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Perché yen e euro sono più forti?

E' contro intuitivo il fatto che euro e yen si siano rafforzati, e non indeboliti, contro il dollaro prima di una riunione in cui c’è il rischio di un rialzo dei tassi USA

di Redazione Soldionline 15 set 2015 ore 09:48

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO

1.     Valute: perché yen e euro sono più forti? Pochi lo hanno messo in evidenza, ma è contro intuitivo il fatto che euro e yen si siano rafforzati, e non indeboliti, contro USD prima di una riunione in cui c’è almeno il rischio di un rialzo dei tassi ufficiali USA. Sono tutti impazziti sul mercato dei cambi? Oppure c’è dell’altro? Noi siamo per la seconda ipotesi, e ne scriveremo nei prossimi giorni nel nostro Bollettino e sul Blog del sito [importante per: valute (globale)].

2.     Il mondo gira intorno a 120.  Zero novità e zero iniziative stamattina da Kuroda: l’appuntamento è rinviato al 30 ottobre quando la BoJ presenterà anche la sua revisione delle stime per crescita del GDP ed inflazione. Deluse quindi le aspettative di chi voleva una Banca Centrale più aggressiva: Kuroda è rimasto fermo sul suo “moderato ottimismo” che per ora non trova riscontro nei dati. Alle 7,30 europee lo yne contro USD scambia esattamente a 120: il problema resta aperto [importante per: equity, valute ed obbligazioni (Giappone)]

3.     Per la prima volta in tanti anni…   Il titolo del Wall Street Journal di ieri mattina è di quelli che si ricorderanno a lungo: il titolo era “Per la prima volta in molti anni, la decisione della Fed è davvero una scommessa”. Il WSJ, senza volerlo, ci conferma che i mercati finanziari hanno potuto contare, per anni, sulla “prevedibilità” della Fed, che poi vuole dire sulla capacità di influenzarne, se non di determinarne, le decisioni. Questa volta non è così, e non sarà mai più così: ed è a questo che dovete guardare, per rivedere la composizione dei vostri portafogli titoli [importante per: equity, valute ed obbligazioni (globale)].

4.     Il dato di Eurozona di ieri  Il dato per la produzione industriale (luglio) per l’Eurozona è un dato positivo: lo 0,6% di incremento mensile è superiore alle attese. Ma è bene leggere i dati con attenzione: nel grafico sotto vedete che nei due mesi precedenti la produzione industriale era diminuita dello 0,6%: siamo quindi tornati al livello di aprile. Questo per ciò che riguarda il trend, ovvero la tendenza in atto. Se poi allunghiamo lo sguardo, vediamo che sui 12 mesi abbiamo un aumento dello 1,9%: un dato anche questo positivo, ma che non è sufficiente a fare parlare di  “ripresa economica in Eurozona”  dati i livelli del 2014 [importante per: equity (globale)].

5.     Si avvicina una nuova stagione delle trimestrali   Abbiamo notato, già la settimana scorsa, che si è messa in moto la (potentissima) macchina degli analisti equity, per preparare la prossima stagione delle trimestrali USA, che si aprirà tra 20 giorni: il tentativo, neppure tanto mascherato, è di preparare un “materasso morbido” su cui fare cadere risultati che saranno brutti. Ed allora ieri abbiamo letto i titoli (a decine) che spiegano che “il modello 6S dello I-phone è stato un clamoroso successo di vendite nel trimestre giugno-settembre”, dopo che “l’evento” del giorno 9 settembre e la presentazione del mega- I-pad non hanno mosso per nulla il titolo. Il tentativo è quello di creare quella “hype”, quella frenesia collettiva, di cui in luglio scrivemmo nel Blog. Il mercato, almeno fino ad oggi, non si è fatto attirare dalla nuova “hype” [importante per: equity (globale)].

eurozone









euro-yenL’OPERATIVITA'
Portafoglio: rischio e rendimento. Da ieri ci occupiamo del day trading come strategia o tecnica per gestire i propri investimenti: ieri abbiamo scritto che il trading è necessario per gestire in modo attivo, ma che allo stesso tempo affidare per intero al trading i propri investimenti è rischioso, perché si lasciano fuori troppe cose, e si subiscono le eventuali fasi di illiquidità oppure manipolazione dei mercati. Non occuperemo il nostro spazio per descrivere le tecniche dei day traders: esistono centinaia di manuali e milioni di pagine dedicate a come utilizzare i segnali dell’analisi tecnica. Ovviamente, all’interno di questo mondo convivono moltissime opinioni in contrasto fra loro, ma va riconosciuto che quello capita in tutti i settori e in tutti i campi. Ci sembrava utile, piuttosto, soffermarsi sulle tecniche di money management che sono quelle utilizzate dai day traders per gestire il rischio.

L’elenco qui sotto è l’elenco delle principali regole (regole pratiche) di money management, che domani commenteremo.
- Disponibilità di capitali adeguati allo strumento finanziario utilizzato;
- Rischio limitato a non più del 2-3% del portafoglio per ogni singola operazione;
- Utilizzo dello stop-loss dopo aver assunto posizione sul mercato;
- Definizione del rischio massimo per il portafoglio (drawdown): se dovessero scattare contemporaneamente tutti gli stop-loss impostati, il trader deve conservare una quota di capitale sufficiente per continuare ad operare sul mercato;
Quantificazione del rischio attraverso un corretto calcolo del risk/reward: per ogni unità di rischio si deve calcolare un target di 2-3 unità di rendimento;
- Conoscenza approfondita del mercato in cui si intende investire;

L’esito di ogni operazione deve essere considerato in modo indipendente da quello dell’operazione precedente;
Chiusura di una parte delle posizioni aperte in caso di profitto.
Tra i modelli di ottimizzazione del "position sizing" possono essere citate la Formula di Kelly e la Formula di Larry Williams che vedete nel grafico qui sotto.

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L'ANALISI
Il punto sulle obbligazioni.
SoldiOnline ha segnalato ieri mattina un articolo del supplemento Plus dedicato alle obbligazioni corporate (Bond societari appetibili, ma occhio a Fed e Bce (Plus - Il Sole24Ore)), e scriveva che:

“I cali del mese di agosto hanno infatti reso appetibili i rendimenti dei corporate bond investiment grade, arrivati fino al 3%. Il pezzo si chiede se questa rappresenta un'opportunità di acquisto oppure se siano in arrivo altre correzioni. La questione è funzione del ruolo delle banche centrali: continueranno ad essere fari dei mercati oppure no? Sembra che gli istituti centrali non vogliano farsi sfuggire la situazione di mano e quindi i rendimenti dei bond corporate di questi giorni potrebbero rivelarsi un’opportunità di acquisto.”

Sempre su SoldiOnline, in un secondo articolo (Rendimenti obbligazionari bassi, in linea con le previsioni), si osservava che:
 “Il rendimento complessivo dell’indice obbligazionario globale è pressoché neutro da inizio anno, i governativi globali riportano un rendimento dello 0,5% soltanto e il credito globale un rendimento in calo del -0,3% circa. (…) Il terzo trimestre è stato più difficile: il segmento high yield negli Stati Uniti e i mercati emergenti hanno riportato un rendimento complessivo negativo, facendo comunque meglio dell'azionario. Lo spread medio sull’high yield US rispetto ai titoli di Stato si è ampliato di 70 punti base da fine giugno, principalmente a causa della scarsa performance dei titoli del settore energetico. Nello stesso periodo gli spread dei mercati emergenti in valuta forte sono saliti di circa 50 punti base.”

Detto in modo più diretto, il calo dei prezzi a livello globale si è “mangiato” tutta la cedola da gennaio ad oggi, e sul settore corporate l’investitore in questo momento perde soldi rispetto alla fine del 2014. Questo non è …. esattamente quello che ci dicevano a gennaio le Reti, vero? Ma il punto da cui siamo partiti riguarda il futuro e non il passato: il calo dei prezzi delle obbligazioni corrisponde sempre ad un maggiore rendimento a scadenza. E’ questa la base su cui sostenere che adesso le obbligazioni sono più convenienti? E’ una opportunità di acquisto? E’ il momento di “entrare”? Noi di Recce’d crediamo di no, perché il quadro è molto più complicato. Ad esempio ieri sul Corriere della Sera un articolo a firma Federico Fubini raccontava che:

La banca centrale di Pechino ha riserve per 1.270 miliardi di dollari in titoli del Tesoro americani e quasi altrettanto in titoli di agenzie pubbliche di Washington. Se ne vendesse in misura massiccia, potrebbe far perdere a Yellen il controllo degli effetti della sua politica monetaria e causare un forte rialzo dei tassi americani. Uno studio della Fed del 2012 stima che vendite per cento miliardi di dollari di titoli del Tesoro Usa da parte della banca centrale cinese, nell’immediato, farebbero balzare i tassi americani a cinque anni fino allo 0,60%: abbastanza da arrestare la ripresa negli Stati Uniti. Non sono solo teorie del complotto: un rapporto di Ing, una banca, nota che Pechino ha scelto di tenere depositati titoli americani per circa 200 miliardi a Euroclear, la piattaforma di Bruxelles da cui passa buona parte del trading in Europa. Naturalmente questa della Cina è una sorta di deterrenza nucleare: funziona solo finché il bottone rosso non viene davvero premuto.

Questa citazione del Corriere qui serve per capire meglio quanto è complessa oggi la gestione del portafoglio in obbligazioni. Ridurre tutto al fatto che “se la Fed alza i tassi allora salgono i rendimenti” è sbagliato, ed anzi potrebbe succedere il contrario, come vedremo domani in questa pagina.

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