Le Borse globali sono tornate a valere meno del PIL
Secondo Warren Buffet il rapporto tra capitalizzazione complessiva di Borsa e PIL è il singolo migliore indicatore per capire a che punto sono le valutazioni azionarie. Ad oggi a che punto siamo?
di Redazione Soldionline 20 set 2022 ore 11:52Nel suo podcast mensile “Al 4° piano” Alessandro Fugnoli - Strategist di Kairos - ha fatto il punto sul rapporto tra capitalizzazione complessiva di Borsa e PIL, che secondo Warren Buffet è il singolo migliore indicatore per capire a che punto sono le valutazioni azionarie. In soldoni, se la Borsa vale più del PIL è cara, se invece vale di meno può essere interessante da considerare per un acquisto.
Ad oggi a che punto siamo? Stando ai valori riportati da Bloomberg, il valore totale delle Borse è sceso a 96 trilioni di dollari, mentre il PIL nominale di quest’anno, grazie all’inflazione che lo gonfia, sarà di quasi 104 trilioni di dollari.
Sulla base di questa premessa, Alessandro Fugnoli analizza a che punto è oggi il mercato e segnala quali sono i settori da osservare.
Warren Buffett ebbe a dire che il rapporto tra capitalizzazione complessiva di Borsa e PIL è il singolo migliore indicatore per capire a che punto stanno le valutazioni azionarie. Se la borsa vale più del PIL è cara, se vale di meno può essere interessante da considerare per un acquisto. Non c’è bisogno di chiarire che parliamo di un indicatore molto rozzo che non tiene in considerazione variabili decisive, tra le quali il livello dei tassi d’interesse, il tipo di composizione dei listini e le prospettive di crescita degli utili. Pur con tutti i suoi limiti vale comunque la pena dargli un’occhiata ogni tanto. Dopo tutto un’istituzione seria come la Banca Mondiale gli dedica molta attenzione e ne aggiorna costantemente il calcolo. Senza andare troppo indietro nel tempo vediamo che nel febbraio 2020, appena prima dell’inizio della pandemia, il valore globale delle Borse era pari a quello del PIL globale. Nel novembre del 2021 il grande rialzo azionario aveva portato le borse a valere il 20% in più del PIL.
E oggi a che punto siamo? Il valore totale delle Borse, che Bloomberg aggiorna quotidianamente, è sceso a 96 trilioni di dollari. Dal canto suo, il PIL nominale di quest’anno, grazie all’inflazione che lo gonfia, sarà di quasi 104 trilioni di dollari. In pratica, secondo questo indicatore, le Borse sarebbero oggi più degne di considerazione, non solo rispetto al picco del novembre scorso, ma anche rispetto a quel mondo pre-pandemico che oggi ci appare come una sorta di età dell’oro. Ripetiamo, tutte le singole metriche utilizzate per valutare le Borse vanno prese con cautela e buon senso, e questa non fa certo eccezione. Qualcosa però possiamo cominciare a dirlo comunque. Se le borse nei prossimi mesi rimarranno sui livelli attuali, e a maggior ragione se scenderanno, lo sconto rispetto al PIL si farà ancora più marcato. Il Pil nominale, infatti, grazie all’inflazione continuerà a crescere anche in caso di recessione. E più è marcato lo sconto delle Borse più vale la pena, se si ha un orizzonte di medio termine, cominciare a guardarsi in giro per valutare che cosa comprare con tutta calma da qui alla fine del 2023. Visto che siamo partiti con Warren Buffett, è interessante notare come questo grande investitore stia concentrando la sua attenzione sul settore dell’energia.
In fondo l’energia è un settore a forte sconto all’interno di un mercato azionario a sua a volta a sconto sul PIL. È vero, in caso di recessione la domanda di energia scende, anche se generalmente scende meno del PIL reale. Nei prossimi mesi, tuttavia, l’offerta di energia potrebbe scendere molto più velocemente della domanda, favorendo così nuove tensioni al rialzo sui prezzi. In novembre termineranno infatti le vendite di petrolio proveniente dalle scorte strategiche americane, che negli ultimi mesi tanto hanno contribuito a fare scendere il prezzo del greggio. In dicembre, poi, l’Europa smetterà di comprare petrolio russo e metterà altri ostacoli ai trasporti di greggio russo verso tutte le destinazioni. L’effetto probabile sarà un’ulteriore diminuzione della produzione russa.
Oltre all’energia, un altro settore da studiare sarà quello delle società cicliche capaci di conservare pricing power anche in un contesto recessivo. Parliamo soprattutto delle società che operano in settori in cui, grazie alla concentrazione degli ultimi decenni, la concorrenza si è molto ridotta. In conclusione, il profilarsi di un rallentamento globale che diventerà visibile alla fine di quest’anno o all’inizio del prossimo e che durerà per buona parte del 2023 ha già cominciato a creare e creerà ancora di più occasioni interessanti per chi guarda al 2024 e oltre. Chi invece ha un orizzonte più breve, limitato ai prossimi 12 mesi, farà bene a sfruttare i rimbalzi per alleggerire. La scelta tra breve termine e lungo termine è ovviamente personale e soggettiva. Non si dimentichi però che, anche se non mancano nella storia anche recente, casi di fortune accumulate con scommesse di breve termine, la grande maggioranza delle storie di successo è costituita da investimenti di medio-lungo termine.