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Inflazione o deflazione?

La divergenza tra Borse (al rialzo) e tassi (ai minimi di sempre) è lo specchio del forte contrasto tra le aspettative di crescita e la paura della deflazione

di Redazione Soldionline 24 mar 2015 ore 09:15

A cura di www.recce-d.com

I TEMI DEL GIORNO
1.    Cina: indice PMI
il dato pubblicato stamattina per il settore manifatturiero in Cina è il più basso da 11 mesi, ma soprattutto è inferiore a 50, che è la soglia che divide espansione economica da contrazione; ad oggi, le stime per la crescita del GDP in Cina restano comprese tra il 6,5% ed il 7% (che è l’obiettivo ufficiale), ma c’è il rischio di una ulteriore revisione verso il basso [importante per: Borse (Emergenti)]

2.   Inflazione o deflazione?  La divergenza tra Borse (al rialzo) e tassi (ai minimi di sempre) è lo specchio del forte contrasto tra le aspettative di crescita (attesa, e da molti anni) e la paura della deflazione (la parola più usata, e probabilmente abusata, degli ultimi 12 mesi). Oggi avremo, in questo senso, informazioni molto importanti prima dal Regno Unito, e poi dagli USA: entrambi i Paesi pubblicheranno i loro dati per l’inflazione. Della giornata di ieri, da segnalare un dato ancora sotto le attese per il settore immobiliare USA (grafico sotto) [importante per: equity e bonds (globale)]

3.   Dollaro a 1,1000 contro euro prosegue il recupero dell’euro, che ieri ha pesato in modo evidente sulle Borse in Europa ed in particolare sul DAX (automobilistici); il segnale è forte perché proprio i cambi da sei mesi a questa parte hanno dominato i mercati finanziari internazionali: lo stesso rialzo delle Borse in Europa è spiegato, in grande parte dalla discesa di valore dell’euro, che ha ridotto il peso dell’azionario Europa nei portafogli denominati in dollari USA [importante per: valute (globale)].

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L'OPERATIVITA'

Borse e USD. Restiamo ancora oggi sui dati di valutazione per la Borse USA: ieri abbiamo esaminato con alcuni dati quale sarà l’impatto sugli utili del primo trimestre 2015 del rialzo del dollaro contro tutte le altre valute. Per il momento, però, l’indice della Borsa di New York resta, dopo tre mesi, stabile sui livelli di fine 2014. Perché? La ragione principale, che vedete anche nel grafico qui sotto, è che a tutto oggi il mercato sconta ancora un aumento degli utili nell’anno 2015, che farebbe scendere il rapporto P/E dagli attuali 20 (sugli utili LTM, ovvero dell’ultimo anno) a 17, (utili NTM, i prossimi 12 mesi). Un valore peraltro sempre elevatissimo, come si vede bene nel grafico (linea azzurra): si tratta di un valore più elevato di quello toccato a fine 2007, quando iniziò la crisi poi sfociata nel fallimento di Lehman Brothers.  Su questo punto, molti introducono il tema tassi di interesse: lo ha fatto anche Bob Shiller nel weekend: "I call it the 'new normal boom.' It is an investment boom ... The mechanisms are all there, but the feeling is missing (…) We're not seeing any optimism. This boom is driven by fear," he argued. There aren't many alternatives to stocks at the moment. We're in a period of extremely low interest rates." Ne parleremo ancora domani.

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L'ANALISI

Le politiche monetarie non convenzionali hanno fino ad oggi avuto un impatto inferiore alle attese sulle variabili reali, ed in particolare sulla spesa delle famiglie e sulla spesa delle aziende per investimento. Questo lo si vede negli USA, e con più evidenza in Giappone e in Eurozona. Ieri abbiamo proposto un grafico, in cui si vedeva (linea rossa) che negli USA il tasso di risparmio del settore privato oggi è tornato vicino a zero (scala del grafico a destra) perché il risparmio delle famiglie viene impiegato dalle imprese per operazioni di buyback (riacquisto azioni proprie) ed acquisizioni oppure fusioni (a tasso zero). Di fatto, quindi, è poco il denaro viene impiegato per macchinari dedicati alla produzione, come ci dicono anche gli ultimi dati per i beni durevoli che potete vedere nel grafico in basso (dopodomani il dato di febbraio). In breve quindi il quadro può essere riassunto così: le politiche monetarie di tipo QE fino ad oggi non hanno convinto ad investire di più, né hanno convinto le famiglie a spendere di più: fino ad oggi, il maggiore effetto è stato quello di convincere i gestori di portafogli titoli a spostarsi verso titoli più rischiosi. E non solo verso le azioni, dato che l’effetto è tangibile anche nei portafogli obbligazionari, come scriveva solo ieri Bloomberg:  Norway’s $870 billion sovereign wealth fund said this month that it added Nigeria and lifted its share of lower-rated company debt to the highest since at least 2006. Allianz SE, Europe’s biggest insurer, is shifting from German bunds to bulk up on mortgages. JPMorgan Asset Management is buying speculative-grade corporate debt to boost returns. Investimenti spinti dal QE: ma non investimenti produttivi. Riprenderemo domani questo tema.

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