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L'impatto Quantitative Easing sul mercato obbligazionario

I bond con maggiore rating che rientrano nel piano di acquisto della banca centrale hanno registrato un forte aumento dei prezzi e sono diventati molto costosi

di Edoardo Fagnani 10 ott 2016 ore 11:45

"Una delle principali implicazioni del Quantitative Easing per i mercati obbligazionari è stato l’impatto sui prezzi delle obbligazioni di più alta qualità". Lo sostiene Chris Iggo, Chief Investment Officer di AXA Investment Managers. In particolare, i bond con maggiore rating che rientrano nel piano di acquisto della banca centrale hanno registrato un forte aumento dei prezzi e sono diventati molto costosi. Di conseguenza, per ottenere maggiori rendimenti gli investitori si sono spinti su titoli con scandeza più lunga. Una strategia che, però, incorpora alcuni rischi, come spiegato da Iggo nella seguente analisi.

SCENARIO

quantitative-easing_2Una delle principali implicazioni del Quantitative Easing per i mercati obbligazionari è stato l’impatto sui prezzi delle obbligazioni di più alta qualità. Gli investitori pagano un costo (in termini di rendimento ridotto) per avere in portafoglio strumenti più sicuri. Ma vengono spinti lungo la curva di credito, e col passare del tempo le fasce di rating diventano sempre più costose, una dopo l’altra. È successo in maniera diffusa nei mercati investment grade, soprattutto in Europa dove il QE prosegue, mentre nei segmenti high yield a più basso rating ci sono ancora evidenti differenze in termini di premi per il rischio. Per ottenere rendimento, occorre andare più avanti lungo la curva di credito nella speranza che l’effetto a cascata sul portafoglio derivante dal QE prolunghi ed estenda la compressione della qualità del  credito. Affinché il credito in generale continui a generare performance positive, sono gli strumenti più simili al credito che devono produrre rendimento.

PORTAFOGLIO

Recentemente abbiamo segnalato un appiattimento dei rendimenti delle obbligazioni globali. Le cose non sono cambiate. Anzi, i rischi sono in aumento. Il mese di settembre è stato caratterizzato da andamenti contrastanti. Le obbligazioni societarie e i titoli di Stato high grade sono tra stabili e in calo, lo stesso vale per l’high yield, mentre le obbligazioni indicizzate all’inflazione hanno sovraperformato. Potrebbe essere un segnale d’allerta, i mercati potrebbero iniziare a convincersi di un’inversione nel ciclo dell’inflazione. Secondo noi ci vuole più prudenza nel reddito fisso. Occorre limitare l’esposizione sulla duration per il rischio di un rialzo dei tassi, ridurre il beta sui titoli di credito di alta qualità dove gli spread sono compressi tra le fasce AAA e BBB, mantenendo però in parte l’esposizione sull’high yield e sui mercati emergenti dove gli spread potrebbero scendere ancora. Questa fase comunque dipende più dal momentum e dai fattori tecnici, e questa prospettiva manca in ogni modo di convinzione. Ci troviamo in una fase avanzata del ciclo economico e i tassi sono stati estremamente favorevoli per diverso tempo. I fondamentali di credito probabilmente non miglioreranno molto, a meno che non assisteremo a un incremento molto rapido della crescita dei ricavi, e anche in tal caso, saremmo comunque preoccupati per una ripresa dell’indebitamento. Forse siamo tornati ad una strategia a ‘bilanciere’ – short duration sul segmento high yield con rating più bassi abbinata ad una copertura del rischio di una eventuale flight to mediante Treasury a lunga scadenza.

La titolarità dell'analisi che qui riportiamo è dell'autore della stessa, e l'editore - che ospita questo commento - non si assume nessuna responsabilità per il suo contenuto e per le finalità per cui il lettore lo utilizzerà.
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