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La FED non aumenterà i tassi prima di fine 2015

Gli esponenti della Federal Reserve – i più importanti e influenti dei Parker Brothers – sembrano oggi rendersi conto della fossa che hanno scavato consentendo ai tassi di restare estremamente contenuti troppo a lungo

di Redazione Soldionline 6 feb 2015 ore 14:41

A cura di Bill Gross gestore del Janus Global Unconstrained Bond Fund

Mia madre mi ha insegnato a giocare a Monopoly (il gioco), mentre dai mercati negli ultimi 40 anni ho imparato a giocare a Monopoli (l'economia finanziaria). I mercati finanziari e la nostra economia basata sulla finanza sono piuttosto simili al noto gioco da tavolo in termini di regole e strategie necessarie per vincere. La banca del vero Monopoli (la Fed) distribuisce inizialmente denaro ai giocatori e poi continua a creare nuovo credito ogni volta che l'economia passa dal "Via!". Nel Monopoly non esiste il credito e i giocatori non possono indebitarsi, per cui da questo punto di vista il gioco e la realtà sono alquanto diversi; ma il denaro ottenuto a ogni giro dà liquidità ai giocatori proprio come la Fed crea moneta dal nulla per immettere liquidità nell'odierna economia basata sulla finanza e stimolare la crescita economica reale.

monopoliI giocatori più abili sanno che è essenziale spostarsi rapidamente lungo il tabellone, acquistare terreni e poi valorizzarli con la costruzione di alberghi. L'ideale è costruire tre hotel su ogni lotto e, come ogni esperto del Monopoly sa bene, le posizioni chiave non sono Viale dei Giardini o Parco della Vittoria, bensì le proprietà rosse e arancioni. Lo stesso discorso vale per i mercati del mondo reale, direi. A determinare il vincitore sono le società e gli investimenti che vengono sovraponderati nonché il grado di leva che viene utilizzato. Ma è importante disporre anche di abbondante liquidità, perché presto o tardi si finisce per transitare sulle proprietà altrui. Per pagare l'affitto e onorare i debiti serve denaro, altrimenti bisogna vendere le proprietà a prezzo scontato, rischiando di essere eliminati rapidamente dal gioco. Questo mi ricorda Lehman Brothers e il periodo successivo al suo dissesto. Nelle prime fasi del gioco del Monopoly la proprietà è tutto, ma poi il denaro diventa sovrano, e chi ne è privo e non è in grado di procurarselo va in fallimento. Sembra tuttavia che dal 2008 le regole dell'economia basata sulla finanza siano state profondamente modificate.
Forse bisognerà inventare una nuova versione del gioco, che incorpori la moderna tecnologia delle banche centrali, consistente nell'utilizzare il quantitative easing, gli acquisti a titolo definitivo e le occasionali garanzie di emissioni societarie e titoli quotati per mandare avanti il gioco. È come se la banca del Monopoly, che dispone di banconote da 1, 5, 10, ecc. dollari in quantità limitata, generasse "virtualmente" altri trilioni di dollari per mantenere i giocatori solventi, nella speranza che parte di questo denaro si propaghi a poco a poco all'economia reale. In un contesto di tassi d'interesse prossimi allo zero, perché mai le banche e altri intermediari finanziari non dovrebbero impiegare i trilioni di dollari, euro e yen custoditi nei loro caveaux per fare credito al settore privato, nella speranza di ottenere un rendimento più elevato sul loro denaro? Sembrerebbe del tutto ragionevole, vero? Ma la realtà è ben diversa.

Volendo essere onesti, in alcuni casi e in alcuni paesi il credito non è mancato. Ad esempio, negli Stati Uniti i prestiti bancari crescono attualmente dell'8% all'anno e la nostra economia registra un'espansione del 3% in termini sia reali che nominali, con un'inflazione dello 0%. Eppure, nonostante questo tasso di crescita accettabile, negli ultimi 5 anni la ripresa statunitense si è rivelata anemica rispetto alla media storica e altre economie sviluppate versano in condizioni nettamente peggiori. Per molte sembra profilarsi una ricaduta in recessione pur a fronte di tassi d'interesse nulli o, incredibilmente, negativi. I rendimenti a 5 anni in Germania e Svizzera implicano un costo per i creditori. Una situazione quanto meno surreale. Prima del 2008 gli economisti e gli storici non avrebbero mai immaginato che una simile condizione potesse verificarsi, ed ecco invece che i singoli Stati sovrani e le rispettive banche centrali si ritrovano a sgomitare per portarsi in testa in una corsa al ribasso verso il livello minimo dei tassi d'interesse – qualsiasi esso sia – e delle quotazioni valutarie. Le banche centrali negano di essere coinvolti in una simile competizione, ma un atteggiamento tanto spavaldo non deve trarre in inganno. Non li si può accusare di mentire, ma li si può incolpare di distorcere la realtà.

Se li si potesse collettivamente definire "Parker Brothers", come il creatore del famoso gioco da tavolo, i giocatori avrebbero ogni ragione di affermare che le svalutazioni competitive e gli acquisti di obbligazioni a tassi d'interesse pressoché nulli comportano in effetti una significativa distorsione dei mercati e – aspetto ancor più importante – delle regole del capitalismo che stanno alla base della crescita da secoli, ovvero da ben prima che le banche centrali Parker Brothers vedessero la luce all'inizio del Novecento. Anche a fronte del passaggio dal sistema aureo al regime di Bretton Woods nel 1944 e poi dell'abbandono di quest'ultimo nel 1971, il capitalismo è parso poggiare a lungo su basi molto solide. Gli incentivi a concedere prestiti, indebitarsi e investire a scopo di profitto non sono mai stati storicamente minacciati prima del 2008, tranne che in Giappone. Vi sono state forse alcune recessioni durante le quali tali incentivi sono venuti meno, ma il capitalismo è rimasto sovrano. Come ha scritto Francis Fukuyama ne "La fine della storia", si pensava che il regime capitalistico avesse definitivamente battuto il Comunismo e altri sistemi economici simili, relegandoli nel dimenticatoio.

Ma le distorsioni create dai Parker Brothers dopo il 2008 hanno messo in discussione le previsioni di Fukuyama. Non vi è dubbio che tassi d'interesse negativi o persino nulli non possano essere una regola permanente del nuovo tabellone del Monopoly. Gli investitori e i giocatori razionali non amano dar via il proprio denaro senza un rendimento congruo; presto o tardi un materasso diventerá un rifugio più sicuro. Inoltre, aspetto ancor più importante, dal momento che i mercati e il settore finanziario sono in definitiva al servizio dell'economia reale, la crescita ne risulta ostacolata e minacciata.

In un mondo nuovo, i rendimenti degli investimenti reali – i ROE e i ROI – diventano così bassi che un nuovo progetto o la costruzione di hotel sulle proprietà verdi offrono una remunerazione troppo contenuta a fronte di un rischio troppo elevato. Come nelle fasi conclusive del Monopoly, quando il denaro diventa sovrano, la liquidità si accumula nelle casse delle imprese o viene utilizzata per il riacquisto di azioni nell'economia finanziaria. Gli investimenti in impianti e attrezzature vengono posticipati. Gli ostacoli strutturali come l'invecchiamento della popolazione e i rapporti debito/PIL eccessivamente elevati non offrono al giocatore una carta per "uscire gratis di prigione", anzi contribuiscono a mantenere chiuse le porte del carcere. La speranza si affievolisce.

In definitiva, se è vero che non esiste un sistema migliore del capitalismo, sta a quest'ultimo e ai responsabili delle politiche economiche promuovere un insieme di condizioni future che alimentino la speranza anziché la disperazione. Il capitalismo dipende dalla speranza: la speranza razionale che un investitore ottenga il rimborso del proprio denaro con un rendimento interessante. Se tale speranza viene meno, il capitalismo si trasforma e si disgrega. All'inizio del 2015, l'economia globale con i suoi tassi d'interesse nulli si trova proprio in questa situazione.

Nonostante la crescita ragionevole, alcuni di loro riconoscono le distorsioni create nel sistema, se non altro perché nel processo l'inflazione tende a diminuire, anziché ad aumentare. Altri paesi governati dai Parker Brothers sono alle prese con la deflazione in un contesto di tassi negativi. Ma la Fed, distinguendosi a mio avviso da altre banche centrali, innalzerà i tassi d'interesse del Monopoli verso la fine del 2015, sperando in tal modo di non finire sulle caselle metaforiche di Viale dei Giardini o Parco della Vittoria. Tuttavia, la Fed non si muoverà rapidamente, poiché il capitalismo ha risentito del cambiamento delle regole avvenuto dopo il 2008. Pertanto, negli Stati Uniti e in altri paesi prevarrà a lungo la prudenza. Nonostante i rendimenti irrisori, le obbligazioni non saranno facilmente minacciate da una nuova fase ribassista. Inoltre, a fronte del lento rialzo dei tassi USA dalla soglia dello zero, è lecito attendersi che le azioni statunitensi e globali rimarranno adeguatamente sostenute. Ma i tempi d'oro del mercato azionario sono ormai passati. In effetti, gli investitori azionari possiedono oggi le proprietà verdi e viola e tutte le stazioni del Monopoly, mentre i terreni rossi e arancioni appartengono a un'altra era. I rendimenti nell'economia reale sono eccessivamente bassi anche a causa degli interventi maldestri dei banchieri Parker Brothers. Ad aggravare la situazione hanno contribuito senz'altro fattori di stagnazione strutturali, come le tendenze demografiche, gli elevati livelli di debito e la tecnologia. La politica di bilancio è anemica dal 2010.

In definitiva, un investitore – un giocatore – deve prendere atto dei rendimenti totali contenuti e in alcuni casi negativi che si profilano nel 2015 e oltre. La distorsione del capitalismo, con la sua deflazione a breve termine, pone un rischio modesto ma non irrilevante per quello che mia madre considerava l'esito finale di qualsiasi gioco, passatempo o reale che fosse. "Alla fine", diceva, "tutte le carte, tutti gli hotel, tutte le proprietà tornano nella scatola." È molto probabile che nel 2015 il capitalismo distorto prosegua con la sua crescita sottotono, mentre la scatola del gioco rimane sul tavolino del soggiorno, in attesa del suo turno.

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