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Ripresa, un quadro misto per l’Eurozona

La velocità di crescita della massa monetaria e la fiducia tendono alla stabilizzazione. Ma guardando al futuro, il quadro sembra ancora misto con produzione e Pmi dei servizi che segnalano una ripresa dell'attività

di Redazione Soldionline 2 nov 2015 ore 11:01

A cura di Marco Vailati e Serge Escudé, dell'Ufficio Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda

Eurozona: “quadro misto”
– la velocità di crescita della massa monetaria e la fiducia tendono alla stabilizzazione. Ma guardando al futuro, il quadro sembra ancora misto con produzione e Pmi dei servizi che segnalano una ripresa dell'attività, mentre altri indicatori sono più deboli, come la fiducia delle imprese tedesche (Ifo) che è scesa per la prima volta in quattro mesi, l’occupazione UE che migliora solo lentamente e il tasso di inflazione Ue rimane a livello basso ad ottobre.
europa4I dati nel loro insieme invitano alla prudenza in quanto la domanda interna sembra tenere, ma aumentano le preoccupazioni per il rallentamento dei mercati emergenti, il rischio di un euro più forte e le potenziali ripercussioni del calo dei prezzi del petrolio, che continuano a segnalare rischi al ribasso per le prospettive di inflazione. Tutto ciò potrebbe indurre la Bce in dicembre a ridurre il tasso di deposito e anche a potenziare il programma di acquisto di asset sul mercato per dare ulteriore slancio al modesto recupero economico. Questa settimana Pmi finali e vendite al dettaglio dovrebbero confermare che la crescita prosegue a un ritmo sostanzialmente invariato.

USA: “dati recenti più deboli” – la decelerazione di crescita del Pil nel terzo trimestre è dipesa dalle scorte che non dovrebbero più pesare sul quarto trimestre. I dettagli del Pil sono molto più forti rispetto al dato aggregato, con la forza dell’economia domestica che continua a compensare quella scarsa delle economie estere. Questo trend di crescita e l’indice del costo del lavoro nel terzo trimestre in moderato miglioramento, potrebbero indurre la Fed ad aumentare i tassi a dicembre. Invece i dati più recenti degli ordini di beni durevoli, dei redditi e consumi personali sono deboli rispetto ad agosto e luglio e potrebbero rendere la Fed meno fiduciosa su crescita e inflazione. In tale contesto ancora incerto, la Fed osserverà in particolare i prossimi dati sul lavoro del 6 novembre e 4 dicembre nonché l'Ism per valutarne la stabilizzazione che sarebbe di supporto all’aumento dei Fed Fund a dicembre  come dovrebbe essere ribadito dalla presidente Yellen (mercoledì), dal suo Vice Fischer (giovedì) e dal Presidente della Fed di NY Dudley  (mercoledì).

Cina: “piano a 5 anni ” – il governo ha pubblicato l’agenda del 13° piano quinquennale che coprirà il periodo 2016-2020. Non si conoscono ancora i dettagli del documento. Le riforme più tangibili saranno definite nella primavera 2016, ma alcuni elementi sono stati anticipati, come l’abolizione della politica del figlio unico, un obiettivo più basso di crescita del Pil (+6.5% dal precedente +7%) e la transizione a una crescita verso una nuova normalità in gran parte guidata da un upgrade industriale, dall’incremento dei consumi e del settore dei servizi. Questa settimana i Pmi ufficiali dovrebbero tornare sopra 50 mentre invece i Pmi Caixin-Markit mostreranno un settore industriale ancora fragile, con problemi strutturali ed eccesso di capacità.

Giappone: “BoJ ferma” – la Banca centrale non vede la possibilità di centrare l'obiettivo dell'inflazione al 2% secondo i tempi stimati, dopo la nuova debolezza dei prezzi al consumo di settembre, e ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil con la spesa dei consumatori debole e l’occupazione stabile. Al termine della riunione di politica monetaria la Banca Centrale ha confermato sul livello attuale sia i tassi sia il programma di “quantitative e qualitative easing”. In coerenza con le attese macro, il consiglio ha preferito non intervenire in attesa di meglio valutare la concreta ricaduta del rallentamento cinese. I mercati finanziari restano convinti che per la banca centrale sarà comunque presto necessario un ulteriore intervento espansivo, dal momento che il target di un'inflazione al 2% entro i due anni sembra ormai non raggiungibile.

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