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Economia globale: la ripresa resiste

Non tutti ritengono che i segnali in arrivo in queste settimane dalla Cina e dagli Emergenti siano il preludio a uno stop alla crescita globale. Ecco perché

di Mauro Introzzi 27 ago 2015 ore 12:01

Non tutti ritengono che i segnali in arrivo in queste settimane dalla Cina e dagli Emergenti siano il preludio a uno stop alla crescita globale. Una voce fuori dal coro dei pessimisti è quella di Hans Bevers, Senior Economist di Petercam.

Bevers premette che "il forte calo registrato dai prezzi azionari e delle materie prime negli ultimi giorni pare suggerire che l’economia globale stia entrando in una fase di forte rallentamento, o addirittura in una nuova recessione. Inoltre, le valute dei Mercati Emergenti stanno soffrendo fortemente, portando alcuni osservatori a ritenere che una vera e propria crisi finanziaria nei Paesi della regione sia alle porte".

Ma l'esperto dichiara che questa non è, però, la loro opinione. Ecco perché:

I mercati finanziari sono sempre più preoccupati per il rallentamento della crescita cinese, specialmente dopo che le autorità di Pechino hanno svalutato lo yuan. Ma, nel complesso, i dati macro sono ancora coerenti con uno scenario di ribilanciamento dell’economia del gigante asiatico, piuttosto che con quello di un “atterraggio brusco”. Sebbene il trend di lungo termine sia chiaramente al ribasso, le misure di stimolo monetario e gli ulteriori provvedimenti di spesa pubblica già adottati dovrebbero a breve iniziare a dare i loro frutti.

analisi_21La debolezza dei Mercati Emergenti probabilmente persisterà e molti Paesi dell’area continueranno a essere vulnerabili; però, una vera e propria crisi dei Mercati Emergenti pare improbabile, per diverse ragioni. Innanzitutto, i tassi di cambio sono più flessibili, e hanno così fatto superare la “paura delle oscillazioni”. In secondo luogo, le politiche di bilancio meno pro-cicliche permettono di avere deficit più ampi in periodi di crisi. Poi, la quota di debito in valuta estera (il “peccato originale”) è inferiore e permette di evitare un disallineamento di valuta e scadenza tra i ricavi nazionali e le passività verso l’estero. Infine, la quota di riserve in valuta estera alla quale si può attingere per mitigare il deprezzamento della divisa locale è significativamente superiore. Quest’ultimo elemento è importante, perché per Paesi molto indebitati, con passività denominate in valute straniere, il deprezzamento valutario può avere effetti contrattivi, invece che espansivi.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti d’America e l’area della moneta unica, gli indicatori sulla fiducia economica continuano a confermare il nostro scenario di una moderata ripresa globale. Abbiamo detto in precedenza che l’area euro deve affrontare ancora ostacoli importanti, e non useremmo certo per la ripresa a stelle e strisce l’aggettivo “spettacolare”. Ciò detto, non vediamo neanche ragioni per essere troppo pessimisti. La ripresa globale sta mostrando segnali di tentennamento, ma gli indicatori anticipatori non lasciano presagire un forte rallentamento.    

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