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Il fintech? Mette alla prova i giganti bancari

I tassi di interesse hanno riacceso l'attenzione per i titoli del comparto finanziario. Tuttavia il tema della ripresa, per le azioni bancarie, potrebbe essere diventato maggiormente complesso a causa del Fintech

di Redazione Soldionline 29 ago 2017 ore 10:11

I tassi di interesse hanno riacceso l'attenzione per i titoli del comparto finanziario. Tuttavia il tema della ripresa, per le azioni bancarie, potrebbe essere diventato maggiormente complesso a causa del Fintech. Lo sostiene Guy de Blonay, gestore del fondo Jupiter Global Financials. Secondo l'esperto non si verificherà un emorragia degli investimenti in tecnologia verso il comparto del credito ed è necessario un approccio più equilibrato al tema. Secondo de Blonay la crescita ciclica di un settore (quello bancario) non esclude necessariamente la crescita strutturale di un altro (quello del fintech).

Ecco il report del gestore:

 

Nelle ultime settimane, la Fed ha delineato il piano per ridimensionare il suo bilancio e ha aumentato il tasso d’interesse sui Fed funds dello 0,25% per la seconda volta in sei mesi, con l’aspettativa di altri aumenti da qui in avanti. Un mercato del lavoro in deciso miglioramento ha spinto la Fed di Janet Yellen verso un atteggiamento più aggressivo. Combinata all'effetto Trump, la normalizzazione delle politiche della Fed ha portato ad una corsa alle azioni cicliche del settore finanziario, vale a dire alle banche. In una certa misura, ciò è avvenuto a scapito delle società specializzate in pagamenti globali e delle aziende specializzate in tecnologia dedicata al settore finanziario.

Il rally dei titoli bancari si è verificato per una buona ragione. Gli aumenti dei tassi di interesse si traducono in migliori margini degli interessi netti. Tuttavia sono scettico a riguardo dell’uscita dal Fintech, che è stata l’altra faccia della reflazione. A mio avviso, è necessario un approccio più equilibrato. La crescita ciclica di un settore non esclude necessariamente la crescita strutturale di un altro.

 

Banche troppo grandi per cambiare?

fintechSe con la crisi finanziaria ci si è chiesto se i colossi bancari fossero "troppo grandi per fallire", ora con l’avvento del Fintech ci si chiede se non siano "troppo grandi per cambiare". Per decenni le grandi banche hanno goduto di un vantaggio competitivo naturale costituito dall’inerzia dei clienti. Ciò è accaduto a causa della mancanza di trasparenza e della comodità per i clienti di trovare pacchetti di prodotti già pronti, che ha permesso alle banche di operare come unico punto di accesso ai servizi finanziari. Tuttavia, gli sviluppi tecnologici, le nuove normative atte ad incrementare la trasparenza e l'avvento della generazione dei millenials, nativi digitali, che già utilizzano metodi di pagamento non tradizionali come quelli forniti dalle piattaforme di Apple, Google, PayPal e Facebook, sono elementi che fanno intuire una possibile conclusione dell’era dell'inerzia delle banche.

Le Autorità di vari Paesi hanno introdotto politiche per incoraggiare una maggiore concorrenza. Ad esempio, l'iniziativa Open Banking, promossa dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel Regno Unito, dovrebbe cambiare significativamente il modo in cui i clienti interagiscono con le banche. Questa iniziativa renderà più facile la condivisione dei dati e permetterà al cliente una maggiore libertà di personalizzare i servizi bancari. Molto probabilmente la pratica diffusa del bundling di prodotti non sarà più efficace per le banche, con conseguenze sulla prassi corrente di utilizzare prodotti da cui si ricavano margini alti per compensare quelli con margini inferiori.

 

La crescita rapidissima degli investimenti in FinTech

Le grandi banche sono generalmente organizzazioni complesse e molte di esse hanno investito molto poco in tecnologia. Secondo l'analisi di Redburn, le banche di Nord America, Europa, Asia Pacifica e America latina hanno speso 241 miliardi di dollari in infrastrutture IT lo scorso anno, ma solo un quarto di tale cifra è stato speso per l'innovazione. Tre quarti sono stati impiegati per la manutenzione. La sfida che le banche tradizionali stanno affrontando appare scoraggiante se si pensa che JP Morgan – la più grande banca al mondo per capitalizzazione di mercato – ha speso circa 3 miliardi di dollari in IT contro i 14 e i 16 miliardi spesi Google e Amazon in ricerca e sviluppo: un confronto non esattamente alla pari, eppure emblematico. In particolare, la crescita degli investimenti in fintech è balzata dai 5,5 miliardi di dollari del 2005 agli oltre 100 miliardi di oggi.

Gli sviluppi più interessanti sul versante FinTech si stanno verificando in Cina, dove i giganti tech Alibaba (e-commerce), Tencent (messaggistica) e Baidu (motore di ricerca) gestiscono grandi volumi di pagamenti digitali. Le dimensioni sono sorprendenti: Alipay, per esempio, conta 400 milioni di clienti nella regione. Ciò che sta accadendo in Cina può dare la sveglia alle banche occidentali, dove i fattori culturali sono un ostacolo chiave all'innovazione.

 

Gli ostacoli chiave all’innovazione nelle banche occidentali

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Fonte: Redburn, “There Will be Blood: Technology Eroding Financial Services”, maggio 2017

 

FIntech: il posizionamento attuale

Come tutte le innovazioni, il Fintech non è immune a periodi di sovraffollamento quando si parla di investimenti o di eccesso di aspettative da parte dei mercati azionari. Tuttavia, a mio avviso, rimane ampia la gamma di società a prezzi ragionevoli esposte a quest’area in rapida crescita. I fondi di Jupiter che investono nel settore finanziario sono esposti a questo tema attraverso aziende come Temenos, leader mondiale nelle soluzioni bancarie, e aziende di digital payments come PayPal e Global Payments, oltre a società di carte di credito tradizionali come Visa e MasterCard. Queste aziende permettono di guadagnare esposizione alla grande richiesta di investimenti in IT da parte delle banche, oltre che dare accesso al tema più ampio del trend verso una società senza pagamenti in contanti.

Ciò non significa che stiamo evitando le società più cicliche. I fondi specializzati sul settore finanziario che gestisco sono investiti per circa il 40% in azioni bancarie. Si tratta di un’esposizione selettiva e cerco di evitare di prevedere quali saranno gli sviluppi futuri della politica monetaria e l’entità del programma di stimoli di Trump. I fondi investono in un mix di titoli finanziari, ad esempio di banche considerate difensive, inclusi istituti ben capitalizzati con dividendi solidi dei Paesi scandinavi, Svizzera e Stati Uniti. Attraverso queste partecipazioni, i fondi sono esposti a potenziali aumenti dei tassi negli Stati Uniti e alla crescita economica in Europa. È importante che i rendimenti dei dividendi di queste partecipazioni offrano una potenziale copertura rispetto al rischio di potenziali delusioni circa l’economia negli Stati Uniti o in Europa.

Anche se la direzione in cui andranno i tassi di interesse è un fattore importante, è utile ricordare che il settore finanziario globale offre opportunità di investimento su una grande varietà di temi di crescita economica e strutturale. Il focus su una ripresa ciclica potrebbe guidare le attività nel breve termine, ma credo non sia saggio ignorare le opportunità presentate dai cambiamenti strutturali che stanno modificando il settore.

La titolarità dell'analisi che qui riportiamo è dell'autore della stessa, e l'editore - che ospita questo commento - non si assume nessuna responsabilità per il suo contenuto e per le finalità per cui il lettore lo utilizzerà.
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