim of expanding its balance sheet by EUR 1 trillion. Hence, the onus will remain on the larger QE programme” [importante per:  obbligazioni (Eurozona)].

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L’OPERATIVITA'
La posizione operativa sulla Borsa USA (e le altre).  Abbiamo cercato, questa settimana, di fondare la nostra posizione operativa in modo chiaro. L’oggetto del lavoro è la Borsa di New York, e il tentativo è stato quello di chiarire che sono molti i dettagli da monitorare ogni giorno, se si vuole operare su un mercato così complesso. Prima di chiudere questo discorso operativo, che abbiamo deciso di prolungare alla settimana prossima (perché ha suscitato interesse e domande), riprendiamo oggi uno spunto che era fornito dal grafico pubblicato ieri mattina sulla forza relativa della Borsa di New York rispetto alle Borse internazionali. L’attualità che ci impone di approfondire questo tema, visto che con negli ultimi tre giorni è stato proprio lo S&P 500 a salvare dal tracollo le Borse di Eurozona, e solo in questa settimana ha ridotto almeno del 5% il calo degli indici di Eurozona. Può durare per sempre questa anomalia? Quanta forza hanno, le Borse di Eurozona, per reggersi sulle proprie gambe quando New York scenderà? Molti sostengono che “non è cambiato nulla”, anche se non spingono più (ovviamente) sull’euro debole e non parlano più di tassi bassi in eterno. Spingono sull’equity europeo perché c’è ancora la “crescita dei profitti al 10%” grazie ai “chiari segnali di ripresa dell’economia” (da notare comunque che molti dicono di “tenere le posizioni”, ma pochi dicono di “comperare” ora che sono scesi i prezzi). Diamo oggi un’occhiata più approfondita alla Borsa di Milano: nel grafico qui in basso vedete che a 21900 punti (toccati ieri mattina) il nostro mercato azionario vale quanto valeva il 23 febbraio. Insomma, qualcosa è cambiato, se stiamo a quanto ci dicono i prezzi. Il rialzo del 2015 è stato come vedete in due fasi, o meglio due strappi. Il primo fino a 20500 a fine gennaio, il secondo fino a 22000 a fine febbraio. Questo ultimo supporto è già stato violato, e secondo le nostre valutazioni il primo verrà almeno testato entro qualche settimana. Tutto a questo punto dipende dal DAX e dallo S&P 500 soprattutto: la Borsa di Milano, come sappiamo, segue sempre gli indici più forti

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L'ANALISI
Come cambierà la politica monetaria?  La conferenza stampa di mercoledì ci ha confermato che la Federal Reserve ha cambiato registro, ha cambiato tono, ha cambiato modi ed obiettivi. Noi questa settimana abbiamo cercato di fornirvi una previsione su come cambierà la politica delle Banche Centrali, partendo proprio dalla Fed. Ieri abbiamo chiuso questa sezione indicando quale è diventato il vero obiettivo della politica monetaria della Fed: fare rientrare la clamorosa anomalia che il grafico di ieri ci ha messo in evidenza. Il rapporto tra l’attivo della Federal Reserve e il prodotto nazionale degli USA oggi tocca il 2%, e c’è un solo precedente a questo proposito, ed è il 1945, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dal 2009 ad oggi questo rapporto è salito di cinque volte: uno sconvolgimento economico senza precedenti. Perché oggi è così difficile rientrare da questo eccesso, se l’economia ormai è stata risanata e rilanciata come molti dicono? Semplice: perché non è vero. Avrete letto da più parti che le Società oggi non corrono gli stessi rischi del 2007-2009 perché hanno riserve di cassa (cash) nell’ordine di 2 mila miliardi di dollari. Ed è vero: peccato però che solo nel 2014 il debito delle Società non-finanziarie, ovvero escluso il settore bancario, è cresciuto di 650 miliardi di dollari. Il debito complessivo di queste Società tocca oggi i 6 mila miliardi (senza contare il debito emesso dalle banche): in pratica, le riserve di liquidità se le sono create vendendo al pubblico (cioè a noi) obbligazioni senza rendimento. Il solo macro-settore che ha ridotto il proprio debito, dopo il 2009, è quello delle famiglie: che però è anche il più difficile da misurare: negli USA oggi il finanziamento agli studenti tocca i 1200 miliardi di dollari, ovvero circa 35 mila dollari a testa. Sono invece più chiari i numeri se guardiamo al debito pubblico, che è raddoppiato dopo il 2009 e tocca oggi i 18 mila miliardi di dollari. In questo contesto, i quasi 5 mila miliardi di titoli che oggi si trovano nell’attivo della Fed sono di fatto invendibili, perché il mercato non li potrebbe assorbire. Ed è di questo che, prima di ogni altra cosa, si preoccupano alla Federal Reserve oggi: per questa ragione, il grafico “dot plot” che la Fed ha pubblicato nella riunione di mercoledì presenta una divergenza molto ampia (ed inusuale) di opinioni su dove saranno i tassi ufficiali nel 2016 (da 0,25% a 3%) e nel 2017 (da 2% a 4%), come vedete qui in basso.

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