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La credibilità perduta della BoJ e il rally dell'oro

La Bank of Japan vede allontanarsi inesorabilmente il suo obiettivo di raggiungere un’inflazione al 2% nonostante tutti gli sforzi prodotti dall’Abenomics negli ultimi cinque anni

di Redazione Soldionline 8 apr 2016 ore 11:53

A cura di Arnaud Masset e Yann Quelenn analisti di Swissquote

La pubblicazione delle minute dell’ultimo incontro del FOMC non ha fatto che smorzare ulteriormente il market sentiment nei confronti del biglietto verde e far ripartire in accelerazione la corsa dello yen, il cui cambio contro dollaro è tornato ai minimi da ottobre 2014 (da 125 a 108, -13% da giugno 2015) e si avvicina pericolosamente a 105,23. Ad essere massimamente indispettita del nuovo corso non può che essere la Bank of Japan, che vede allontanarsi inesorabilmente il suo obiettivo di raggiungere un’inflazione al 2% nonostante tutti gli sforzi prodotti dall’Abenomics negli ultimi cinque anni. Gettare la spugna tuttavia non è ipotizzabile nè tipico della cultura nipponica, pertanto ci aspettiamo che prosegua nella sua ostinazione intraprendendo nuove iniziative di politica monetaria in grado di fermare il rally dello yen.
bank-of-japanO espandendo il Quantitative and Qualitative Easing Program o in alternativa tagliando ulteriormente i tassi già in territorio negativo. D’altra parte, alcuni indicatori di risk reversal trade a un mese sul cambio USDJPY sono già in negativo (-1,48) ad indicare che gli investitori stanno comprando ulteriori protezioni contro un nuovo rafforzamento dello yen. A dimostrazione che non credono che la Boj abbia ormai nè le capacità nè la credibilità per arginare la situazione.

oro_22Dall’altra parte, non si può non osservare come la forza relativa del rally dell’oro sia tutto fuorchè in via di esaurimento. Nonostante molti credano che il metallo giallo sia inutile e non offre dividendi, in realtà ci sono diversi segnali che ci convincono del contrario e soprattutto del fatto che le pressioni al rialzo siano in aumento. Negli ultimi quattro anni, i prezzi sono scesi del 30%, generalmente se il prezzo dell’oro resta basso significa che gli investitori hanno fiducia nelle politiche delle banche centrali. L’oro ha ripreso la sua risalita proprio mentre la Fed ha rialzato i tassi e pensiamo che ci sono vari motivi per i quali questo apprezzamento possa proseguire nonostante la nuova rotta indicata dalla banca centrale americana. Il prezzo dell’oro infatti è la somma sia del prezzo dell’oro fisico (lingotto) che di quello immateriale rappresentato dai titoli che hanno l’oro come sottostante, in rapporto di 1 a 200. La maggiorparte delle banche ha emesso moltissimi titoli legati al valore dell’oncia e il prezzo è sceso con la conseguenza che ora vi è un elevatissimo rischio controparte. Qualora il settore bancario dovesse attraversare una nuova e profonda crisi (non dimentichiamoci infatti che le banche continuano ad avere esposizioni monstre ai titoli derivati: la sola Deutsche Bank ne ha in bilancio per un valore pari a 25 volte il Pil della Germania), il prezzo del paper gold non farà che diminuire. Ma poichè anche il prezzo del lingotto è incorporato nel prezzo complessivo, siamo legittimati a credere che gli investitori continueranno a comperare lingotti che al momento trattano ancora a sconto con un premio pagato per il loro acquisto che non è mai stato così alto in ragione della rarità del metallo presioso.

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