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Non ci sono solo notizie negative

È innegabile che vi sia un flusso continuo di notizie negative, il che sembrerebbe implicare una decelerazione globale. La zona Euro è impantanata nella disinflazione/deflazione

di Redazione Soldionline 17 feb 2015 ore 11:24

A cura di David Lafferty, Chief Market Strategist Natixis Global Asset Management

È innegabile che vi sia un flusso continuo di notizie negative, il che sembrerebbe implicare una decelerazione globale. La zona Euro è impantanata nella disinflazione/deflazione e non vi è alcuna certezza che il nuovo programma di acquisto di asset riesca a risolvere il problema. La Cina è in rallentamento e la triplice strategia giapponese in relazione all'Abenomics deve ancora dare frutti duraturi. Tuttavia, se guardiamo oltre i "titoloni", vi sono diversi fattori positivi che forse sono sottovalutati.

notizie_1In tal senso, riteniamo che l'economia globale stia uscendo dalla stagnazione e si stia orientando verso una lenta, ma più equilibrata, ripresa. In termini geografici, i fattori positivi sono i seguenti:
L'economia statunitense è in accelerazione. Il settore immobiliare è ancora sotto i livelli medi a causa degli sviluppi demografici di lungo termine, la produzione automobilistica è ritornata a buoni livelli e la disoccupazione è scesa a livelli più "normali".
La Cina è ancora in crescita. La seconda economia mondiale, sebbene in rallentamento, dovrebbe crescere ancora al ritmo del 7% nel 2015 e intorno al 6% nei prossimi anni. È una buona notizia, sebbene la crescita sia lievemente inferiore a quella registrata negli ultimi anni.
L'India sta scaldando i motori. Mentre la Cina ha subito un rallentamento, pare che l'India sia predisposta per un'accelerazione. Il FMI vede la crescita del PIL indiano in aumento da quasi il 5% a quasi il 7%, ed è probabile che nel 2016 il paese superi la Cina, divenendo l’economia col maggior tasso di crescita.

Il crollo dei prezzi del petrolio non è sintomo di deflazione
È errato sostenere che la caduta dei prezzi sia un fenomeno meramente deflazionistico. Il ribasso dei prezzi del petrolio è imputabile sono in parte alla riduzione della domanda globale. Il driver principale è rappresentato da una maggiore offerta di lungo termine, unitamente ad un dollaro più forte. Il calo dei prezzi del petrolio è molto positivo per la maggior parte delle economie mondiali, dagli Stati Uniti all'Europa al Giappone e a gran parte dell'Asia, in cui il consumo e le importazioni energetiche sono elevate. Esso favorirà una crescita globale molto più equilibrata, poiché i dollari "risparmiati" saranno spesi altrove, creando benefici economici più vasti e diversificati. Mentre il quantitative easing della BCE potrebbe aiutare l'Europa soltanto marginalmente, il calo dei prezzi del petrolio e l'indebolimento dell'euro saranno i fattori che più probabilmente aiuteranno l'Europa ad imprimente un’accelerazione della propria crescita.

Un contesto di crescita globale moderata, tende generalmente a sostenere i mercati azionari e il settore del credito del mercato obbligazionario. Tuttavia, tali asset rischiosi non sono attualmente economici, quindi gli investitori devono aspettarsi in futuro rendimenti ragionevoli ma non esagerati. Inoltre, è probabile che i rischi legati agli eventi negativi di cui sopra determini una certa volatilità sui mercati; è quindi consigliabile che gli investitori si preparino ad affrontare situazioni di “alti e bassi” per poi ottenere rendimenti nella media.

Gli scontri sulle valute potrebbero causare volatilità
Infine, sebbene sia improbabile che sorgano delle vere e proprie "guerre" sulle valute, penso che si verificheranno frequenti scontri in relazione alle stesse. Nel breve periodo, potrebbero creare volatilità, proprio come abbiamo visto con il taglio "a sorpresa" dei tassi in Canada lo scorso 21 gennaio. Tuttavia, nel lungo termine, una svalutazione valutaria gestita contribuisce a regolare i mercati locali, rendendoli più competitivi poiché i beni domestici diventano meno costosi. Questo dovrebbe creare l'inflazione necessaria in quei paesi le cui valute sono troppo forti.

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