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Prendere benefici o restare investiti?

È questa la domanda che si pone la maggior parte degli investitori dopo che i principali indici hanno accumulato un rialzo nel corso del 2019. ODDO BHF Asset Management prova a dare una risposta

di Redazione Soldionline 29 nov 2019 ore 11:32

Prendere benefici o restare investiti sulle azioni? È questa la domanda che si pone la maggior parte degli investitori dopo che i principali indici hanno accumulato un rialzo nel corso del 2019.
Secondo quanto evidenziato nella relazione mensile d’investimento di ODDO BHF Asset Management relativa a novembre 2019 gli investitori dovranno continuare a sovrappesare le azioni rispetto alle obbligazioni. Dopo le ultime trimestrali, infatti, le società dovrebbero approfittare di migliori prospettive di crescita, di allentamenti monetari e della distensione nella guerra commerciale. “Le aziende sensibili alle variazioni cicliche e le mid-cap dovrebbero essere le prime ad approfittare di questa tendenza a breve termine”, hanno aggiunto gli esperti.


Nell’analisi seguente ODDO BHF Asset Management fornisce maggiori dettagli su queste affermazioni.

analisi-mercato_1Anche se i mercati azionari hanno compiuto un balzo in media del 20% ovunque nel mondo e le classi d’attivi nel loro insieme mostrano performance positive, si rinnova l’eterna domanda: che cosa fare adesso? Prendere benefici o restare investiti?

Analisi macroeconomica: Mentre gli indicatori dell’attività economica sembrano stabilizzarsi sia in Cina che negli USA o in Europa, i mercati potrebbero faticare a fare i conti con ciò che appare come la fine di un ciclo di allentamento monetario mondiale senza precedenti. Il mercato dovrà gestire le disparità tra previsioni persistenti di distensione nei paesi sviluppati ed emergenti (30 pb in più della Fed, 10 pb della BCE,..) e la realtà delle decisioni delle banche centrali. Azzerare le previsioni porterebbe verosimilmente ad una risalita dei tassi lunghi, causando quindi perdite di capitale sui titoli di stato. La solidità del mercato del lavoro e l’aumento dell'indice ISM manifatturiero forniscono una prova aggiuntiva del fatto che l’economia americana gode di buona salute. Se, come prevediamo, la crescita mondiale si stabilizzerà o addirittura accelererà leggermente (dal +3% al +3,4%), non sarà più necessario ridurre i tassi principali. D’altro canto, le banche centrali sono esauste e stimano che la politica monetaria non possa più sostenere la crescita come già in passato. In caso di affanno, occorrerà quindi azionare delle leve fiscali o di bilancio, cosa che potrebbe succedere nel 2020.

Analisi microeconomica: Negli USA le recenti trimestrali hanno sorpreso al rialzo (+4,86% di sorprese positive). In Europa, dopo una forte revisione al ribasso, esse sono tutto sommato in linea. Le società dovrebbero approfittare di migliori prospettive di crescita, di allentamenti monetari e della distensione nella guerra commerciale. Le aziende sensibili alle variazioni cicliche e le mid-cap dovrebbero essere le prime ad approfittare di questa tendenza a breve termine. Tuttavia, le previsioni degli analisti restano ancora troppo elevate e dovrebbero frenare le performance provenienti dall’aumento degli utili per azione (bpa). Sarà quindi necessario fare affidamento a una crescita dei multipli di valorizzazione (ovvero una diminuzione del premio di rischio) e su tassi di dividendi elevati, più che su una forte dinamica dei risultati.

Flussi: La situazione è palese: un rally simile non era mai stato affiancato da uscite dai fondi azionari. In caso di rimbalzo degli indicatori economici e di un continuo calo dei rischi geopolitici, l’aumento potrebbe essere sotteso da un ritorno degli investitori, sia istituzionali che privati

Valorizzazioni: È qui che pesa di più l’incertezza. Gli attivi sono cari o a buon mercato? Tra gli attivi quotati, solo le azioni racchiudono valore con rendimenti impliciti vicino al 7% in un contesto di tassi nulli, se non negativi. Il credito può offrire un’alternativa di conservazione interessante, anche se i premi di rischio sembrano fornire meno valore relativo e assoluto.

Posizionamento: Malgrado i rischi a cui deve far fronte l’economia mondiale, gli investitori dovranno continuare a sovrappesare le azioni rispetto alle obbligazioni, in un portafoglio equilibrato. Come moneta non ciclica, il dollaro americano si dovrebbe indebolire in un contesto di miglioramento della crescita mondiale. La combinazione di una crescita maggiore e di un dollaro più debole potrebbe inflazionare i prezzi dei prodotti di base e favorire i mercati emergenti. In termini di stili, i settori ciclici dovrebbero sovraperformare nel breve termine i settori difensivi, senza tuttavia subire una rotazione duratura. I tassi a 10 anni resteranno bassi a lungo, ma non dovrebbero calare ulteriormente. Anche in caso di un’eventuale recessione, piani di rilancio reflazionistici arginerebbero l’effetto attivo rifugio. Ad ogni modo, manca ancora un segnale forte macroeconomico per riposizionarsi in modo più aggressivo sulle azioni, soprattutto in caso di leggero rialzo dei tassi. Proponiamo quindi la seguente strategia: sfoltire gli investimenti in attivi rischiosi (oggi le azioni) su base mensile per accompagnare il ciclo con un orizzonte minimo di 5 anni.

 

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