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Mercati più eterogenei nel mese di Febbraio

Dopo un inizio di anno particolarmente positivo per i mercati finanziari, il mese di febbraio ha mostrato una maggiore eterogeneità sia tra le diverse classi di attività sia all’interno di esse

di Redazione Soldionline 25 feb 2015 ore 14:34

A cura di Fondaco SGR

I mercati finanziari
Dopo un inizio di anno particolarmente positivo per i mercati finanziari, il mese di febbraio ha mostrato una maggiore eterogeneità sia tra le diverse classi di attività sia all’interno di esse. In ambito obbligazionario, in particolare, la divergenza tra la dinamica dei tassi di interesse statunitensi e quelli dell’area Euro è stata evidente: la minore avversione al rischio degli investitori ha determinato un repentino rialzo del rendimento del decennale statunitense oltre la soglia del 2%, nonostante la Federal Reserve abbia confermato il proprio atteggiamento “paziente” riguardo ad un prossimo intervento restrittivo. Nell’area Euro, viceversa, l’attesa dei prossimi acquisti di titoli di Stato della BCE, a partire dal mese di marzo, ha limitato il movimento dei tassi di interesse dei paesi core e del differenziale rispetto a quelli dei paesi periferici, rimasti relativamente stabili e solo marginalmente influenzati dalle vicissitudini greche. L’impatto è stato, quindi, moderatamente negativo per il mercato dei titoli di Stato statunitensi ed, in aggregato, a livello globale, a fronte di una relativa stabilità nell’area Euro, dopo l’effetto positivo dell’annuncio del QE della BCE. Più omogenea, invece, la dinamica dei mercati azionari nel corso del mese: dopo la migliore performance relativa degli indici europei osservata a gennaio, infatti, tutti i mercati hanno registrato un apprezzamento simile a febbraio; l’unica eccezione sono stati i paesi emergenti, particolarmente positivi nelle prime settimane dell’anno e relativamente più stabili successivamente.

approfondimento_3Il quadro macroeconomico
L’esito delle elezioni greche e, soprattutto, la successiva trattativa tra il nuovo governo di Atene e l’Unione Europea, è stato il tema dominante delle ultime settimane, influenzando la volatilità di brevissimo periodo e le variazioni infra-giornaliere ma senza un impatto significativo sui trend dei diversi mercati. Il neo-eletto Primo Ministro ellenico Alexis Tsipras, dopo aver stupito alleandosi con i conservatori di destra di Anel, ha onorato le promesse elettorali opponendosi al rinnovo dei prestiti della Troika in scadenza a fine febbraio, chiedendo una rinegoziazione delle condizioni imposte ma senza presentare un piano alternativo chiaro, dettagliato e credibile. L’Unione Europea ha avviato una mediazione, ancora in corso, tra le posizioni del governo greco e quelle dei paesi più rigidi, Germania in testa, non disponibili a concedere ulteriori aiuti in assenza di condizioni precise e del coinvolgimento di soggetti terzi (FMI) a tutela dei creditori. Nonostante l’annuncio di un accordo per un prolungamento di quattro mesi, a fronte di misure però ancora da definire, degli aiuti attuali, il confronto appare destinato a proseguire nei prossimi mesi, ammesso che la soluzione temporanea individuata, indispensabile per evitare il default della Grecia, venga effettivamente accettata. La richiesta iniziale del Governo greco, cioè la ristrutturazione del debito ormai in mano alle istituzioni europee, appare inaccettabile per l’Unione Europea e per la BCE, apparentemente disposti ad affrontare un’uscita “volontaria” della Grecia dall’Euro, ma rappresenta il cardine della campagna elettorale di Tsipras, premiata dagli elettori ellenici. Uno scontro tra Davide e Golia in cui uno dei contendenti dovrà venire meno ai propri principi, a discapito della propria credibilità, magari attraverso una rottura netta e dolorosa o, più probabilmente, edulcorando la sconfitta attraverso l’ennesimo compromesso. Difficilmente, infatti, il Primo Ministro greco potrà ottenere ciò che ha promesso ai propri cittadini rimanendo all’interno dell’Euro mentre la rete costruita dalla BCE negli ultimi mesi potrebbe essere in grado di limitare le conseguenze di un ritorno alla Dracma, almeno quelle economiche e finanziarie. Nessuna delle due parti sembra, però, avere le spalle abbastanza larghe per andare fino in fondo ed una soluzione di compromesso appare l’esito più probabile, anche se non è così scontato: la forza della disperazione di chi non quasi più nulla da perdere potrebbe portare a conseguenze più estreme, in particolare innescando una nuova crisi di governo in Grecia e costringendo Tsipras a scelte più nette. Indipendentemente dall’esito della trattativa in atto e delle prospettive di breve e medio periodo, nelle quali il Davide ellenico sembra destinato a soccombere al Golia teutonico, diverse considerazioni importanti (ri)emergono e non dovrebbero essere ignorate, soprattutto per le possibili conseguenze di medio e lungo periodo. La prima è di carattere prettamente finanziario, poiché il debito greco semplicemente non è sostenibile: nonostante i sani principi ed i buoni consigli della (ex)Troika, l’economia di Atene dovrebbe crescere a ritmi mai visti in passato per uno svariato numero di anni per riuscire a riportare il debito a livelli accettabili. Questo significa che il punto sollevato da Tsipras, per quanto discutibile nel principio di venire meno ad impegni presi in passato (come, in fondo, ogni default) è sostanzialmente fondato: l’unica alternativa al default sono diversi anni (forse decenni) di Troika, cioè di austerità e, soprattutto, di ingerenze esterna nella politica nazionale greca. E questo porta alla seconda importante considerazione, di carattere politico e sociale, fondamentale per l’essenza stessa dell’Unione Europea: il confronto tra il governo greco e le “istituzioni” europee è il confronto tra i rappresentanti del popolo greco, democraticamente eletti a fronte di impegni e proposte chiare e precise, ed altri soggetti, con forti interessi, soltanto nominati indirettamente dai greci stessi, come la Commissione Europea, o assolutamente estranei (e formalmente terzi rispetto al governo), la BCE e il FMI, e addirittura rappresentativi di altri paesi, quali il Cancelliere tedesco Angela Merkel o gli altri capi di Stato europei. Il punto cruciale è quindi questo: quali sono il senso e le prospettive di un’Unione Europea in contrapposizione, ormai aperta (è sufficiente osservare il ruolo di Podemos in Spagna e Le Pen in Francia), con i propri cittadini? Euro o Dracme che siano, la tragedia (in più atti) greca ribadisce il disperato bisogno di una riforma seria delle istituzioni comunitarie, in direzione dell’integrazione, della rappresentatività diretta e della piena legittimazione, cercando un nuovo equilibrio tra autorità nazionali ed una vera unione politica.

Il nostro Outlook – confermiamo le preannunciate aspettative
A discapito di tanto alti principi e considerazioni, però, difficilmente i cinici investitori internazionali si lasceranno distrarre dalla sorti della patria di Omero ed i temi rilevanti per le prospettive macroeconomiche saranno sicuramente altri. La dinamica dei tassi di interesse statunitensi nelle ultime settimane, in particolare, segnala il graduale ma inesorabile cambio di scenario, invitando la Federal Reserve ad aggiungere nuovi dettagli relativamente ai tempi e i modi dell’attesa normalizzazione della propria politica monetaria. Le prospettive rimangono positive, confermando un continuo consolidamento della crescita statunitense, a sostegno della ripresa globale in atto, ma le prossime settimane saranno importanti per verificare la capacità della Fed di conciliare le aspettative e gestire i timori degli investitori, proseguendo nel percorso annunciato limitando, però, l’impatto delle proprie decisioni. L’evoluzione degli indicatori economici e dell’inflazione USA saranno gli elementi da monitorare con attenzione, insieme ad eventuali nuove tensioni socio – politiche ed all’impatto sui flussi di investimento e sulle scelte dei grandi investitori dei prossimi acquisti di titoli di Stato da parte della BCE. La volatilità dei mercati è probabilmente destinata ad aumentare, sia in ambito obbligazionario e valutario sia azionario, ma l’evoluzione del quadro macroeconomico in queste prime settimane dell’anno è stata coerente con le aspettative annunciate: ancora moderatamente negative per i mercati obbligazionari, prediligendo l’area Euro e gli strumenti a spread, e comunque positive per le classi di attività più rischiose, con crescente selettività ed opportunismo nelle scelte di breve periodo.

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