L'economia alle prese con il calo del petrolio
Mentre il petrolio continua la sua fase di debolezza, che ormai fa meno notizia, il mercato continua ad interrogarsi sulle potenziali conseguenze economico finanziarie di un simile cambio di regime
di Redazione Soldionline 11 dic 2014 ore 11:19A cura di Alessandro Balsotti, Senior Portfolio Manager di JCI Capital
Mentre il petrolio continua la sua fase di debolezza, che ormai fa meno notizia, il mercato continua ad interrogarsi sulle potenziali conseguenze economico finanziarie di un simile cambio di regime. Il dibattito rimane vivo. Gli ottimisti vedono i soldi aumentare nelle tasche di privati e imprese grazie a costi energetici più bassi e banche centrali con maggiori spazi di manovra senza alcuna pressione inflattiva all’orizzonte. I pessimisti intravedono nella debolezza delle commodities più un sintomo di scarsa crescita che un motore di attività economica, oltre al freno agli investimenti americani che sulla rivoluzione dello ‘shale-oil’ hanno costruito una porzione significativa della crescita post crisi. I segnali che giungono dall’economia globale rimangono contrastanti e di difficile lettura: la crescita US sembra accelerare, quella cinese pare invece non in grado di frenare un inesorabile rallentamento, quella europea rimane mediocre o anche peggio, il che però non tradisce aspettative già depresse.
Nel frattempo l’ECB, pur divisa, riesce a non deludere più di tanto. Lo fa però caricando ulteriormente di attese la prossima riunione verso fine gennaio. Nel frattempo, giovedì, la seconda asta del T-LTRO ci darà qualche informazione in più sulle capacità dell’attuale piano (T-LTRO, Covered Bonds, ABS) di espandere significativamente lo stato patrimoniale della banca centrale. Poca partecipazione, diciamo sotto i 150 miliardi, genererà maggior probabilità ma anche maggiori attese di un QE su titoli governativi già nei primissimi mesi del 2015. Una potenziale tegola è rappresentata dall’accelerazione del processo di elezione parlamentare del presidente greco. Non trovando un accordo con la Troika il governo greco ha pensato di anticiparle evitando di affrontarle dopo aver incassato una chiara sconfitta sul fronte internazionale. La bocciatura del candidato presidenziale, più che possibile, causerebbe meccanicamente elezioni anticipate già a gennaio, con Syriza in vantaggio in tutti i sondaggi e un programma economico non particolarmente ‘market-friendly’. Volatilità quindi garantita nelle sessioni conclusive del 2014. E’ altamente improbabile però che una crisi greca possa diventare sistemica con l’ECB sempre più vicina ad usare il suo ‘bazooka’.
La sensazione è che i trend più forti di questi mesi - la forza del dollaro contro euro e yen, le borse giapponesi e cinesi, la continua ascesa dell’azionario americano sia in termini assoluti, sia in termini relativi nei confronti di quelle europee, i continui nuovi massimi del reddito fisso periferico europeo – stiano mostrando segnali di stanchezza. Chi avesse beneficiato di queste tendenze farebbe forse meglio a portare a casa i profitti con anticipo sulla fine dell’anno.