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Quotazioni petrolio, cosa aspettarsi dopo l’OPEC?

E' in corso Algeri, per terminare domani, il meeting dei paesi produttori di petrolio dell’OPEC. Dal vertici potrebbero arrivare solo delle indicazioni interlocutorie e non un vero accordo

di Mauro Introzzi 27 set 2016 ore 14:30

E' in corso Algeri, per terminare domani, il meeting dei paesi produttori di petrolio dell’OPEC. Dal vertici potrebbero arrivare solo delle indicazioni interlocutorie e non un vero accordo, da più parti caldeggiato, per sostenere il mercato del greggio.
Lo pensano molti addetti ai lavori e l’ha fatto intendere nei giorni scorsi lo stesso segretario generale Mohammed Barkindo, che ha dichiarato che nella capitale algerina ci saranno solo consultazioni.
petrolio_8Così molti pensano che il summit di Algeri sarà propedeutico a un accordo per il vertice di novembre di Vienna.

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Ma cosa ne pensano gli esperti? Fabien Weber, investment director di GAM, punta nel medio termine sul greggio. L’analista punta proprio sull’OPEC per rivitalizzare una commodity che nei prossimi mesi potrebbe invece essere caratterizzata da notizie non positive:

 

Vediamo con molto favore il mercato del greggio, che sta attualmente scambiando a 45 dollari al barile, ovvero nella parte bassa del nostro range atteso, ovvero tra i 40 e i 60 dollari. Il nostro posizionamento potrebbe sembrare contro-intuitivo visto che ci attendiamo alcune notizie negative per il mercato del petrolio nei prossimi mesi. Detto ciò, non ci attendiamo che questo flusso possa condizionare significativamente i prezzi, per via della sua natura ricorrente. Per esempio, le scorte aumenteranno verosimilmente per via dei fattori stagionali, in particolare la manutenzione delle raffinerie. Con le raffinerie che operano a una minore capacità di produzione, la domanda di petrolio diminuirà per diverse settimane.

Al contempo, le voci che circondano il meeting dell’OPEC potrebbero essere positive per il prezzo del petrolio, una situazione simile si era verificata quando Russia e Arabia Saudita avevano trovato un accordo alla limitazione della produzione. A livello fondamentale, non ci aspettiamo però alcun cambiamento nella produzione in conseguenza del vertice. Anche un tetto alla produzione ai livelli attuali, che sono vicini ai massimi storici, non avrebbe un impatto immediato e sarebbe virtualmente impossibile da monitorare, figuriamoci metterlo in pratica.

A un certo punto la domanda di petrolio è destinata a superare l’offerta nel corso del 2017, visto che la produzione statunitense continua a calare a un tasso pari a 100,000 barili al giorno su base mensile. E ciò sta avvenendo nonostante i metodi di produzione stiano diventando più efficienti e i prezzi di break-even siano in calo, e questo rappresenta un ulteriore fattore di supporto per i prezzi del greggio nel medio termine.

 

Sul vertice dell’OPEC ha comunicato la sua idea anche Erasmo Rodriguez, Senior Equity Analyst del comparto Energy and Utilities di Union Bancaire Privée (UBP). L’analista mette in evidenza che:

 

L’offerta dell’OPEC resta forte e compensa il calo della produzione registrato nei Paesi non facenti parte dell’OPEC. Di conseguenza, lo squilibrio del mercato del greggio ci metterà più tempo a ribilanciarsi rispetto a quanto atteso.

 

Nei prossimi 6 mesi il target di Rodriguez sul petrolio rimane compreso tra i 45 e i 50 dollari:

 

Le giacenze di greggio e di carburanti distillati sono storicamente elevate; quelle dei Paesi dell’Ocse sono cresciuti di 32,5 milioni di barili in luglio. Noi manteniamo la nostra previsione a sei mesi sul Brent a 45 - 50 dollari al barile e rimaniamo ancor più positivi sul medio periodo.

 

Anche l’analista di casa UBP, però, pensa che:

 

la scorsa settimana, la IEA ha tagliato le sue stime per la crescita della domanda globale nel 2016 da 1,5 a 1,3 milioni di barili al giorno. La richiesta di petrolio è stata guidata dal consumo di benzina – in particolare in Nord America e in Asia – ed è stata penalizzata dall’incertezza del quadro macroeconomico in Europa, Cina e America Latina. Nei Paesi europei appartenenti all’Ocse, oltre a una crescita economica contenuta, l’utilizzo di carburanti alternativi e le politiche di tassazione elevata sul consumo di petrolio stanno facendo pressione sulla domanda di petrolio. La domanda cinese di tutti i prodotti legati al petrolio continua a crescere, ma il consumo di gasolio sta diminuendo per via di una crescita più lenta delle attività edilizie e industriali. In Brasile, a luglio la domanda di gasolio è crollata di oltre il 5,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e i principali indicatori macroeconomici sono in calo. E’ probabile che l’anno prossimo la domanda di greggio aumenterà di 1,2 milioni di barili al giorno fino a raggiungere 97,3 milioni di barili al giorno.

L’offerta globale è cresciuta di circa 1 milione di barili al giorno a luglio, trascinata dalla normalizzazione della produzione canadese. Ad agosto è calata di solo 0,3 milioni di barili al giorno, ma rimane sostenuta dalla forte produzione dell’Opec. L’offerta non Opec sta riportando un andamento al ribasso dall’agosto del 2015 e dovrebbe diminuire fino a circa 1 milione di barili al giorno nel 2016 rispetto all’anno precedente. Stati Uniti, Cina e Colombia daranno il contributo maggiore.

Tuttavia, il fatto che la produzione dell’Opec sia a livelli storici record, controbilancia la produzione inferiore dei Paesi non Opec ed evidenzia ulteriormente il disequilibrio fra domanda e offerta. In agosto, la produzione Opec si è avvicinata a 33,7 milioni di barili al giorno, 1,5 milioni di barili in più rispetto allo scorso anno. La produzione di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Iraq e Kuwait ha toccato i massimi storici. Il rischio nel breve termine è quello di vedere la produzione libica o quella nigeriana, attualmente basse, risalire per poi tornare ai soliti livelli. Rimaniamo scettici sulla possibilità che nella riunione Opec-Russia iniziata ieri e che terminerà mercoledì si giunga ad un accordo sul congelamento della produzione.

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