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Perchè é importante il dato macro Usa di ieri

Il dato pubblicato ieri per l’inflazione è importante perché riporta il livello dell’inflazione core all'1,7%, ovvero più vicino alla soglia del 2%

di Redazione Soldionline 25 mar 2015 ore 09:16

A cura di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO
1.    Attenzione ai movimenti intra day
il pomeriggio di ieri, dopo i dati USA per l’inflazione, è emblematico; tutto fermo, tutti a guardarsi uno con l’altro: cosa partirà prima? I tassi o la Borsa o il dollaro? Alla fine, la Borsa ha chiuso in calo ma pure i rendimenti dei Treasuries sono scesi. Sono segnali che ci dicono che il punto di svolta si avvicina: ed è proprio in momenti come questo che è da rivedere la strategia di portafoglio, e tenere a mente che non ci sarà un QE ogni tre mesi. Seguite la sezione “Operatività” di questo bollettino quotidiano, per indicazioni concrete [importante per: equity e obbligazioni (globale)].

2.   Immobiliare USA Per ciò che riguarda le case nuove, il numero di immobili venduti è salito ma come vedete nel grafico qui sotto (la riga rossa) in quattro mesi è scesa del 10% il valore medio delle transazioni. Nel complesso, quindi, un dato neutrale per un settore che va attentamente tenuto sotto osservazione [importante per: obbligazioni(USA)].

usa53.   Dollaro e dichiarazioni della Fed il dato pubblicato ieri per l’inflazione è importante, perché riporta il livello dell’inflazione “core”al 1,7%, ovvero più vicino alla soglia del 2% che farebbe scattare, a nostro parere quasi automaticamente, il ritocco dei Fed Funds; se leggiamo le dichiarazioni dei Governatori negli ultimi 5 giorni (Williams, Mester, Bullard e persino Yellen), sembra proprio che si stia preparando il terreno un rialzo a giugno: ieri anche il vice Chairman Stanley Fischer ha avvisato i mercati che un rialzo dei tassi è “ likely will be warranted before the end of the year” ed inoltre che “policy wouldn’t be uniform or predictable” [importante per: valute (globale)].

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L'OPERATIVITA'
Borse e tassi di interesse. Restiamo ancora oggi sui dati di valutazione per la Borse USA, sulla quale il nostro portafoglio modello rimane SHORT da inizio anno. Per capire a fondo che cosa esprimono oggi i prezzi di Borsa negli USA, ripartiamo dalle frasi di Bob Shiller nel weekend: "I call it the 'new normal boom.' It is an investment boom ... The mechanisms are all there, but the feeling is missing (…) We're not seeing any optimism. This boom is driven by fear," he argued. There aren't many alternatives to stocks at the moment. We're in a period of extremely low interest rates." Nel grafico sotto, vediamo che (in alto) il cosiddetto earnings yield, che è semplicemente l’inverso del P/E, si trova ai massimi degli ultimi 15 anni. Una spiegazione, secondo Shiller ma anche molti altri, sarebbe quella descritta nella parte in basso del grafico: anche il rendimento del decennale USA è ai minimi da 15 anni a questa parte. Ma questo è un buon criterio operativo? Ha senso comperare equity perché i tassi sono bassi? Ne parleremo ancora domani. 


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L'ANALISI

Come abbiamo visto ieri, le politiche monetarie non convenzionali fino ad oggi hanno inciso quasi esclusivamente sulla finanza, spingendo i gestori di portafogli titoli a spostarsi verso titoli più rischiosi. Su questo argimento, lunedì scorso, il capo della Federal Reserve di St Louis ha dichiarato: “Zero [interest rates] is too low in that kind of environment. I wouldn’t be comfortable with that. A zero rate would feed into an asset price bubble (…) When asset bubbles start, they keep going until they blow up out of control with devastating consequences.”. Torniamo quindi al nostro punto di partenza: le politiche “non convenzionali”, almeno fino ad oggi, hanno stimolato investimenti di tipo finanziario, ma non investimenti di tipo produttivo, ed il rischio, come ha detto Bullard, è di alimentare bolle speculative dalle conseguenze devastanti. Guardiamo, ad esempio, alla BCE: come si vede nel grafico sotto, la BCE agisce in questo momento per riportare le dimensioni del proprio attivo ai massimi del 2012. La domanda però è la seguente: quale fu, nel 2012 e nel 2013, l’impatto sulle variabili reali di quella enorme espansione dell’attivo (oltre i 3 mila miliardi di euro)? Come tutti sanno, fu zero. E allora? Questa volta … è diverso?

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