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Per investire bisogna saper aspettare

C’è un vecchio detto che dice che quello che conta nel mercato non è calcolare il timing migliore ma saper aspettare

di Redazione Soldionline 5 apr 2016 ore 11:24

A cura di Erik Knutzen, Chief Investment Officer Multi Asset Class di Neuberger Berman

C’è un vecchio detto che dice che quello che conta nel mercato non è calcolare il timing migliore ma saper aspettare. Chiunque avesse avuto bisogno di rinfrescarsi la memoria ne ha avuto in abbondanza nel corso del primo trimestre del 2016. Chi avrebbe pensato il 12 febbraio con l’indice S&P 500 che perdeva più del 10%, che l’azionario statunitense avrebbe chiuso il trimestre con un +0,8%?

Soltanto i più coraggiosi o i più stupidi. Ed è questo il nocciolo del proverbio: finché si rimane convinti che i fondamentali economici non siano cambiati, cercare di anticipare il punto più basso di un mercato volatile è sbagliato quanto vendere presi dal panico quando i prezzi sono in discesa. Il mercato a forma di W che ha avuto inizio con la svalutazione cinese dello scorso agosto, avvalora perfettamente la nostra filosofia di un approccio a lungo termine: mettere le notizie in prospettiva, mantenere la diversificazione e cercare opportunità d’acquisto sulla volatilità.

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investimento_5Il momento più buio è stato il 12 febbraio e, nonostante l’arrivo dell’ora legale, probabilmente le cose non sono così luminose quanto sembrano oggi. Gli indici PMI, misura chiave per l’attività industriale, sono stati positivi ma non esaltanti; le previsioni del Pil non sono migliorate in modo significativo; la paura della deflazione si allunga su Europa e Giappone; la Cina se la sta cavando alla meno peggio. Il mercato sembra prezzare fallimenti d’alto profilo nei settori energetico e minerario, tuttavia è probabile che questi causeranno qualche shock nel momento in cui si concretizzeranno. Gli utili aziendali americani sono ancora in difficoltà; quando sono state diffuse le prime stime degli utili del primo trimestre una settimana fa, esse rivelavano un calo di quasi il 12% anno su anno, il calo più grande dal pieno della crisi finanziaria.

I mercati hanno mostrato con alcuni segnali di averne consapevolezza. Di sicuro ci sono stati rialzi straordinari su alcune posizioni che non amiamo. Il mercato azionario brasiliano è positivo del 18% sull’anno e di più del 25% rispetto ai suoi minimi di febbraio. Il real brasiliano è positivo di quasi il 9%. Nel mese di marzo le valute dei mercati emergenti nel loro insieme hanno goduto di uno dei maggiori rialzi da sempre.

Dopo essere caduto precipitosamente, il prezzo del petrolio ha recuperato terreno chiudendo il trimestre dove aveva iniziato l’anno; questo, secondo noi, dovrebbe ridurre l’incertezza sulla spinta deflazionista ed il livello di allerta nell’economia più in generale. Nel mercato americano c’è stata perfino qualche sovra performance di azioni value rispetto ad azioni growth. Se questo continuasse, rappresenterebbe un’inversione al rialzo di una tendenza pluriennale che potrebbe indicare che gli investitori si attendono un ritorno ad una crescita più basata sull’economia e non si sentono più obbligati a pagare un prezzo elevato per la visibilità degli utili.

Non tutto però rientra nel copione. L’oro, considerato da molti un bene rifugio, è rimasto stabile al +20% guadagnato nelle turbolenze di inizio d’anno. Finora, le azioni value sono in vantaggio rispetto a quelle growth di un leggero margine e la sotto performance di piccole società non segnala un recupero a pieno regime. Dove le preoccupazioni per la crescita e la deflazione sono più acute i mercati azionari non hanno disegnato la stessa forma a W vista negli Usa: la Germania è in negativo del 6% da inizio anno e sia il Giappone sia la Cina perdono oltre il 10% da inizio anno.

Gli investitori stanno osservando i fondamentali; il miglioramento dei profitti nella seconda metà dell’anno potrebbe aiutare la salita delle valutazioni azionarie e, anche se è probabile che si verificherà dopo la recente debolezza, gli investitori hanno bisogno di maggiori rassicurazioni sul fatto che la caduta del prezzo del petrolio e la risalita del dollaro siano ormai acqua passata. Vogliono prove evidenti che la “terza freccia” di Abe possa tradursi in risultati economici reali. Vogliono vedere un po’ di inflazione in Europa. Vogliono più certezza che la Cina non stia programmando un’altra svalutazione a sorpresa della moneta.

Vorremmo più prove di stabilizzazione e miglioramento in queste aree prima di aggiungere rischio in modo aggressivo al portafoglio ma siamo anche preparati a tener fede alle nostre previsioni quando i mercati faranno i capricci, dato che questo succederà. Sappiamo che saper aspettare è critico perché è spesso difficile vedere la svolta del ciclo finché è alle nostre spalle.

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