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La Grecia non è la Grecia, e l’Europa non è l’Europa

Punto primo, la Grecia non è la Grecia. Di paesi che hanno fatto default ce ne sono stati sempre. Molti ricordano in questo caso il default della Germania dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale

di Redazione Soldionline 6 lug 2015 ore 15:44

A cura di Antonio Mansueto - socio AIAF

Punto primo, la Grecia non è la Grecia.  Di paesi che hanno fatto default ce ne sono stati sempre. Molti ricordano in questo caso il default della Germania dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale, quando, tra gli altri, anche la Grecia accettò di cancellare cifre di debito tedesco sostanziose. È ovvio che, se a un debitore che non ce la fa, fornisci aiuti tanto per pagare alti interessi, è come se non lo aiutassi. Devi ridurre il debito e il suo costo (gli interessi) se lo vuoi aiutare. E infatti alla Germania furono fatti ampi “stralci”. Per continuare ad essere “cliente” di chi lo aiutava. Questa era la furbata.

Il problema è che adesso non veniamo da una guerra mondiale, ma da un accordo monetario per creare l’Euro e costruire una Europa Unita federale. Gli effetti di questo accordo sono stati che, pur di starci, i passati governi Greci hanno truccato i conti pesantemente (bisognerebbe giudicare e punire i governanti e non un intero popolo) e poi le conseguenze dell’accordo hanno avvantaggiato estremamente i paesi più potenti nella UE, vessando i popoli che con sacrificio hanno voluto agganciarsi al treno utopistico meraviglioso dell’Europa Unita.

grecia_8Gli spread rimasti alti nei paesi deboli hanno consentito alle banche dei paesi forti di lucrare alti interessi, impoverendo ulteriormente i paesi europei deboli, e gli aiuti europei hanno poi consentito di pagare questi interessi alle banche dei paesi ricchi. La Grecia, insomma, viene aiutata per pagare livelli di interesse che, a pari moneta, la svantaggiano fortemente rispetto ai paesi europei più forti. Tassi alti che, se il debito dei paesi europei fosse garantito, la Grecia non pagherebbe affatto. E sul fronte economico, avere la stessa moneta ha consentito ai prodotti dei paesi forti di essere esportati in Spagna, Italia, Grecia, Portogallo in quanto questi ultimi, a parità di moneta, hanno potuto scegliere prodotti prima cari, e non potendo svalutare, hanno perso competitività sui mercati extra europei, perché le proprie aziende pagano tassi di interesse più alti. Non solo, ma i flussi turistici dal sud al nord Europa sono certamente aumentati moltissimo, grazie alla moneta unica. I turisti portano ricchezza a chi li accoglie, in questo caso sempre ai paesi più ricchi.

Ciò accade non perché l’austerity sia un concetto sbagliato in assoluto, ma perché l’accordo fatto è incompleto e, guarda caso, nel restare incompleto è ingiusto ed ha tolto risorse agli stati poveri per darle ai ricchi. Conviene alle nazioni fortunate perdere oggi un cliente minore, ma -a seguire- perdere clienti ben più importanti? Clienti, sì, clienti. Perché Italiani e Spagnoli oggi, grazie all’Euro,  spendono , comprano, fanno i turisti, studiano nell’Europa del nord prima cara e inavvicinabile.

Punto due. L’Europa non è L’Europa.
Non è una associazione di popoli giusta perché è incompleta. Il processo di costruzione si è fermato. Non ha le caratteristiche di una unione federale. E ha dimostrato che non si può costruire una nazione, mancando dei pezzi importanti. Per esempio, regole comuni di giustizia. Armonizzazione fiscale. Capacità di equità fiscale anche verso le multinazionali che oggi pagano pochissime tasse a causa di regole internazionali colabrodo, facendo concorrenza sleale alle medie e piccole imprese.

Su molti punti sociali le direttive comuni stanno pian piano cambiando i paesi europei e l’apertura delle frontiere sta lentamente facendo “amalgamare” i popoli europei. Ma l’ingiustizia e l’incompletezza di fondo delle regole europee rischia ormai di far sfasciare l’Europa. O si va avanti verso regole più complete, o si torna indietro. Nella peggiore delle ipotesi si creeranno due europe, quella del nord e quella del sud. Ci prepariamo ad una nuova futura guerra? 

Come fare a punire i governi (non i popoli) che sprecano ed evitare che i governi più forti approfittino di questa situazione per guadagnarci? L’Europa è stracolma di gente che lavora e che gira l’Europa, beneficiando di questo grande e ricco spazio culturale ed economico, che dà più opportunità a molti, inclusi i migranti. Questa è la ricchezza che abbiamo e che vorremmo o avremmo voluto mantenere, e che non possiamo fingere sia poco o niente. Se così fosse, non saremmo assediati da popoli che vogliono venire a vivere in Europa.

Torniamo alla giustizia dell’Europa con un esempio riferibile ad uno stato. Che succede se una giunta regionale ruba? La magistratura dello stato indaga, la giunta viene commissariata. A nessuno viene in mente che la regione e il suo popolo vengano cacciati dallo stato. Pagano i governanti disonesti, non i cittadini, almeno questo è lo scopo delle norme. Ma in Europa non esiste una vera giustizia centrale, le strutture centrali appaiono senza alcun potere. Come la segreteria di una associazione culturale. E la banca centrale, che comunque non può assumere funzioni politiche, è sottoposta ad un potere politico che non c’è. Quando ci sono casi importanti si muovono i capi dei paesi più potenti, come se, per una nazione, quando ci sono problemi internazionali, se ne occupino i presidenti delle regioni più ricche. Ridicolo, vero?

Eppure è così. Un’Europa possibile esiste e credo che l’unione dei popoli arricchisca la vita e l’economia dei popoli, se ben organizzata.
La Grecia non è la Grecia. La globalizzazione è arrivata. Il ministro delle finanze greco (appena dimessosi per “favorire l’accordo”) è greco, ma ha cittadinanza australiana e ha insegnato economia anche in Inghilterra. Si tratta di persone che esprimono un dissenso globale, e non locale. Sono punte di un iceberg globale, non contadinotti locali.

Poiché questa Unione Europea non è più al passo coi tempi, o si fa un passo avanti verso una vera unione, o ci si sfascia con crolli politici e finanziari ripetuti sino a finire a farsi la guerra economica, che poi magari un giorno si trasformerebbe in una ennesima guerra vera in Europa, gli uni contro gli altri.

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