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In questi giorni si gioca la partita per l'Europa

Nell’arco di quattro giorni si giocano due “partite” di fondamentale importanza per le prospettive dell’Europa nei prossimi mesi

di Redazione Soldionline 22 gen 2015 ore 11:28

A cura della Direzione Advisory di Bim, Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni

Per quanto la Merkel abbia dichiarato: “non parlerei di settimana decisiva per l’Euro”, con il meeting BCE sul QE giovedì e le elezioni parlamentari in Grecia domenica, nell’arco di quattro giorni si giocano due “partite” di fondamentale importanza per le prospettive dell’Europa nei prossimi mesi.

L’annuncio del QE è ormai dato per scontato e l’incertezza è confinata ai termini dell’operazione (ammontare, titoli oggetto dell’acquisto, ripartizione del rischio), che comunque non possono essere definiti un dettaglio secondario.
Considerato che Draghi ha fatto più volte riferimento alla volontà di espandere il bilancio della BCE di 1 trilione e tenuto conto delle misure già implementate, l’importo del QE dovrebbe essere almeno di 500 mld ed è comunque probabile che venga tenuta la porta aperta per un ulteriore incremento dell’ammontare. Dovrebbe essere fissato un limite agli acquisti pari al 20% - 25% del debito totale emesso da un singolo paese, ma resta da verificare con quale criterio di proporzionalità gli acquisti verranno con dotti.
europa_6Negli ultimi giorni il dibattito si è focalizzato sulla ripartizione del rischio, anche perché, secondo le indiscrezioni di stampa, Draghi, con l’obiettivo di raggiungere il maggior consenso possibile, avrebbe preso in considerazione la soluzione di scaricare il rischio degli acquisti sulle singole Banche Centrali nazionali. Riteniamo che la questione della ripartizione del rischio abbia una scarsa rilevanza sull’impatto sostanziale dell’operazione, ma diventi particolarmente delicata per il messaggio che ne può essere estrapolato . Dichiarando ieri: “più mutualizzazione c’è meglio è”, il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, è stata soltanto l’ultima in ordine di tempo tra politici ed economisti a sottolineare l’importanza della condivisione del rischio. In caso contrario si fornirebbe un segnale decisamente negativo, insinuando ulteriormente il dubbio sulla reale determinazione politica nel difendere la tenuta dell’Eurozona. In questo senso un compromesso potrebbe essere qu ello di mantenere la condivisione del rischio su una parte degli acquisti e scaricare la responsabilità sulle Banche Centrali nazionali oltre un certo ammontare.
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Nel fine settimana gli operatori staranno ancora facendo le loro valutazioni sul QE quando si troveranno a dover fare i conti con i risultati della tornata elettorale in Grecia . In realtà su questo fronte l’incertezza riguarda più il dopo elezioni che non tanto l’esito . Secondo gli ultimi sondaggi Syriza guidata da Alexis Tsipras ha ulteriormente aumentato il suo vantaggio su Nea Dimokratia, portandolo ad un range di 4 - 6.5 punti percentuali, e sta sfiorando un consenso del 35%, non lontano dalla maggioranza assoluta dei seggi, tenuto conto del premio di riconosciuto al vincitore delle elezioni. Co me più volte sottolineato dai suoi esponenti politici, Syriza non vuole una Grecia fuori dall’Euro, ma punta ad ottenere una ristrutturazione del debito ed un allentamento del programma di austerity. Poiché l’Unione Europea (tradotto la Germania) non può perdere troppa credibilità e non può, e non vuole, creare pericolosi precedenti non sarà facile trovare un punto di incontro, ma restiamo dell’idea che, considerata la posta in gioco per entrambe le parti, seppure a fatica e con tempi che probabilmente non saranno brevi, si riuscirà a raggiungere un compromesso (da tenere presente che un’intesa con un Governo guidato da Tsipras avrebbe un’accresciuta valenza e toglierebbe qualunque alibi al paese considerato che verrebbe siglata con il Partito che sinora ha avanzato le critiche più severe alla politica dell’Unione Europea).

Siamo entrati in questa settimana decisiva con le aspettative sull’Europa cresciute in misura considerevole , come testimonia la recente sovraperformance rispetto a Wall Street, ancora più significativa se si considera il nervosismo e la volatilità generati dalla decisione a sorpresa della SNB di rimuovere il “peg” sul Franco svizzero.

A questo punto per Draghi è veramente difficile sorprendere al rialzo e con le elezioni in Grecia a pochi giorni dal meeting della BCE sul breve termine è da mettere in conto qualche presa di beneficio , probabilmente anche nell’ipotesi in cui emerga un buon piano sul fronte del QE.
Su un arco temporale più ampio, restiamo dell’idea che, s e Draghi dimostrerà la giusta determinazione, questo ritorno di interesse per l’Europa possa proseguire , considerando che al decisivo supporto della Banca Centrale si dovrebbero accompagnare:
- una fase di miglioramento ciclico dell’economia;
- il contributo dell’indebolimento dell’Euro e del ribasso del prezzo del greggio;
- le valutazione attraenti in termini relativi ed assoluti
- qualche passo avanti sul fronte delle riforme.

EUROPA
I l dato generale area Euro sulla produzione industriale di novembre è stato leggermente migliore delle attese, dopo le delusione arrivate dai dati dei paesi principali (Germania e Francia in testa). La produzione industriale area Euro ha fatto registrare un progresso dello 0, 2 % m ese su mese (attesa flat ), grazie a una leggera revisione positiva del dato tedesco (flat da - 0,1% m/m) e a contributi positivi da alcuni paesi minori; anno su anno la variazione torna a essere negativa ( - 0,4%). Tra i dati mancanti, infine, in leggera flessione la produzione industriale spagnola, in calo di un decimo a novembre dopo il - 0, 4 % m/m del mese precedente.

La seconda stima dell’ inflazione area Euro di dic embre conferma il - 0,2% a/a, dal +0,3% a/a di novembre. Mese su mese i prezzi al consumo sono scesi di un decimo, variazione causata interamente dalla discesa della componente energia ( - 9% m/m), ch e ha compensato l’aumento mostrato dagli alimentari. Sulla misura core (al netto di energia e alimentari), l’inflazione è rimasta sui minimi degli ultimi 2 mesi, a +0,7% a/a.

L’indice ZEW tedesco è salito ai massimi degli ultimi undici mesi nella rilevazi one di gennaio, superando le stime di consensus. La componente aspettative del dato è salita a 48,4, oltre 13 punti in più dell’ultimo dato del 2014, un dato che sarebbe coerente con un’accelerazione dell’economia tedesca nella seconda metà del 2015: a sos tenere le aspettative del panel di intervistati, con ogni probabilità, sono state le ormai probabili e vicine iniziative espansive della BCE, a cui si aggiunge la debolezza della moneta unica. In rialzo anche la componente dello ZEW relativa alle condizion i corrente, attestatasi a 22,4 a gennaio, valore nettamente superiore alle attese.


STATI UNITI
Nel Beige Book pre FOMC di gennaio non ci sono cambiamenti sulla view, con l’economia americana che è vista crescere a ritmi definiti sempre tra modesti e moderati. Le aspettative si mantengono buone, anche se sarà possibile vedere un rallentamento dopo i forti dati del terzo trimestre (Pil +5% ann.). Nel comunicato si menziona qualche accenno a pressioni salariali in de terminati incarichi qualificati, elemento che comunque non dovrebbe influenzare più di tanto le intenzioni della Fed vista la debolezza della componente salari nell’Employment report di dicembre.

Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione sono inasp ettatamente salite so pra quota 300 mila ( 316 mila), massimo da settembre; probabile, tuttavia, che si tratti solamente di un aumento temporaneo legato alla fine delle festività.

Le vendite al dettaglio hanno deluso le attese con una rilevazione negativa a dicembre, - 0,9% m/m, e una revisione al ribasso del dato di novembre. Parte della correzione, come previsto, è legata al calo dei consumi di benzina ( - 6,5% m/m, effetto del calo del prezzo), ma sono scese anche altre voci di spesa come auto, elettronica e materiali da costruzione; positive invece numerose voci di spesa discrezionale. Il dato di dicembre è deludente, ma i consumi americani rimangono su un solido sentiero di espansione.

Le misure di inflazione di dicembre hanno naturalmente risentito del fo rte calo dei prezzi energetici e dell’apprezzamento del dollaro. Il CPI è sceso dello 0,4% m/m, e di mezzo punto sulla variazione annuale (+0,8% da +1,3%). Il calo del dato core è invece stato molto più contenuto (+1,6% a/a da +1,7% a/a di novembre), con movimenti inversi a seconda delle voci: la stabilità dei prezzi di alcuni servizi/beni (sanità, casa) mantiene lontani i timori di disinflazione che invece sono diffusi in Europa.

La produzione industriale è scesa di un decimo mese su mese, principalmente a causa del calo del settore utility ( - 7%) dovuto al clima più mite della media. L’output del settore manifatturiero nel complesso è aumentato dello 0,3%, nonostante un contributo negativo del comparto automotive.

I dati di sentiment sono stati mixati. G li indici manifatturieri regionali hanno visto una lettura positiva sull’ Empire della Fed di New York (9,95 da - 1,23) e una negativa dell’ indice della Fed di Philadelphia (6,3 da 24,3): anche a gennaio i dati si sono mostrati volatili, ma comunque su live lli positivi che indicano espansione. Molto forte invece l’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan (98,2, massimo dal 2004): miglioramento del mercato del lavoro e benzina in calo sostengono le aspettative dei consumatori a mericani.

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