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Minute Fed e Borsa USA

Fiammata ieri degli indici USA di Borsa, dopo che la Fed ha pubblicato i suoi Verbali. Il rialzo dei tassi adesso è diventato una buona notizia per la Borsa? No, quella è solo un’illusione ottica

di Redazione Soldionline 19 nov 2015 ore 09:33

Commento giornaliero di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO
1.     Minute Fed e Borsa USA. 
Fiammata ieri degli indici USA di Borsa, dopo che la Fed ha pubblicato i suoi Verbali. Il rialzo dei tassi adesso è diventato una buona notizia per la Borsa? No, quella è solo un’illusione ottica: in realtà, la Borsa USA sta salendo, senza volumi, spinta solo dalle posizioni delle sale di negoziazione, che vedono avvicinarsi i massimi del 2015, e che quindi tentano di fare partire un “rally di fine anno” che permetterebbe ai traders di fare nuove commissioni di negoziazione.  Il rialzo delle ultime settimane va inquadrato nella giusta prospettiva, come fa ad esempio il grafico in basso, che vi mostra che gli indici USA hanno semplicemente recuperato i livelli di sei mesi fa: in blu vedete lo , che è in ritardo ma era anche salito molto di più nel primo trimestre del 2015. E adesso, dove si andrà? Quella è tutta un’altra storia: ed è proprio in questi momenti di mercato che i nervi debbono restare saldi e la mente lucida  [importante per: equity (USA)].

2.     Petrolio e dollaro USA. Oggi dollaro e petrolio saranno i due fattori a cui guardare: il petrolio stamattina è molto vicino alla soglia dei 40$, che è anche una soglia psicologica; mentre il dollaro USA contro euro stamattina è tornato sopra 1,0700, invertendo la rotta     [importante per: equity, obbligazioni e valute  (globale)].

3.     BoJ ancora ferma.  Non interviene sui tassi stamattina la Bank of Japan, e lo yen recupera sul dollaro Usa da 124 a 123: ne parleremo in modo più ampio sul sito. Molto più importante il dato per l’export, che per la prima volta dopo un anno risulta in calo nonostante lo yen sui livelli minimi [importante per: equity, valute ed obbligazioni (globale)]


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L’OPERATIVITA'
“C’è qualche cosa che ribolle sotto la superficie”  
Quello che abbiamo cercato di sottolineare in questa sezione, negli ultimi tre giorni, è che ci sono segnali di rischio molto forti che provengono dai mercati obbligazionari in queste ultime settimane. Ed essendo che molti, tra i nostri lettori, mantengono una percentuale obbligazionaria nei loro portafogli superiore al 50% (ed in qualche caso vicina al 100%), diventa molto utile segnalare questi rischi: lo ha fatto ieri anche il Wall Street Journal, in un articolo intitolato “Il mercato obbligazionario non è più un rifugio sicuro per gli investitori”, articolo nel quale si mettevano in evidenza una serie di dati, che ci sembra utile riportare:

1.     Il debito delle Socetà USA è aumentato di 18 mila miliardi di dollari USA tra l’ultimo trimestre 2007 e la metà del 2014, secondo il Mc Kinsey Institute, in un periodo nel quale il debito del Tesoro USA è aumentato di 25 mila miliardi e il debito globale di 58 mila miliardi
2.     A questo si aggiunge che la vita media residua di questo debito ha toccato in settembre il livello più alto da 20 anni a questa parte, ovvero 21,3 anni, più del doppio di quanto era 10 anni fa, secondo i dati della Securities Industry and Financial Markets Association.
3.     Come abbiamo documentato anche noi di Recce’d negli ultimo giorni, il rapporto tra debito e margini sono tutti ai valori massimi storici, mentre il rapporto tra debito e valore dell’equity non è ai massimi, ma questo si spiega anche con il livello record del P/E di Borsa
4.     I segnali di stress arrivano prima di tutto dal segmento high yield, dove il rendimento medio è salito dal 6% allo 8%, che vuol dire di un terzo
5.     Secondo i FMI, il debito delle Società non bancarie o finanziarie dei Paesi Emergenti è salito dai 4 mila miliardi del 2004 ai 18 mila miliardi del 2014
6.     In 12 Paesi Europei il Tesoro viene pagato dai risparmiatori per farsi prestare del denaro (tassi negativi)

Sul piano operativo, tutti questi dati a che cosa ci servono? Ci servono per stimare quanto rischio abbiamo oggi nel nostro portafoglio di obbligazioni. Il Premio Nobel Robert Shiller ha utilizzato una serie di dati che parte addirittura dal 1857, per misurare i ribassi degli indici delle obbligazioni corporate, ed ha trovato un dato massimo di (appena) il 12,5%. Ma attenzione: mai nel passato si erano registrati valori come quelli che vi abbiamo proposto in questa pagina: ed è dunque utile, il nostro lavoro, sul piano operativo, perché oggi quando valutiamo il rischio del segmento corporate dobbiamo applicare una misura del potenziale ribasso più ampia di quella registrata in passato. Più concretamente, secondo il lavoro fatto da Recce’d, del 20% circa.
 

L'ANALISI
Debito e stabilità dei mercati finanziari. Vi riproponiamo, in baso, i due grafici che avete già visto ieri, e che oggi commenteremo in dettaglio, per proporvi poi domani, venerdì, le nostre conclusioni. I due grafici ci raccontano di una situazione che è propria degli Usa, ma che si ripresenta, ed in forma ancora più accentuata, in Europa, ed in Eurozona in particolare: gli anni tra il 2007 ed il 2015 vengono spesso presentati come anni di “risanamento”, e molti ritengono che ciò che si è visto nel 2007-2009 oggi “non potrebbe ripetersi, perché ci sono più controlli e meno squilibri”. Purtroppo, la realtà non è questa. La Realtà è quella che vedete nei due grafici qui sotto, ovvero (a sinistra, un generale aumento del rapporto tra debito e margini aziendali, rapporto che in pochi anni è addirittura raddoppiato, e soprattutto che oggi sfiora il valore di 5 per le cosiddette Società high yield, ovvero quelle con il rating più basso: e qui scatta il primo allarme, perché molti portafogli, specie delle GOM, sono stati riempiti di carta di questo tipo per andare “a caccia di rendimenti” nella assurda convinzione che Draghi protegga tutto il mondo. Ma se si dovesse manifestare un aumento nel numero di default, ovvero di mancati pagamenti del debito, allora anche Draghi si ritroverebbe impotente, i premi al rischio tornerebbero ai livelli di qualche anno fa (negli Stati Uniti questa tendenza è già evidente) e le perdite nei portafogli aumenterebbero ancora (già oggi sono in perdita, per il 2015). E qui torniamo al nostro punto di partenza, di lunedì scorso: non basta affermare che “Yellen aumenterà in modo graduale”, per poter concludere che c’è poco rischio nel mercato obbligazionario.

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