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Italia: la ripresa si fa ancora attendere

Le stime sulla crescita sono state abbassate e più che attendersi una "vera" ripresa IntesaSanpaolo, per il 2015, prevede una stabilizzazione dell’attività economica dopo anni di calo

di Redazione Soldionline 30 dic 2014 ore 10:29

A cura di Paolo Mameli, Economista Area Euro di IntesaSanpaolo

IntesaSanpaolo, nell'ambito del suo studio sullo scenario macroeconomico dei prossimi mesi, ha messo sotto la lente anche la situazione italiana. Le stime sulla crescita sono state abbassate anche se non mancano alcuni fattori potenziali di ripresa. Più che attendersi una "vera" ripresa IntesaSanpaolo, per il 2015, prevede una stabilizzazione dell’attività economica dopo anni di calo. Ecco cosa riporta la sezione dedicata all'Italia degli economisti della banca:

Rispetto allo scenario di settembre, rivediamo al ribasso di due decimi la stima sul PIL italiano nel 2015, da +0,6% a +0,4%. La maggiore cautela dipende tutta dall’effetto di trascinamento da un 2014 più deludente delle attese (PIL in calo di -0,4% anziché di -0,2% come precedentemente stimato): la modifica peggiorativa di due decimi della nostra stima dipende per metà dalla revisione sui dati passati di contabilità nazionale 2013-14 comunicata dall’Istat, per un decimo dal nostro minor ottimismo sull’ultimo trimestre del 2014, per il quale ci attendevamo un ritorno in territorio positivo dell’attività economica su base congiunturale, che invece è rimandato (nella migliore delle ipotesi) a inizio 2015.

2015_4Per l’anno prossimo, abbiamo mantenuto inalterato il profilo atteso sulla crescita trimestrale, con un ritorno in territorio marginalmente positivo a inizio anno e un graduale rafforzamento della ripresa in corso d’anno. Da un lato, l’evoluzione dei dati congiunturali recenti di per sé segnala rischi verso il basso su tale scenario, in quanto l’andamento sia dei dati reali che degli indici di fiducia non è ancora coerente con una ripresa e, anzi, avrebbe giustificato una revisione verso il basso di tale profilo atteso per il 2015. D’altra parte però, alcuni fattori esogeni intervenuti negli ultimi mesi di per sé indicherebbero rischi al rialzo sulla stima per il 2015. In particolare, il nuovo profilo del tasso di cambio EUR/USD e del prezzo del petrolio ha ceteris paribus un impatto positivo di 0,3% sulla crescita italiana nel 2015; tale effetto potrebbe essere più ampio nel 2015, ed estendersi anche al 2016, nel caso in cui il recente calo delle quotazioni dell’euro e delle materie prime si accentuasse ulteriormente: uno shock simultaneo del 10% sul tasso di cambio e sul brent avrebbe nelle nostre stime un impatto di 0,5% sulla crescita media del PIL dopo un anno (tale impatto rientrerebbe però quasi interamente nell’anno successivo).

Oltre a cambio debole e materie prime meno care, l’altro fattore “potenziale” di ripresa, dal quale però ci attendiamo un contributo solo modesto, è l’espansività delle politiche economiche:

1. la BCE ha reso ancora più accomodante la politica monetaria: dopo aver portato a settembre i tassi a zero, l’Istituto di Francoforte ha intrapreso un piano di acquisto di titoli, che per ora riguarda covered bond e ABS; è cresciuta la possibilità (che stimiamo ora superiore al 50%) che nel 1° trimestre del 2015 gli acquisti possano essere estesi ai corporate bond e/o ai titoli governativi. Tuttavia riteniamo che: a) è dubbio che la Banca centrale raggiunga l’obiettivo dichiarato di espansione del bilancio (1000 mld; riteniamo più probabile si arrivi a circa 350 mld); b) non è affatto detto che le misure annunciate siano efficaci nello “sbloccare” il meccanismo di trasmissione della politica monetaria (il livello dei rendimenti sui titoli sia governativi che societari è già molto basso ma non si è tradotto sinora in un miglioramento decisivo nel costo e nelle condizioni di credito applicate alle imprese);

2. nel 2015 la politica fiscale, così come già nel 2014, sarà lievemente espansiva, grazie ai tagli di imposte inseriti nella Legge di Stabilità (variazione del saldo primario corretto per il ciclo: -0,2% l’anno prossimo dopo il -0,3% di quest’anno); il punto è che si tratta di un allentamento solo modesto dopo anni di forte stretta; stimiamo un impatto “teorico” sul PIL di due decimi; l’incertezza sull’evoluzione futura della politica fiscale potrebbe tuttavia dimezzare l’impatto a +0,1%.

Tale impatto potrebbe essere amplificato dagli effetti delle riforme strutturali ma soprattutto dal prosieguo del pagamento dei debiti arretrati della PA: il processo si era interrotto nella parte centrale del 2014 ma dovrebbe essere ripreso negli ultimi mesi del 2014; si potrebbe arrivare a pagare ai creditori 40 miliardi di debiti a fine 2014 (il 2,5% del PIL) e 57 miliardi (il 3,5% del PIL) entro la metà del 2015. Nel complesso, potrebbero dunque essere pagati 17 mld nel 2013, 24 nel 2014 e 17 nel 2015. Nell’ipotesi prudenziale della Banca d’Italia che le risorse aggiuntive destinate al finanziamento di nuovi investimenti fossero il 12% del totale (e che la quota residua fosse ripartita in parti uguali tra finanziamento del capitale circolante e accantonamenti per finalità precauzionali), ne deriverebbe un impatto complessivo sul ciclo, nella più prudenziale delle ipotesi, di 0,7% (da “spalmare” sul triennio 2013-15). Di questi, l’impatto sul 2015 sarebbe di 0,2%. Tuttavia, questa stima è ottimistica visto che l’incertezza che sembra pesare sulle decisioni di investimento delle imprese potrebbe ridurre la quota parte destinata al capital spending; una stima più realistica a nostro avviso si ferma a +0,1%.

Nel 2015, la ripresa sarà, a nostro avviso, ancora una volta molto dipendente dall’estero. Infatti le esportazioni nette potrebbero aggiungere lo 0,3% al PIL, dopo lo 0,5% del 2014 (sarebbe il quinto anno consecutivo in cui gli scambi con l’estero danno un contributo positivo al ciclo). L’export è atteso accelerare al 3,3% dopo l’1,9% di quest’anno, a fronte di un import anch’esso in ripresa (+2,5% da +0,4%). Come detto, tale dinamismo dell’export potrebbe essere accentuato dal movimento del cambio: nelle nostre stime un deprezzamento del 10% del tasso di cambio EUR/USD rispetto al nostro scenario base ha un effetto positivo dell’1,5% sull’export e dello 0,4% sul PIL (tenendo conto dell’effetto di retroazione dell’export sulle importazioni). Come già nel 2014, ci aspettiamo che le vendite all’estero siano premianti in particolare verso i Paesi anglosassoni, mentre non è attesa una significativa accelerazione verso il resto dell’area euro; alcuni Paesi emergenti, tra cui Est Europa e Medio Oriente, potrebbero essere ancora frenati da tensioni geopolitiche e dall’effetto di minor domanda indotto dal calo delle quotazioni delle commodity. In generale, potrebbe essere più premiante l’export verso i Paesi sviluppati, anziché emergenti, e verso le aree valutarie in dollari rispetto alle altre valute.

Quanto alla domanda interna, dovrebbe proseguire la modesta ripresa dei consumi
, che già nel 2014 sono stati l’unica componente domestica in territorio positivo (0,3% nelle nostre stime, atteso accelerare a 0,8% nel 2015). La spesa delle famiglie ha ripreso a crescere, sia pure ad un ritmo modestissimo (0,1% t/t), già da oltre un anno (3° trimestre 2013), e potrebbe essere favorita dal recupero di reddito disponibile reale (stimiamo un +0,6% nel 2015 dopo 7 anni di contrazione). Gioverà la stabilizzazione del bonus Irpef, anche se l’incertezza sulla futura evoluzione della pressione fiscale (vedi clausola di salvaguardia sull’IVA e rischio di aumento dell’imposizione sulla casa con la riforma del catasto) potrebbe attenuarne l’impatto. Il principale rischio viene dalla persistente debolezza del mercato del lavoro: i segnali di ripresa dell’occupazione (quasi interamente temporanea, anche a seguito della maggior flessibilità introdotta dal decreto Poletti dello scorso marzo) sono in parte rientrati di recente e in parte vanificati, quanto agli effetti sulla disoccupazione, dal calo degli inattivi, che ha portato il tasso dei senza-lavoro a un nuovo massimo storico oltre il 13%. Ci attendiamo una stabilizzazione e non un calo nel 2015.

La nota più dolente dello scenario viene dalla mancata ripresa degli investimenti,
attesi contrarsi per il settimo anno consecutivo l’anno prossimo (di -0,3%). Le costruzioni sono ancora in recessione e gli indici anticipatori nel settore segnalano che una ripresa è rimandata, nella migliore delle ipotesi, al 2016. Ci aspettiamo invece un recupero già dall’anno prossimo per gli investimenti in macchinari e attrezzature (+1%), anche se per la maggior parte dovrebbe trattarsi di investimenti di sostituzione visto il grado di obsolescenza degli impianti dopo anni di contrazione della spesa in conto capitale delle aziende. Sarà di aiuto il taglio del cuneo fiscale a carico dei datori di lavoro inserito nella Legge di Stabilità, così come gli incentivi previsti in numerose misure legislative. Tuttavia, pesano la bassa redditività, che vanifica l’effetto potenzialmente favorevole del calo dei tassi di interesse (sebbene su questo fronte la situazione stia migliorando dal 2013), l’eccesso aggregato di capacità produttiva e l’incertezza ancora gravante sullo scenario congiunturale e di policy; inoltre, la proiezione più internazionale delle imprese potrebbe aver allentato il legame storico fra crescita dell’export e investimenti delle imprese.

In sintesi, quella che ci attendiamo per il 2015 è, più che una “vera” ripresa, una stabilizzazione dell’attività economica dopo anni di calo (gli ultimi tre, e cinque degli ultimi sette). Per un recupero congiunturale maggiormente degno di questo nome (dell’ordine dell’1%) occorrerà attendere almeno il 2016.

Stimiamo un’inflazione, nella media 2015, molto vicina a quella dell’anno precedente
ovvero solo di poco superiore allo zero (stimiamo 0,3% da 0,2% di quest’anno). Cambio debole e calo dei prezzi delle materie prime agiranno in senso opposto. La dinamica sottostante delle componenti core è appena superiore a zero, coerente con l’ampio output gap accumulato negli ultimi sette anni. In tale scenario, non è escluso che il CPI possa episodicamente tornare in territorio negativo nel corso della prima metà dell’anno. Tuttavia, continuiamo ad attribuire una ridotta probabilità a uno scenario di deflazione vera e propria, ovvero di persistenza in territorio significativamente negativo del CPI.

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