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Quella bocca di coccodrillo che minaccia gli Emergenti

I mercati finanziari emergenti sono stati protagonisti di un brillante 2016. Grazie anche ad un fattore cambio per una volta favorevole, azioni e credito hanno conseguito performance di tutto rispetto

di Gaetano Evangelista 19 gen 2017 ore 09:38

I mercati finanziari emergenti sono stati protagonisti di un brillante 2016. Grazie anche ad un fattore cambio per una volta favorevole – come mai è avvenuto dopo la Grande Recessione – azioni e credito hanno conseguito performance di tutto rispetto. Una benedizione, per investitori e gestori a caccia di rendimento, in un mondo scombussolato dalle politiche monetarie che hanno azzerato i tassi di interesse nell’emisfero occidentale e settentrionale.
mercati-emergenti_3Si potrebbe pensare che questa extraperformance sia stata conseguita anche grazie a dati macro economici altrettanto brillanti. Dopotutto, ci insegnano che la borsa rispecchia l’economia reale, no? insomma, sarebbe deludente rilevare che sia tutta una questione di flussi, e di fame di rendimento. Vediamo che cosa è successo.

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Sotto la prospettiva dei PMI manifatturieri, la congiuntura economica delle economie emergenti  è stata grosso modo simile a quella dei principali paesi industrializzati: il PMI medio di Brasile, Russia, India, Corea del Sud, Messico, Indonesia e Turchia (linea verde), ha ricalcato a grandi linee il JP Morgan Global PMI; fino ad un anno fa.
Quando abbiamo assistito ad uno scollamento, e ad una progressiva divaricazione: come la bocca spalancata di un coccodrillo, mentre il PMI globale schizzava verso l’alto, il PMI degli EM ristagnava, incapace di spingersi definitivamente sopra l’asticella dell’equilibrio, e anzi attestandosi ben sotto i 50 punti alla fine dello scorso anno.
La differenza fra le due misure dell’andamento dell’attività manifatturiera evidenzia in modo lampante questa discrepanza:

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È abbastanza chiaro, ci sembra: nel mese di dicembre la differenza fra i PMI degli EM e del mondo, ha sfiorato i -4 punti percentuali. Una tendenza, da tempo negativa, esasperatasi nella seconda metà dello scorso anno, quando è iniziata la fase di risk on. Ragionevole nel mondo occidentale, piuttosto insostenibile nel mondo emergente, vista la congiuntura economica.
Ripercussioni per i mercati azionari? Potenzialmente, tante.

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La figura ripropone lo spread fra i due PMI (linea blue, scala di sinistra), a confronto con la differenza fra le performance a dodici mesi delle borse emergenti e di quelle occidentali (linea rossa, scala di destra). Fino a sei mesi queste due misure hanno manifestato una ragionevole e prevedibile correlazione. Dopo, il divario: mentre la performance economica relativa si è inabissata, la performance borsistica è andata in direzione specularmente opposta. Nei dodici mesi terminati ad ottobre, le borse emergenti hanno consegnato – in valuta locale – quasi 9 punti percentuali di ritorno in più, rispetto alle borse dei paesi a più antica industrializzazione.
Nelle ultime settimane è iniziato un cauto aggiustamento. Vista la distanza che separa le due misure, però, diremmo che la strada da percorrere è ancora parecchia.

 

A cura di Gaetano Evangelista (www.ageitalia.net e www.smartTrading.it)

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