Europa, le crisi geopolitiche aiutano le società del comparto difesa?
Gli attacchi terroristici del 2001 negli USA hanno dato il via a un genere di guerra molto singolare, che ha ridefinito il modo in cui i Paesi Occidentali considerano i conflitti
di Redazione Soldionline 19 mar 2015 ore 11:04A cura di Victoria Leggett, fund manager European Equities di Union Bancaire Privée – UBP
Gli attacchi terroristici del 2001 negli USA hanno dato il via a un genere di guerra molto singolare, che ha ridefinito il modo in cui i Paesi Occidentali considerano i conflitti. L’idea, in un certo senso rassicurante, che le guerre siano fatte per essere combattute e vinte (magari qualche volta perse) è stata cancellata. L’asimmetria della guerra moderna, con i focolai localizzati e con la complessa matrice di alleanze, fa sì che quello di “vittoria” sia un concetto superato.
Ciò che non è cambiato è il fatto che la guerra è molto costosa. La crisi economica del 2008, insieme ai lunghi conflitti in Iraq e Afghanistan, ha costretto gli Stati Uniti e l’Europa a ridurre i budget per la difesa. La Gran Bretagna ha tagliato il proprio budget del 3,6% ogni anno dal 2009. La maggior parte dei membri della NATO segue un percorso simile. Quasi tutti, eccetto gli USA, stanno investendo nella difesa meno del livello del 2% del PIL suggerito dalla NATO.Bisogna capire perché ciò è importante. Durante un periodo in cui la spesa per la difesa europea è diminuita di circa il 20%, quella della Russia è aumentata di oltre il 50%, di cui un terzo dedicato al nucleare. Ora infatti la spesa militare di Mosca è la terza in termini di grandezza dopo quella gli Stati Uniti e la Cina. Quest’ultima si trova ora nel secondo decennio di crescita a doppia cifra del budget e sta spendendo solo l’1,5% del proprio PIL. La più recente retorica cinese indica che “raggiungere gli Stati Uniti” costituisce una priorità (la spesa assoluta in dollari è ancora pari a un quarto del budget americano).
Se da un lato la spesa militare cinese rappresenta una minaccia lontana, dall’altro quella legata alla Russia è immediata. Non è più opinabile dire che l’ambizione di Putin potrebbe non finire con l’Ucraina. La risposta appropriata potrebbe non essere quella militare, ma la spesa per la difesa non è più facoltativa. L’Europa ha bisogno di trovare il denaro. Il discorso di Junker riguardante un esercito europeo potrebbe essere una buona idea, sebbene lontana. La Germania ha già iniziato a ordinare sistemi missilistici di difesa e gli Stati Baltici hanno incrementato la propria spesa di 300 milioni di dollari nell’ultimo trimestre. Quindi, sebbene si tratti di un argomento tipicamente impopolare da un punto di vista politico, con i bombardieri russi che minacciano lo spazio aereo britannico, forse il messaggio diverrà più accettabile per l’elettorato.
Questi sviluppi sono positivi per le società europee attive nel comparto della difesa? Non per tutte. Molte di queste hanno infatti un’enorme esposizione nei confronti del budget americano, che difficilmente aumenterà nel breve periodo. Le revisioni sugli utili per azione saranno probabilmente più forti per le imprese che possiedono alcune o tutte le seguenti qualità: esposizione verso i Mercati Emergenti “amici” in crescita come India, Brasile e Indonesia; player locali o di nicchia con tecnologie di eccellenza; competenze di ristrutturazione di tipo bottom-up.