Cosa ha fatto davvero crollare il prezzo del petrolio (e cosa fare ora)
Quali sono stati i motivi che hanno portato nei giorni scorsi il prezzo del petrolio a crollare? Come sono andate, in concreto, le cose? E quali sono, ora, le avvertenza per i risparmiatori?
di Redazione Soldionline 30 apr 2020 ore 11:47Nel mondo bizzarro in cui il coronavirus ci ha precipitati capita pure che i produttori di petrolio siano comunque lieti quando riescono a vendere la loro merce anche alle cifre irrisorie cui ha condotto la stagnazione della domanda conseguente al lockdown e al blocco di pressoché ogni attività umana. Chi non riesce a vendere deve infatti sobbarcarsi i costi di stoccaggio del petrolio stesso. Oltre al danno, la beffa, verrebbe da dire, perché oltre il costo dell’estrazione non viene coperto dal guadagno della vendita e viene invece aggravato dai costi di conservazione di quanto estratto, in attesa che tempi migliori e un acquirente evitino che l’estrazione si risolva in un mero spreco di tempo e denaro.
Ma come sono andate, in concreto, le cose? E quali sono, ora, le avvertenza per i risparmiatori? Lo ha spiegato l’ufficio studi di Moneyfarm, in un recente report. Ma andiamo con ordine.
Le 3 variabili alla base dell’offerta di petrolio
Produrre petrolio ha un costo variabile, che dipende dalla località in cui ha luogo l’estrazione e dalla qualità del greggio stesso e quindi dalla necessità di sottoporlo a una raffinazione più o meno complessa. Questo fa sì che per taluni produttori, l’estrazione del petrolio ha senso solo se il prezzo dell’oro nero si mantiene sopra una determinata soglia. Non è solo una questione di domanda e offerta, ma appunto di copertura dei costi da sostenere per la commercializzazione. Estrarre petrolio dalle sabbie del deserto dell’Arabia Saudita è talmente facile da garantire un margine di profitto anche quando il barile ha una quotazione di mercato molto basso. Estrarlo dalle rocce degli Stati Uniti con la tecnica del fracking, viceversa, comporta maggiori difficoltà tecniche e dunque costi operativi maggiori, che vale la pena affrontare solo quando si può spuntare un certo prezzo di vendita.
Non tutto il petrolio, poi, è puro, liquido ed infiammabile allo stesso modo. Il petrolio fornisce energia perché può essere bruciato, ma la combustibilità del petrolio (come benzina, diesel, kerosene) dipende dal trattamento al quale è stato sottoposto, cioè dalla raffinazione. Maggiore è la raffinazione alla quale si deve procedere, maggiori sono i costi da sopportare e maggiore di conseguenza deve essere il prezzo che si può spuntare sul mercato perché il gioco valga la candela.
Da ultimo, all’origine delle oscillazioni di questo mese, vi sono le rivalità, non solo di mercato ma anche di carattere geopolitico, tra Paesi produttori. Per mettere fuori gioco il petrolio Usa, più costoso da produrre, la Russia ha rifiutato di restringere l’offerta complessiva di petrolio richiesta dall’Arabia Saudita, facendo sì che il mercato fosse inondato da un quantitativo di petrolio largamente superiore a quello che era in grado di assorbire in una fase in cui Covid-19 e lockdown paralizzano praticamente il mondo intero. Questo ha fatto sì che il prezzo precipitasse, anche dopo che Mosca, in difficoltà a reggere le dinamiche da lei stessa volute e scatenate, ha fatto marcia e ha accettato di restringere l’offerta del prodotto.
In sintesi, queste sono le motivazioni che spiega perché il valore dei contratti future sul petrolio americano, quello denominato Wti, più costoso da produrre del petrolio inglese quello denominato Brent, a maggio sono andati in negativo.
La lezione degli anni ’70 e il contesto odierno
Come ci hanno insegnato i rincari del petrolio negli anni ’70, il prezzo del petrolio ha un impatto significativo su tutto il nostro stile di vita e non solo sul pieno dal benzinaio. E allora che cosa significa un prezzo così basso per l’economia e per i nostri risparmi?
Procediamo passo a passo osserviamo quanto segue.
- La minor domanda di petrolio che si rispecchia nel minor prezzo del prodotto attesta anzitutto minori consumi complessivi e questo si traduce a sua volta in un ribasso dei mercati. Tale ribasso è ovviamente più pronunciato per il comprato e la filiera dell’energia e questo fa anche sì che i ribassi maggiori siano circoscritti, perché riguardano una filiera con un peso limitato sul complesso dei listini.
- Il minor valore che il mercato attribuisce al petrolio colpisce ovviamente soprattutto chi esporta quel petrolio e in particolare i mercati emergenti esportatori, più esposte alla volatilità dei prezzi vuoi per la maggior difficoltà tecnica dell’estrazione vuoi per la meno consolidata rete di vendita.
- Se rincaro del petrolio significa rincaro complessivo del nostro tenore di vita, in una parola inflazione, l’andamento attuale dei prezzi dell’oro nero consente una politica monetaria espansiva per stimolare la ripresa dei consumi gelati dal coronavirus. Le banche centrali potranno insomma immettere sui mercati liquidità anche in grande quantità, Stati e governi potranno adottare misure che richiedano a monte un’ampia disponibilità di liquidità, senza doversi troppo preoccupare che la massa monetaria in circolazione faccia lievitare i prezzi.
- Come corollario di quanto detto appena sopra, il basso costo del petrolio tiene bassi costo della vita ed inflazione e questo a sua volta fa sì che i tassi applicati sulla liquidità messa in circolazione possano essere anch’essi contenuti. L’approvvigionamento di liquidità diventa quindi conveniente ed è dunque possibile pensare a effettuare investimenti, anche se ovviamente finché non ci sarà un vaccino per il Covid-19 tutti vivremo nell’incertezza e resteremo quindi tiepidi verso l’offerta presente sui mercati.
- Diversamente dal Covid-19, novità assoluta per la quale non è possibile prevedere quando la scienza medica sarà in grado di trovare un vaccino, il petrolio è un prodotto sequenziato da tempo e l’analisi economica degli ultimi anni lascia supporre per il futuro che un recupero dei prezzi degli ultimi anni, oltre 60 dollari al barile, non è così scontato.
- Come si è detto sopra non a tutti conviene produrre petrolio se il prezzo di vendita è inferiore ad una certa soglia e dunque un mancato recupero dei margini di cui si godeva fino alla pandemia metterà con ogni probabilità fuori mercato un buon numero di produttori, a partire dagli Usa.
- Di contro la minor disponibilità di energia derivante dal petrolio può rappresentare un vero e proprio propellente per la produzione di energia da fonti alternative e la transizione verso l’energia politica. Anche qui l’analisi economica attesta che quanto minore è la marginalità offerta dal petrolio, tanto maggiore è il rendimento conseguibile dalle fonti energetiche alternative.
Come muoversi sui mercati energetici
Nell’ottica dell’investimento appare chiaro che la domanda di petrolio non cesserà completamente né domani né dopodomani, a dispetto di coronavirus, lockdown e transizione energetica in corso. Quello che invece non è chiaro è il livello sul quale si assesterà il prezzo del petrolio. Investire in derivati che abbiano il petrolio come sottostante può dunque esporre a rischi di variazione dei prezzi molto pronunciate.
Il rischio al quale ci si espone è, va da sé, la chiave del rendimento che si può ottenere, ma perché si possa parlare di investimento piuttosto che di puntata a occhi chiusi sulla fortuna è bene effettuare alcune valutazioni preliminari. Sul tipo di petrolio (Wti o Brent), anzitutto, e poi sulla scadenza del relativo contratto e sul tipo di strumento finanziario (futures diretto o Etf) attraverso il quale si effettua l’investimento stesso.
L’ufficio studi di Moneyfarm evidenzia però che per chi volesse entrare ora, con un Etf, ci sarà da scontare il sovrapprezzo rispetto al sottostante derivato dalla dinamica tecnica dei flussi (come evidenzia l’analisi dei flussi sugli ETF United States Oil Fund LP):