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"Lezione dalla Grecia"

Nonostante la crisi della Grecia sia ancora lontana dal vedere una “accettabile” conclusione, una cosa possiamo già dire di averla imparata: l’Europa non esiste.

di Redazione Soldionline 1 lug 2015 ore 10:10

A cura di Gian Paolo Bazzani, AD Saxo Bank Italia

Nonostante la crisi della Grecia sia ancora lontana dal vedere una “accettabile” conclusione, una cosa possiamo già dire di averla imparata: l’Europa non esiste. La totale assenza di una coesione di intenti e quindi di una politica comune, più o meno la stessa dimostrata sul tema immigrazione, è infatti un chiaro sintomo della debolezza ideale dell’Unione Europea. L’idea di Europa abbracciata nella seconda metà del secolo scorso nasceva nello spirito di superare tutti i nazionalismi e le provinciali rivalità, quelle stesse rivalità che oggi, tutt’altro che superate, hanno portato alla totale incapacità di gestire i problemi. Se questi sono i risultati di quasi un sessantennio di costruzione europea, difficilmente qualcuno potrà essere ottimista sul suo futuro.

europa_8Che la Grecia fallisca o meno, l’Europa, così giovane e formatasi aggregando paesi così diversi e con economie così differenti, non sarà più la stessa. E lo sappiamo bene noi italiani, che dopo 150 anni di unità abbiamo la “questione meridionale” ancora più che mai aperta. Eppure l’Italia, sia politicamente che economicamente, ha più futuro che non l’Europa come oggi la conosciamo. Nel 2015 si prevede un aumento del prodotto interno lordo italiano pari allo 0,7% in termini reali (l’eventuale fallimento della Grecia inciderà sull’export italiano meno dell’1% il che significa un impatto sul PIL non superiore allo 0,2%), cui seguirà una crescita dell'1,2% nel 2016 e dell'1,3% nel 2017 (dati Istat) ed è noto che questi numeri sono inferiori a quelli tedeschi e di altri paesi più forti, ma pensate a cosa potremmo fare se davvero il paese venisse riformato!

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L’Italia ha buttato via dieci anni, si parla già del “decennio perduto”, vediamo di non sprecare i prossimi dieci.

Siamo tutti commissari tecnici di calcio e forse siamo tutti economisti in Italia ma credo che su alcuni punti si possa ottenere un consenso sufficientemente ampio:

- necessità di una semplificazione fiscale, prima ancora di alleggerire le tasse: questo consentirebbe una efficace lotta all’evasione fiscale ancora troppo alta. Il gettito recuperato deve poi essere utilizzato per alleggerire la pressione fiscale

- urgenza di norme anti corruzione e severa applicazione delle stesse: secondo l’Indice della Corruzione Percepita, l’Italia è il quarto paese più corrotto d’Europa (la Grecia è la prima)

- riduzione dell’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche che sprecano soldi in modo sistematico per incapacità e per alimentare il potere locale

- adozione di una politica industriale seria, cosa che manca in Italia dal Piano Marshall. Non sono sicuro che trasformare la Cassa Depositi e Prestiti in un nuovo IRI, il che significa ritrovarci di nuovo uno Stato Imprenditore, sia la soluzione migliore per il Paese. Ma staremo a vedere, i nomi che occuperanno le posizioni di vertice di CDP meritano il beneficio del dubbio

- investire nell’istruzione per fermare la deriva che sta portando i nostri figli a non essere preparati a confrontarsi con i giovani degli altri paesi. Meno latino e più matematica, meno musica e più informatica se vogliamo dare loro una speranza. Già stiamo diventando un paese vecchio, cerchiamo di non diventare anche un paese  ignorante.

Per un paese come l’Italia la cui industria è votata principalmente alla trasformazione, i prezzi bassi di petrolio e materie prime e i bassi tassi di interesse che vivremo nei prossimi anni, rappresentano una condizione unica che non dobbiamo sprecare. L’economia italiana ha davanti a sè l’opportunità di diventare un Paese Emergente e per farlo deve perseguire e raggiungere due obiettivi: risanare le finanze pubbliche riducendo il debito senza dover imporre politiche recessive come avvenuto in Grecia e, contemporaneamente, intraprendere quelle riforme strutturali in grado di garantirle, anche nel più lungo termine, un percorso di crescita in grado di portare non solo sostenibilità ad un sistema pensionistico scricchiolante ma anche un futuro alle nuove generazioni.

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