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Grecia: l'Unione Europea e il nodo gordiano

Il nodo gordiano – il famoso groviglio di corde che secondo la leggenda fu tagliato in due da Alessandro Magno nella città frigia di Gordio – è diventato simbolo di un problema che sembra insormontabile.

di Redazione Soldionline 1 lug 2015 ore 10:19

A cura di Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel

Il nodo gordiano – il famoso groviglio di corde che secondo la leggenda fu tagliato in due da Alessandro Magno nella città frigia di Gordio – è diventato simbolo di un problema che sembra insormontabile. Per l’eurozona, la Grecia è oggi un nodo gordiano apparentemente inestricabile. A nostro parere, le parti riusciranno infine a trovare un accordo, ma i problemi a lungo termine della Grecia rimarranno probabilmente irrisolti.

A cinque anni dal primo salvataggio della Grecia, il nodo gordiano non è stato ancora sciolto, e il tempo stringe. Il paese è di nuovo sull’orlo dell’insolvenza, mentre le banche elleniche, confrontate a massicci prelievi da parte dei loro clienti, sono tenute in vita dalla liquidità di emergenza messa a disposizione dalla Banca centrale europea (BCE). Tuttavia, mentre nella leggenda greca Alessandro Magno aveva sguainato la sua spada e troncato con coraggio la corda, i leader politici di oggi non hanno la capacità o la volontà di “tagliare il nodo”.

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grecia-debito_1Nessuno vuole compiere un passo irreversibile

Fondamentalmente l’attuale governo greco è stato eletto per il suo programma anti-austerity, che – almeno agli occhi dei suoi creditori – non è compatibile con la sostenibilità del suo debito. Il primo ministro greco Alexis Tsipras non può fare troppe concessioni ai suoi creditori o cedere troppo rapidamente, altrimenti perderebbe di credibilità nei confronti del suo partito. Allo stesso tempo sa probabilmente che la maggioranza della popolazione desidera rimanere nell’eurozona e che un’uscita disordinata dall’euro avrebbe un grave impatto sui Greci e metterebbe a repentaglio il suo futuro politico. I creditori, noti in precedenza come “la troika” – ovvero il Fondo monetario internazionale (FMI), il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e la BCE – chiedono un programma realistico con riforme credibili e controllabili. Ciò permetterebbe di ottenere una crescita tendenziale maggiore e un avanzo primario, favorendo così la sostenibilità del debito pubblico. È interessante notare che gli obiettivi dei vari creditori non collimano. L’FMI, per esempio, suggerisce che i creditori pubblici dell’eurozona, cioè l’FESF, concedano una cancellazione del debito. Questa manovra ha senso dal punto di vista economico, ma è (ancora) un tabù per altri membri dell’eurozona, come la Germania e altri paesi della cosiddetta periferia, come l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo, che negli ultimi anni hanno realizzato dei severi programmi di austerity. La BCE, da parte sua, non vuole essere vista come “decisore politico” e ha fornito finora un finanziamento di emergenza alle banche greche (vedi grafico). Questa liquidità di emergenza (ELA) diventa però sempre più difficile da giustificare. C’è poi la dimensione politica. Mentre nei paesi “core” dell’eurozona, alcuni ambienti cominciano a prepararsi al “Grexit”, la cancelliera tedesca Angela Merkel rimane fermamente contraria a una tale ipotesi per paura di conseguenze potenzialmente imprevedibili. Inoltre la cancelliera non vuole passare alla storia come la persona responsabile della caduta del più potente simbolo dell’integrazione europea dalla seconda guerra mondiale. Lo stesso vale del resto anche per il presidente francese François Hollande.

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Gli attuali negoziati in extremis sfoceranno probabilmente in un accordo di qualche sorta.
Per la prima volta la Grecia ha presentato misure quantificabili per contenere il deficit pubblico, aprendosi a un compromesso che potrebbe permetterle di onorare i suoi debiti con l’FMI e la BCE. È chiaro però che un accordo risultante da un vertice di emergenza dovrà superare molteplici ostacoli politici e difficilmente riuscirà a risolvere i problemi a lungo termine del paese. A questo scopo ci vorrebbero una nuova coalizione nel parlamento greco, con un approccio diverso nei confronti della politica economica, e la cancellazione di una parte del debito greco da parte dei creditori.

Grafico: la BCE deve sostenere in modo massiccio le banche greche con misure di emergenza (in miliardi di euro)
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Non è escluso un aumento delle posizioni azionarie
Nonostante le recenti turbolenze dei mercati non abbiamo modificato la nostra strategia, mantenendo il sovrappeso nelle azioni da un lato e un notevole sottopeso nei titoli di Stato dall’altro. Il clima rimane molto favorevole alle borse grazie alla discreta ripresa delle tre principali potenze economiche mondiali (USA, eurozona e Giappone, G3), a utili societari solidi e a un’abbondante liquidità su scala mondiale. Tutto sommato, l’evoluzione dei mercati azionari sarà influenzata più dalla politica monetaria e dai dati economici degli USA che non dalle sorti della Grecia.

In fin dei conti, la questione centrale da considerare è se il “firewall” eretto dalla BCE intorno alla crisi greca sarà capace di reggere. Dopo il beneplacito della Corte europea di giustizia sulle “Outright Monetary Transactions” (OMT) – che consentono alla BCE di adottare misure di emergenza acquistando titoli emessi dagli Stati membri dell’eurozona – la Banca centrale europea potrebbe assumere il ruolo di prestatore di ultima istanza. A nostro parere, ciò potrebbe mitigare il pericolo di un contagio tra la Grecia e i paesi della periferia europea.

Siamo consapevoli della volatilità che può derivare dal flusso di notizie, ma siamo disposti ad accettarla. Anzi, potremmo anche rafforzare le nostre posizioni più convincenti traendo vantaggio dalla debolezza legata al caso greco.

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